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Marx, Lenin e alcuni aspetti della Comune di Parigi
di Manuel Santoro
“’La Comune – scrisse Marx – non doveva essere un organismo parlamentare, ma di lavoro, esecutivo e legislativo allo stesso tempo. Invece di decidere una volta ogni tre o sei anni quale membro della classe dominante dovesse rappresentare e opprimere il popolo nel Parlamento, il suffragio universale doveva servire al popolo costituito in comuni così come il suffragio individuale serve a ogni altro imprenditore privato per cercare gli operai e gli organizzatori della sua azienda’. Questa mirabile critica al parlamentarismo, fatta nel 1871, appartiene oggi anch’essa, grazie al dominio del socialsciovinismo e dell’opportunismo, alle parole dimenticate del marxismo”. [1] Parole che noi, invece, non dimentichiamo affatto ma valorizziamo. In questo editoriale riprenderò alcuni passaggi di Lenin su Marx e la Comune di Parigi mirabilmente esposti in Stato e rivoluzione.
Una delle motivazioni per cui tanti “assalti al cielo” sono falliti nel tempo e tutt’ora falliscono è nell’incapacità oppure nella mancanza di volontà politica di demolire e, successivamente, sostituire la macchina statale borghese. “L’idea di Marx è che la classe operaia deve spezzare, demolire la ‘macchina statale già pronta’, e non limitarsi semplicemente a impossessarsene. Il 12 Aprile 1871, vale a dire precisamente durante la Comune, Marx scriveva a Kugelmann: ‘Se tu rileggi l’ultimo capitolo del mio 18 Brumaio troverai che io affermo che il prossimo tentativo della rivoluzione francese non consisterà nel trasferire da una mano a un’altra la macchina militare e burocratica, come è avvenuto fino ad ora, ma nello spezzarla e che tale è la condizione preliminare di ogni reale rivoluzione popolare sul Continente. In questo consiste pure il tentativo dei nostri eroici compagni parigini”. [1] Tutti i Paesi, le società, le nazioni, i popoli che provano ad accedere al socialismo senza prevedere l’azzeramento della macchina burocratica e militare borghese, cadono inesorabilmente in una trappola mortale poiché davanti a loro si apre solo la strada del “colpo di mano” orchestrato dalle forze reazionarie interne e esterne al Paese. Che tale colpo di mano avvenga velocemente oppure si instauri una sorta di debolezza politica costante in cui le forze reazionarie cercano in tutti i modi di eliminare leaders, presidenti, democraticamente eletti, è indifferente. La storia passata e recente in Cile, Venezuela, Bolivia, e tanti altri Paesi, testimonia che il mantenimento dell’impalcatura, burocratica e militare, borghese è un errore tattico gigantesco che porta al baratro. Oggi nel mondo i Paesi socialisti oppure in transizione verso il socialismo sono cinque: Cina, Cuba, Corea del Nord, Vietnam e Laos e, in quanto “dittature del proletariato”, questi Paesi socialisti hanno un’organizzazione burocratica interna assolutamente differente.
Il monito di Marx “spezzare la macchina burocratica e militare” borghese deve sempre essere tenuto a mente. “Merita un’attenzione particolare l’osservazione straordinariamente profonda di Marx che la distruzione della macchina burocratica e militare dello Stato è la condizione preliminare di ogni reale rivoluzione popolare”. [1] Per distruggere la macchina burocratica e militare borghese sostituendola con una macchina socialista richiede tempo, e richiede soprattutto preparazione da parte della classe lavoratrice, classe sociale che diviene dominante nel socialismo. “Sostituire la macchina dello Stato spezzata con l’organizzazione del proletariato come classe dominante, con la conquista della [vera] democrazia: questa era la risposta del Manifesto del Partito Comunista”. [1] Come spezzare, quindi, la macchina borghese? “Il primo decreto della Comune fu la soppressione dell’esercito permanente, e la sostituzione a esso del popolo armato”. Questo passaggio rimane fondativo, e non si può eludere se si vuole arrivare alla società socialista. Il socialismo è la società che si basa sulla proprietà comune dei mezzi di produzione e non esiste capitalista, borghese che sia d’accordo con i lavoratori nel fare un passo indietro per il ‘bene comune’. Sopprimere, quindi, l’esercito permanente e sostituirlo con i lavoratori a difesa del Paese socialista non si può perseguire per via elettorale e parlamentare. Tale sostituzione necessita, difatti, di una presa di coscienza, di forza e di decisione da parte dei lavoratori assolutamente straordinaria che un processo dormiente, sedentario di tipo elettoralistico non può accendere. Il parlamentarismo deve essere sempre combattuto in quanto degenerazione latente dei processi rappresentativi borghesi. Sostituire la macchina burocratica e militare, e annientare il parlamentarismo, però, non significa affatto distruggere le istituzioni rappresentative e democratiche. Il socialismo espande alla maggioranza, e non più confinata nel recinto della minoranza, la democrazia. “Senza dubbio la via per uscire dal parlamentarismo non è nel distruggere le istituzioni rappresentative e il principio dell’eleggibilità, ma nel trasformare queste istituzioni rappresentative da mulini di parole in organismi che lavorino realmente. La Comune non doveva essere un organismo parlamentare, ma di lavoro, esecutivo e legislativo allo stesso tempo”. Inoltre, “la Comune sostituisce questo parlamentarismo venale e corrotto della società borghese con istituzioni in cui la libertà di opinione e di discussione non degenera in inganno; poiché i parlamentari debbono essi stessi lavorare, applicare essi stessi le loro leggi, verificarne essi stessi i risultati, risponderne essi stessi direttamente davanti ai loro elettori. Le istituzioni rappresentative rimangono, ma il parlamentarismo, come sistema speciale, come divisione del lavoro legislativo ed esecutivo, come situazione privilegiata per i deputati, non esiste più. Noi non possiamo concepire una democrazia, sia pure una democrazia proletaria, senza istituzioni rappresentative, ma possiamo e dobbiamo concepirla senza parlamentarismo”.
La macchina burocratica e militare borghese, essendo parte dell’organizzazione borghese, segue sempre il padrone borghese anche nei periodi in cui l’opposizione politica e sociale prende il potere per via elettorale. “La Comune fu composta dai consiglieri municipali eletti a suffragio universale nei diversi mandamenti di Parigi, responsabili e revocabili in qualunque momento. La maggioranza dei suoi membri erano naturalmente operai, o rappresentanti riconosciuti della classe operaia. Invece di continuare a essere agente del governo centrale, la polizia fu immediatamente spogliata delle sue attribuzioni politiche e trasformata in strumento responsabile della Comune revocabile in qualunque momento. Lo stesso venne fatto per i funzionari di tutte le altre branche dell’amministrazione. Dai membri della Comune in giù, il servizio pubblico doveva essere compiuto per salari da operai. I diritti acquisiti e le indennità di rappresentanza degli altri dignitari dello Stato scomparvero insieme coi dignitari stessi. Sbarazzarsi dell’esercito permanente e della polizia, elementi della forza fisica del vecchio governo, la Comune si preoccupò di spezzare la forza di repressione spirituale, il ‘potere dei preti’. I funzionari giudiziari furono spogliati di quella sedicente indipendenza…dovevano essere elettivi, responsabile e revocabili”. Lenin continua con il glorioso esempio della Comune dichiarando che “avrebbe dunque semplicemente sostituito la macchina statale spezzata con una democrazia più completa: soppressione dell’esercito permanente, assoluta eleggibilità e revocabilità di tutti i funzionari. In realtà ciò significa semplicemente sostituire – opera gigantesca – a istituzioni di un certo tipo altre istituzioni basate su principi diversi. La transizione dalla società capitalistica a quella socialista implica, quindi, modifiche profonde, strutturali che devono trovare la classe lavoratrice pronta. Non si tratta solo, come abbiamo visto, di sostituire la macchina burocratica e militare con il corrispettivo proletario, ma anche i metodi e i processi dovranno essere molto diversi. I processi di eleggibilità e, soprattutto, di revocabilità di tutti i funzionari vanno nella direzione di una più completa democratizzazione all’interno di uno Stato proletario con la sua organizzazione democraticamente decisa dai lavoratori, ovvero dalla maggioranza del popolo. “Invece delle istituzioni speciali di una minoranza privilegiata (funzionari privilegiati, capi dell’esercito permanente), la maggioranza stessa può compiere direttamente le loro funzioni, e quanto più il popolo stesso assume le funzioni del potere statale, tanto meno si farà sentire la necessità di questo potere”. Inoltre, Marx sottolinea che “la soppressione di tutte le indennità di rappresentanza, la soppressione dei privilegi pecuniari dei funzionari, la riduzione degli stipendi assegnati a tutti i funzionari dello Stato al livello di ‘salari da operai’. Qui appunto si fa sentire con speciale rilievo la svolta dalla democrazia borghese alla democrazia proletaria, dalla democrazia degli oppressori alla democrazia delle classi oppresse, dallo Stato come ‘forza particolare’ destinata a reprimere una classe determinata, alla repressione degli oppressori a opera della forza generale della maggioranza del popolo, degli operai e dei contadini. Ed è precisamente su questo punto particolarmente evidente – il più importante forse nella questione dello Stato – che gli insegnamenti di Marx sono stati più dimenticati!” Insegnamenti importanti che andrebbero coltivati poiché separano i due mondi con le loro peculiarità. Ribadiamo i processi democratici che la classe lavoratrice al potere deve sviluppare: “eleggibilità assoluta, revocabilità in qualsiasi momento di tutti i funzionari senza alcuna eccezione, riduzione dei loro stipendi al livello abituale del salario da operaio. Questi semplici e naturali provvedimenti democratici, mentre stringono pienamente in una comunità d’interessi gli operai e la maggioranza dei contadini, servono in pari tempo da passerella tra il capitalismo e il socialismo. Questi provvedimenti concernono la riorganizzazione statale, puramente politica, della società; ma essi, naturalmente, assumono tutto il loro significato e tutta la loro importanza solo in legame con l’espropriazione degli espropriatori realizzata o preparata; in legame cioè con la trasformazione della proprietà privata capitalistica dei mezzi di produzione in proprietà sociale”. [1]
[1] Vladimir Lenin, Stato e rivoluzione, Red Star Press