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Sul dualismo del potere. Il governo provvisorio e i Soviet
di Manuel Santoro
Prima di cominciare a trattare la sezione del testo di Stalin, Trotzkismo o Leninismo, dal titolo “il periodo della mobilitazione rivoluzionaria delle masse (maggio-agosto 1917)”, chiariremo cose è il famoso “dualismo del potere” che troverete menzionato nel testo di Stalin. La scorsa volta abbiamo studiato il periodo marzo-aprile 1917, ovvero quel periodo immediatamente successivo alla rivoluzione borghese di febbraio/marzo, a seconda del calendario, e avevamo concluso con le Tesi di Aprile di Lenin. E già lì Stalin menzionava questo dualismo.
Video-lezione disponibile sul canale YouTube della Scuola Rossa: https://youtu.be/kVwon9DJHC0?si=5zED_kpAbAhsGn0v
Prima di proseguire, sarà quindi utile capire che cosa è e, soprattutto, come è nato.
Periodo molto importante, questo, in cui si delinea una nuova fase nella linea d’azione dei bolscevichi, i quali devono smuoversi e hanno bisogno di una rinnovata linea politica che Lenin offrirà loro con le Tesi. Tra la lotta contro il difensivismo e il timore di essere percepiti come pacifisti, come abbiamo analizzato nel nostro ultimo “Dialogando con Stalin”, si trattava ora di uscire da questa tenaglia e chiarire ai lavoratori la linea da seguire. Le Tesi chiariscono questa linea ma già dalle “Lettere da lontano”, sin dalla prima delle cinque lettere, Lenin chiarisce la necessità di passare alla seconda fase della rivoluzione.
Lenin scrive che
mostreremo in che cosa consista l’originalità della situazione odierna — del passaggio dalla prima alla seconda fase della rivoluzione — e diremo perché la parola d’ordine di questo momento, il «compito del giorno», debba essere: «Operai, avete compiuto miracoli di eroismo proletario, popolare, nella guerra civile contro lo zarismo; dovete compiere adesso miracoli nell'organizzazione del proletariato e di tutto il popolo per preparare la vostra vittoria nella seconda fase della rivoluzione».
Questa prima lettera da lontano fu scritta il 7 marzo, sempre calendario giuliano, e pubblicata sulla Pravda il 21/22 marzo del 1917. Lenin era in Svizzera in quel periodo e difatti scrive che:
la prima fase di questa prima rivoluzione, cioè della rivoluzione russa del febbraio/marzo 1917, si è conclusa, a giudicare dai pochissimi dati di cui si dispone in Svizzera. Questa prima fase della nostra rivoluzione non sarà certamente l'ultima.
Naturalmente ora noi stiamo preparando il terreno di quel che sarà il periodo maggio-agosto del 1917, in cui si ebbe, come riporta Stalin,
a) la dimostrazione di aprile a Pietrogrado e la costituzione del governo di coalizione con la partecipazione dei "socialisti";
b) la dimostrazione del Primo Maggio nei principali centri della Russia con la parola d'ordine di una "pace democratica";
c) la dimostrazione di giugno a Pietrogrado con la parola d'ordine principale "abbasso i ministri capitalisti!";
d) l'offensiva di giugno al fronte e gli insuccessi dell'esercito russo;
e) la dimostrazione armata di luglio a Pietrogrado; l'uscita dei ministri cadetti dal governo;
f) l'arrivo delle truppe controrivoluzionarie dal fronte, la devastazione della redazione della Pravda, la lotta della controrivoluzione contro i Soviet e la costituzione di un nuovo governo di coalizione con alla testa Kerenski;
g) il VI Congresso del partito, che lancia la parola d'ordine della preparazione dell'insurrezione armata;
h) la Conferenza di stato controrivoluzionaria e lo sciopero generale a Mosca;
i) l'offensiva fallita di Kornilov su Pietrogrado, la rianimazione dei Soviet, le dimissioni dei cadetti e la costituzione di un "Direttorio".
Ma prima di arrivare a quel periodo, è necessario analizzare per bene le settimane post-rivoluzionarie.
Nella prima lettera da lontano, Lenin traccia le motivazioni che hanno portato in così poco tempo alla caduta dello zarismo nel febbraio del 1917, ovvero, si domanda Lenin:
Com'è potuto accadere questo «miracolo»: che in soli otto giorni sia crollata una monarchia che si era mantenuta per secoli e che, nonostante tutto, aveva resistito per tre anni, dal 1905 al 1907, alle grandiose battaglie di classe di tutto il popolo?
Lenin si risponde naturalmente affermando che
senza le grandiose battaglie di classe del 1905-1907, senza l’energia rivoluzionaria di cui diede prova il proletariato russo in quei tre anni, una seconda rivoluzione tanto rapida sarebbe stata impossibile.
La prima rivoluzione (1905) aveva dissodato profondamente il terreno, sradicato pregiudizi secolari, ridestato alla vita e alla lotta politica milioni di operai e decine di milioni di contadini, rivelato le une alle altre e al mondo intero tutte le classi (e tutti i principali partiti) della società russa nella loro vera natura, nella connessione reale dei loro interessi, delle loro forze, dei loro metodi d’azione, dei loro scopi immediati e lontani. La prima rivoluzione e il successivo periodo di controrivoluzione (1907-1914) hanno messo a nudo l'essenza della monarchia zarista, l’hanno spinta al «limite estremo», hanno svelato tutta la sua putredine e infamia, tutto il cinismo e la corruzione della banda zarista capeggiata dal mostruoso Rasputin, tutta la ferocia della famiglia dei Romanov, di questi massacratori che hanno inondato la Russia del sangue degli ebrei, degli operai, dei rivoluzionari, di questi grandi proprietari fondiari, «primi fra uguali», che possiedono milioni di desiatine di terra e sono pronti a commettere tutte le atrocità, tutti i delitti, a rovinare e strangolare un numero qualsiasi di cittadini, pur di conservare questa « sacra proprietà » loro e della loro classe.
Di conseguenza, da una parte abbiamo la prima rivoluzione del 1905-1907 e a seguire il periodo controrivoluzionario del 1907-1914 e, come riporta Lenin, nella prima lettera da lontano:
senza la rivoluzione del 1905-1907, senza la controrivoluzione del 1907-1914, sarebbe stata impossibile una così netta «autodeterminazione» di tutte le classi del popolo russo e dei popoli che abitano la Russia, sarebbe stata impossibile una precisazione dell'atteggiamento di queste classi le une verso le altre e verso la monarchia zarista quale si è avuta negli otto giorni della rivoluzione del febbraio-marzo 1917.
Ma a questi due grandi eventi storici, la vittoriosa seconda rivoluzione del febbraio-marzo del 1917 (vittoria ottenuta in quegli otto giorni in cui lo zarismo veniva sconfitto e la borghesia prendeva il potere), ebbe necessità, come dice Lenin, di un regista,
un grande, forte e onnipotente «regista», capace, da un lato, di accelerare al massimo il corso della storia universale e, dall'altro, di generare crisi mondiali di incomparabile intensità, crisi economiche, politiche, nazionali e internazionali.
Ovvero, la guerra mondiale imperialistica. Una guerra che fu imperialistica “per entrambe le parti”. La rivoluzione di febbraio fu di natura potremmo dire borghese o democratica, parola questa da usare con le pinze, nel senso che la monarchia crollava e la borghesia saliva al potere, ma le forze che contribuirono alla vittoria furono effettivamente due: la borghesia e la classe operaia, la quale, quest’ultima, guidava milioni di contadini. Naturalmente questa è una lettura bianco e nero, dato che tra le forze politiche di natura socialdemocratica, sia i menscevichi che i socialisti-rivoluzionari si “sforzavano di incanalare il movimento rivoluzionario entro i limiti voluti dalla borghesia liberale”, come riporta la commissione del Comitato Centrale del PC(b) dell’URSS.
Ora, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari furono le fazioni presenti in modo importante nel movimento operaio che spingevano la classe a seguire la borghesia in questo atto rivoluzionario, quindi a perdere la sua funzione dirigente, a spogliarsi della sua egemonia. Posizione, questa, inaccettabile per i bolscevichi i quali avevano sempre detto che la classe operaia era classe egemone, ovvero avente funzione dirigente nei confronti delle classi alleate come quella dei contadini, tutti, nella rivoluzione di febbraio.
Scrive la commissione guidata da Stalin che “la rivoluzione democratico-borghese di febbraio aveva vinto” e che
aveva vinto perché la classe operaia ne era stata promotrice e si era messa alla testa del movimento di milioni di contadini sotto le armi, per la pace, per il pane, per la libertà. L’egemonia del proletariato aveva determinato il successo della rivoluzione.
Scrive inoltre Lenin nella seconda Lettera da lontano che “la rivoluzione è stata compiuta dal proletariato; è il proletariato che ha dato prova di eroismo, che ha sparso il sangue, che ha portato dietro a sé le più larghe masse dei lavoratori e della popolazione povera.”
Posizioni quindi inconciliabili tra i bolscevichi che giustamente volevano guidare la classe operaia verso quello che Lenin definirà la “seconda fase” della rivoluzione, e i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari i quali lentamente si preparavano ad accasarsi definitivamente alla corte della borghesia.
Scrive la commissione guidata da Stalin che:
i Soviet apparvero fin dai primi giorni della rivoluzione. La rivoluzione vittoriosa si appoggiò sui Soviet dei deputati operai e soldati, creati dagli operai e dai soldati insorti. La rivoluzione del 1905 aveva dimostrato che i Soviet erano gli organi dell’insurrezione armata e, al tempo stesso, l’embrione di un potere nuovo, rivoluzionario. L’idea dei Soviet era viva nella coscienza delle masse operaie ed esse, il giorno dopo aver abbattuto Io zarismo, lo tradussero in atto: vi era tuttavia una differenza: nel 1905, erano stati costituiti dei Soviet soltanto di deputati operai, ora nel Febbraio del 1917, per iniziativa dei bolscevichi, sorgevano dei Soviet di deputati operai e soldati.
Mentre però i bolscevichi assumevano la direzione immediata della lotta delle masse nelle strade, i partiti di conciliazione, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, si impossessavano dei seggi di deputato nei Soviet, stabilendovi la loro maggioranza.
Ed è ciò che accennavamo nell’ultima lezione di Dialogando con Stalin. Ovvero, i Soviet in quel periodo post-rivoluzionario erano nelle mani dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari, non dei bolscevichi e in questo periodo chiamato del Dualismo del potere (lo vedremo successivamente nel dettaglio), dice Stalin:
non si poteva più rovesciare direttamente il governo poiché esso era legato ai Soviet che erano sotto l’influenza dei difensisti, e il partito avrebbe dovuto condurre una guerra che non era in grado di combattere, sia contro il governo, sia contro i Soviet.
Quindi, “a capo del Soviet di Pietrogrado e del suo Comitato esecutivo si trovarono i rappresentanti dei partiti di conciliazione: menscevichi e socialisti-rivoluzionari.”
Come abbiamo rimarcato nella scorsa lezione su Stalin, milioni di operai, contadini, uomini in generale, “si erano svegliati ed erano stati attratti dalla vita politica senza esservi preparati”, e questa impreparazione li portò nelle braccia dei venditori di fumo, dei menscevichi e socialisti-rivoluzionari, i quali non avevano alcuna intenzione di porre fine alla guerra e di esaudire le rivendicazioni dei lavoratori e dei contadini. Anzi, come scrive Stalin, “intendevano utilizzare la rivoluzione per continuare la guerra”; utilizzavano il termine difesa della patria per continuare la guerra. Ma come ben sappiamo, la patria apparteneva ad altri: alla borghesia, ai grandi proprietari di terra. Quindi, ai proprietari dei mezzi di produzione.
Continua Stalin:
ma l’eccessiva ingenuità degli operai e soldati doveva giuocar loro un brutto scherzo.
In quanto alla rivoluzione e alle rivendicazioni rivoluzionarie del popolo, i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi ritenevano che la rivoluzione fosse già bell’e compiuta e che ormai si trattasse solo di consolidarla e di porsi sulla via di una coesistenza costituzionale, «normale», con la borghesia. Perciò, la direzione socialista-rivoluzionaria e menscevica del Soviet di Pietrogrado fece immediatamente tutto il possibile per sfuggire al problema della cessazione della guerra, al problema della pace e per consegnare il potere alla borghesia.
Alcuni passaggi storici importanti che meritano di essere trattati prima di proseguire la nostra analisi.
Primo: il 27 febbraio (12 marzo) 1917, i deputati liberali della Duma di Stato, dopo essersi messi d’accordo dietro le quinte con i capi dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi, costituirono il Comitato provvisorio della Duma, con a capo Rodzianko, presidente della IV Duma, monarchico e grande proprietario di terre.
Secondo: alcuni giorni dopo, il Comitato provvisorio poc’anzi menzionato e i capi socialisti-rivoluzionari e menscevichi del Comitato Esecutivo del Soviet dei deputati operai e soldati, si misero d’accordo tra di loro, all’insaputa dei bolscevichi, per formare un nuovo governo della Russia, il Governo provvisorio borghese, con a capo il principe Lvov, che lo zar Nicola II, prima della rivoluzione di febbraio, aveva pensato di nominare suo primo ministro.
Terzo: nel Governo provvisorio entrarono il capo dei cadetti, Miliukov, il capo degli ottobristi, Gutsckov, altre personalità della classe dei capitalisti, e, infine, il socialista-rivoluzionario Kerenski, introdottovi come rappresentante della «democrazia».
Dice Stalin:
ecco come i capi socialisti-rivoluzionari e menscevichi del Comitato Esecutivo del Soviet consegnarono il potere alla borghesia. Il Soviet dei deputati operai e soldati, messo al corrente della cosa, approvò a maggioranza l’attività dei dirigenti socialisti-rivoluzionari e menscevichi, nonostante le proteste dei bolscevichi.
Ecco come fu formato il nuovo potere statale in Russia, composto, come diceva Lenin, dai rappresentanti «della borghesia e dei grandi proprietari fondiari imborghesiti».
Ma, accanto al governo borghese, [continua Stalin] esisteva un altro potere: il Soviet dei deputati operai e soldati.
I deputati soldati erano soprattutto dei contadini mobilitati. Il Soviet dei deputati operai e soldati era l’organo dell’alleanza degli operai e dei contadini contro il potere zarista e, nello stesso tempo, l’organo del loro potere, l’organo della dittatura della classe operaia e dei contadini.
Da questo fatto derivava un originale intreccio di due poteri, di due dittature, la dittatura della borghesia, rappresentata dal Governo provvisorio, e la dittatura del proletariato e dei contadini, rappresentata dal Soviet dei deputati operai e soldati.
Vi era il dualismo del potere.
Ma cosa è nel dettaglio il dualismo del potere che Stalin menziona nel suo Trotskismo o Leninismo, e che è necessario conoscere? Abbiamo dato il quadro generale. Il governo provvisorio, da una parte, e i Soviet dall’altra, anche se per il momento a maggioranza menscevica e socialista-rivoluzionaria. Ma, comunque, composto da milioni di operai e soldati, i quali questi ultimi provenivano in gran parte dalla classe contadina, che volevano risposte alle loro domande, richieste e aspirazioni.
Il 9 Aprile del 1917, viene pubblicato sulla Pravda lo scritto di Lenin “Sul dualismo del potere”. Scrive Lenin che “il problema fondamentale di ogni rivoluzione è quello del potere dello Stato” e che “la nostra rivoluzione è particolarmente originale proprio per aver creato un dualismo del potere. Nessuno aveva mai pensato, né poteva pensare, al dualismo del potere.”
Scrive Lenin:
In che cosa consiste questo dualismo del potere? Nel fatto che, accanto al governo provvisorio, al governo della borghesia, si è costituito un altro governo, ancora debole, embrionale, ma tuttavia reale e in via di sviluppo: i soviet dei deputati degli operai e dei soldati.
Continua Lenin:
Quale è la composizione di classe di questo secondo governo? Il proletariato e i contadini (in uniforme militare).
Qual è il suo carattere politico? La dittatura rivoluzionaria, cioè un potere che poggia direttamente sull’azione rivoluzionaria, sull’iniziativa immediata, dal basso, delle masse popolari, e non sulla legge emanata dal potere statale centralizzato.
Questo potere è dello stesso tipo di quello della Comune di Parigi del 1871.
Ma quali sono le caratteristiche di questo secondo potere, il potere dei Soviet?
Lenin ci descrive tali caratteristiche sempre nel suo testo “sul dualismo del potere”.
Primo: la fonte del potere non è la legge, preventivamente discussa e votata dal parlamento, ma l’iniziativa diretta, locale, dal basso, delle masse popolari, la «conquista» diretta del potere;
Secondo: la polizia e l’esercito permanente, in quanto istituti separati dal popolo e ad esso opposti, vengono sostituiti dall’armamento diretto di tutto il popolo; sotto questo potere, l’ordine pubblico è tutelato dagli stessi operai e contadini armati, dallo stesso popolo in armi;
Terzo: i funzionari, la burocrazia o vengono sostituiti anch’essi dal potere diretto del popolo o, per lo meno, vengono posti sotto uno speciale controllo, e non soltanto vengono eletti, ma sono persino revocati alla prima richiesta del popolo e messi nella condizione di semplici delegati; da strato privilegiato diventano operai di una particolare «specialità» e sono retribuiti in misura non superiore al salario abituale di un buon operaio.
In questo e soltanto in queste sta la sostanza della Comune di Parigi.
Questo potere, il potere dei Soviet, è appena agli inizi, in fase appunto embrionale e soggetto quindi a facili illusioni e false guide. Un potere, come riporta Lenin che “mediante accordi diretti con il governo provvisorio borghese e una serie di concessioni concrete, ha ceduto e continua a cedere le proprie posizioni alla borghesia.”
“La causa”, continua Lenin, “sta nel grado insufficiente di coscienza e di organizzazione dei proletari e dei contadini”, da una parte, ma dall’altra la guida piccolo-borghese dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari che ingannano lavoratori e contadini in armi.
E ritorniamo su ciò che Stalin dice relativamente all’opportunità di rovesciare il governo provvisorio dato il forte legame con i Soviet. Bisogna rovesciare subito il governo provvisorio?
Scrive Lenin:
Rispondo. Primo: bisogna rovesciarlo, perché è un governo oligarchico, borghese e non di tutto il popolo, che non può dare né la pace né il pane né la libertà completa;
Secondo: è impossibile rovesciarlo subito, perché poggia su un accordo diretto e indiretto, formale e di fatto, con i soviet dei deputati operai e, anzitutto, con il soviet principale, quello di Pietrogrado;
Terzo: è in generale impossibile «rovesciarlo» con i metodi consueti, perché gode dell’appoggio fornito alla borghesia dal secondo governo, dal soviet dei deputati operai, che è l’unico governo rivoluzionario possibile ed esprime direttamente la coscienza e la volontà della maggioranza degli operai e dei contadini. L’umanità non ha ancora elaborato, e noi non conosciamo finora, un tipo di governo superiore, migliore, dei soviet di deputati degli operai, dei salariati agricoli, dei contadini e dei soldati.
Cosa fare allora? Gli operai coscienti devono conquistare la maggioranza nei Soviet, ed è ciò su cui i bolscevichi cominceranno a lavorare da subito.
Dice difatti Lenin:
Noi non siamo dei blanquisti, non vogliamo la conquista del potere da parte di una minoranza.
Siamo dei marxisti e sosteniamo la lotta di classe proletaria contro l’intossicazione piccolo-borghese, contro lo sciovinismo e il difensismo, contro le frasi vuote, contro la soggezione alla borghesia.
Creeremo un partito comunista proletario; i migliori fautori del bolscevismo ne hanno già posto le basi; ci uniremo per condurre una azione proletaria di classe; e dai proletari, dai contadini poveri verranno a noi masse sempre più numerose, perché la vita distruggerà ogni giorno di più le illusioni piccolo-borghesi dei «socialdemocratici», dei «socialisti-rivoluzionari», piccoli borghesi ancora più «puri», ecc., ecc.
La borghesia è per il potere unico della borghesia.
Gli operai coscienti sono per il potere unico dei soviet dei deputati degli operai, dei salariati agricoli, dei contadini e dei soldati, sono per un potere unico preparato non con le avventure, ma con un lavoro diretto a illuminare la coscienza proletaria e a liberarla dall’influenza della borghesia.