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Lenin: tre fonti e tre parti integranti del marxismo. Materialismo storico In evidenza

Parte del lavoro della Scuola Rossa: Incontro con Lenin

Nella lezione di oggi di “Incontro con Lenin” continueremo l’analisi del testo scritto nel 1913 dal titolo “Tre fonti e tre parti integranti del marxismo”, e dopo aver discusso di Dialettica e Materialismo nella scorsa lezione, finiremo la prima parte della disamina del testo di Lenin che ha a che fare con la filosofia classica tedesca, estendendo il concetto di materialismo dialettico allo studio della storia della società. Discuteremo, quindi, del materialismo storico.

Video-lezione disponibile sul canale YouTube della Scuola Rossa: https://youtu.be/lv_iamwI7Rg?si=abW1cHnlJGoWVWwD

Ripetiamo brevemente ciò che abbiamo detto nella lezione precedente.

Prima di tutto, il materialismo dialettico è la concezione del mondo, della natura, del partito marxista-leninista. Considera gli oggetti e i fenomeni della natura, del mondo. Mentre il metodo per investigare, per conoscere, per scoprire gli oggetti e i fenomeni della natura è dialettico, il metodo per l’interpretazione degli oggetti e dei fenomeni della natura è materialistico.

Il materialismo storico, quindi, estende questo metodo di investigare e di interpretare ai fenomeni e agli oggetti della vita sociale. Il materialismo storico estende questo metodo di investigare e di interpretare allo studio della storia della società.

Abbiamo inoltre detto che la dialettica è l’opposto, è in contrapposizione con la metafisica; il materialismo è l’opposto, è in contrapposizione con l’idealismo. 

In particolare abbiamo sviluppato nella lezione precedente i quattro punti fondamentali del metodo dialettico, ovvero:

  • La dialettica considera la natura come un insieme di oggetti e fenomeni collegati tra loro, dipendenti gli uni con gli altri, interconnessi, interdipendenti;
  • La dialettica considera la natura come un insieme di oggetti e fenomeni in movimento, in perpetuo movimento, cambiamento e rinnovamento, in un perpetuo nascere e perire;
  • La dialettica considera la natura come un insieme di oggetti e fenomeni in movimento ma non casuale e/o lineare, ma come sviluppo che passa da cambiamenti quantitativi insignificanti, minuscoli, latenti, a cambiamenti qualitativi aperti, radicali, esplosivi;
  • La dialettica considera la natura come un insieme di oggetti e fenomeni in movimento e tale movimento è da intendersi come sviluppo cha passa da cambiamenti quantitativi a cambiamenti qualitativi, e il cuore, l’intimo contenuto di questo processo di sviluppo è nell’investigazione e nella interpretazione e risoluzione delle contraddizioni interne agli oggetti e ai fenomeni della natura.

Abbiamo altresì sviluppato i tre punti fondamentali del materialismo, ovvero:

  • Il materialismo parte dal principio che il mondo è, per sua natura, materiale;
  • Il materialismo parte dal principio che la materia, la natura, l’essere rappresentano una realtà oggettiva, esistente al di fuori e indipendentemente dalla coscienza;
  • Il materialismo parte dal principio che il mondo e le sue leggi sono perfettamente conoscibili.

Come tradurre questi punti fondamentali in termini sociali; come determinare le forze principali che consentono lo sviluppo delle società?

Riprendiamo un paio di esempi di Stalin quali l’ambiente geografico e l’aumento della popolazione come fattori certamente importanti ma non principali, non determinanti nello sviluppo della società secondo il materialismo storico.

Il primo è l’ambiente circostante. Scrive difatti Stalin che

l'ambiente geografico è, incontestabilmente, una delle condizioni perma­nenti e necessarie dello sviluppo della società e naturalmente influisce su questo sviluppo, accelerandone o rallentandone il corso. Ma la sua influen­za non è un'influenza determinante, perché i cambiamenti e lo sviluppo della società sono di gran lunga più rapidi che i cambiamenti e lo sviluppo dell'ambiente geografico. In tremila anni sono potuti tramontare l'uno dopo l'altro, in Europa, tre ordinamenti sociali differenti: la comunità primitiva, il regime schiavistico, il regime feudale; e nell'Europa orientale, sul territo­rio dell'URSS, sono tramontati perfino quattro ordinamenti sociali. Ebbene nello stesso periodo le condizioni geografiche dell'Europa o non sono cam­biate per niente, o sono cambiate così poco che la geografia non ne parla neppure. Affinché cambiamenti di una certa importanza si verifichino nell'ambiente geografico sono necessari milioni di anni, mentre per i mutamenti, sia pure i più importanti, del regi­me sociale degli uomini bastano soltanto alcune centinaia o un paio di migliaia di anni.

Ne consegue che lo sviluppo, la modifica dell’ambiente geografico è slegato dallo sviluppo storico della società e di conseguenza non può essere il fattore principale che ha consentito la transizione dalla società comunistica primitiva alla società antica, e poi a quella feudale, capitalistica e, nell’URSS, a quella socialista.

Il secondo esempio è l’aumento della popolazione. Scrive Stalin che

l'aumento della popolazione influisce sullo sviluppo della società, lo agevola o lo rallenta, ma non può esserne la forza principale, e la sua influenza sullo sviluppo sociale non può essere l'influenza determinante, perché l'aumento della popolazione, di per se stesso, non ci dà la chiave per spiegare le ragioni per cui a un determinato ordinamento sociale succede proprio quel nuovo ordinamento e non un altro, le ragioni per cui alla comunità primitiva succede proprio il regime schiavistico, al regime schiavistico il regime feudale, al regime feudale il regime borghese e non un altro qualunque. Se l'aumento della popolazione fosse la forza determinante dello sviluppo sociale, una maggior densità di popolazione dovrebbe necessariamente generare un tipo di regime sociale rispettivamente superiore. Ma in realtà le cose non stanno così. La popolazione in Cina è quattro volte più densa che negli Stati Uniti d'America, eppure gli Stati Uniti d'America si trovano a un livello di sviluppo sociale più elevato della Cina, poiché qui continua a dominare un regime semifeudale, mentre gli Stati Uniti d'America hanno già raggiunto da molto tempo il più alto stadio di sviluppo del capitalismo. La popolazione nel Belgio è 19 volte più densa che negli Stati Uniti d'America e 26 volte più che nell'URSS, eppure gli Stati Uniti d'America sono a un livello di sviluppo sociale più elevato del Belgio e, rispetto all'URSS, il Belgio è in ritardo di un'intera epoca storica perché vi domina il regime capitalista, mentre l'URSS ha già posto fine al capitalismo e instaurato il regime socialista.

Ne consegue che lo sviluppo, la crescita della popolazione, della densità di popolazione rimane slegato dallo sviluppo storico della società e, di conseguenza, non può essere il fattore principale che ha consentito alla società comunistica primitiva di transitare alla società antica, e poi a quella feudale, capitalistica e, nell’URSS, a quella socialista.

Cosa allora? Quale sarebbe la forza principale, la forza determinante, la condizione necessaria che determina il passaggio da una società, da un insieme di rapporti sociali di produzione, quindi, ad un’altra società?

Scrive Engels nell’AntiDuhring che

la concezione materialistica della storia parte dal principio che la produzione e, con la produzione, lo scambio dei suoi prodotti sono la base di ogni ordinamento sociale; che, in ogni società che si presenta nella storia, la distribuzione dei prodotti, e con essa l'articolazione della società in classi o stati, si modella su ciò che si produce, sul modo come si produce e sul modo come si scambia ciò che si produce.

Ciò significa che la forza motrice, determinante, principale che determina il passaggio da una società è la produzione e, con la produzione, lo scambio dei mezzi di sussistenza.

Quali sono i mezzi di sussistenza? Tutti quei prodotti necessari alla vita e allo sviluppo dell’essere umano e della società in cui vive: alimenti, indumenti, scarpe, abitazioni, combustibili, strumenti di produzione, ecc.

Scrive Stalin che

per vivere bisogna disporre di alimenti, indumenti, scarpe, abitazioni, com­bustibili, ecc.: per avere questi beni materiali è necessario produrli; e per produrli è necessario avere gli strumenti (i mezzi) di produzione coll'aiuto dei quali gli uomini producono gli alimenti, gli indumenti, le scarpe, le abitazioni, il combustibile, ecc.; è necessario saper produrre questi strumenti, è necessa­rio sapersene servire.

I mezzi di produzione usati per la produzione dei mezzi di sussistenza; le donne e gli uomini che usano questi mezzi di produzione per la produzione dei mezzi di sussistenza; la conoscenza tecnica e l’esperienza, le abitudini del lavoro che consentono l’uso dei mezzi di produzione per la produzione dei mezzi di sussistenza costituiscono, nel loro complesso, le forze produttive della società.

Le forze produttive della società costituiscono, nell’insieme, il rapporto delle donne e degli uomini, lavoratrici e lavoratori, con la natura; il rapporto delle operaie e degli operai con gli oggetti e i fenomeni della natura che vengono usati nella produzione, per la produzione di mezzi di sussistenza. Le forze produttive costituiscono una componente della produzione.

Ma le lavoratrici e i lavoratori non sono isolati all’interno dei processi di produzione. Scrive Stalin che

gli uomini lottano contro la natura e sfruttano la natura per la produzione dei beni materiali non isolatamente gli uni dagli altri, non come unità staccate le une dalle altre, ma in comune, a gruppi, in società.

Di conseguenza, le donne e gli uomini sono in rapporti determinati tra di loro dentro i processi di produzione e la produzione è una forza sociale. Continua Stalin:

nella produzione dei beni materiali gli uomini stabiliscono tra loro questi o quei rapporti reciproci all'interno della produzione, stabiliscono questi o quei rapporti di produzione. Questi rapporti possono essere rapporti di col­laborazione e di aiuto reciproco tra uomini liberi da ogni sfruttamento, pos­sono essere rapporti di dominio e di sottomissione, possono essere, infine, rapporti di transizione da una forma di rapporti di produzione a un'altra.

Questi rapporti sono i rapporti sociali di produzione e costituiscono l’altra componente della produzione.

Scrive Marx che

nella produzione gli uomini non agiscono soltanto sulla natura, ma anche gli uni sugli altri. Essi producono soltanto in quanto colla­borano in un determinato modo e scambiano reciprocamente le proprie attività. Per produrre, essi entrano gli uni con gli altri in determinati legami e rapporti, e la loro azione sulla natura, la produzione, ha luogo soltanto nel quadro di questi legami e rapporti sociali.

Cominciamo, ora, a considerare entrambi gli aspetti della produzione: forze produttive e rapporti sociali di produzione. Le loro modificazioni, il loro sviluppo determina in ultima analisi lo sviluppo della società. Quindi, i cambiamenti delle modalità di produzione provocano, come indicato da Engels, inevitabilmente cambiamenti di società, ovvero di ciò che chiamiamo struttura e a seguire della sovrastruttura.

Particolarità della produzione:

Primo: la produzione, intesa nelle sue due componenti (forze produttive e rapporti sociali di produzione) va modificandosi, non è immobile, immutabile;

Secondo: la produzione muta, si sviluppa e il suo sviluppo comincia sempre con il cambiamento e lo sviluppo delle forze produttive e, innanzitutto, dei mezzi di produzione;

Terzo: le nuove forze produttive e i rapporti di   produzione corrispondenti non sorgono al di fuori della vecchia società, dopo la sua scomparsa, ma sorgono nel seno stesso della vecchia società.

Iniziamo dalla prima particolarità della produzione: la produzione, intesa nelle sue due componenti (forze produttive e rapporti sociali di produzione) va modificandosi, non è immobile, immutabile.

Scrive Stalin che

la prima particolarità della produzione consiste nel fatto che essa non rimane mai per un lungo periodo a un punto determinato, ma è in continuo mutamento e sviluppo; inoltre i cambiamenti del modo di produzione provo­cano inevitabilmente cambiamenti di tutto il regime sociale, delle idee socia­li, delle concezioni e delle istituzioni politiche, provocano una trasformazio­ne di tutto il sistema sociale e politico. Nei diversi gradi dello sviluppo sociale gli uomini si servono di differenti modi di produzione, ossia per par­lare più semplicemente, gli uomini hanno un diverso modo di vita. Nella comunità primitiva esiste un determinato modo di produzione; sotto la schia­vitù ne esiste un altro; sotto il feudalesimo un terzo, e via di seguito. In rap­porto con questi cambiamenti anche il regime sociale degli uomini, la loro vita spirituale, le loro concezioni, le loro istituzioni politiche sono diversi. Quale è il modo di produzione della società, tale sostanzialmente è la società stessa, tali le sue idee e teorie, le sue concezioni e istituzioni politiche. Ossia, più semplicemente: quale è il modo di vita degli uomini, tale è il loro modo di pensare.

Ciò significa che la condizione primaria, necessaria per comprendere la storia dello sviluppo della società rimane nella comprensione dei modi di produzione, differenti da società a società, e che solo questo studio consente la vera comprensione della società. La storia dello sviluppo della società è la storia dello sviluppo della produzione, ovvero la storia dello sviluppo delle forze produttive e dei rapporti sociali di produzione, ovvero la storia dello sviluppo dell’emancipazione materiale dell’oppresso che, insieme agli oppressi della propria società determinata, produce i mezzi di sussistenza per la società intera, e il suo sviluppo, all’interno di determinati rapporti sociali di produzione. La storia dello sviluppo della società è, in definitiva, la storia dello sviluppo, e dell’emancipazione, di coloro che creano i valori, ovvero di coloro che producono i prodotti necessari al mantenimento, prima, e allo sviluppo, dopo, della società.   

Scrive Stalin che

che la storia dello sviluppo sociale è, nello stesso tempo, storia dei produttori stessi dei beni materiali, storia delle masse lavoratrici che sono le forze fondamentali del processo di produzione e producono i beni materiali necessari all'esistenza della società. Vuol dire che la scienza storica, se vuol essere una vera scienza, non può più ridurre la storia dello sviluppo sociale alle gesta dei re e dei condottieri, alle gesta dei "conquistatori" e degli "assoggettatori" di Stati, ma deve innanzitutto essere storia dei produttori dei beni materiali, storia delle masse lavoratrici, storia dei popoli. Vuol dire che la chiave per lo studio delle leggi della storia della società bisogna cercarla non nel cervello degli uomini, e neppure nelle concezioni e nelle idee della società, ma nel modo di produzione praticato dalla società in ogni periodo storico determinato, nell'economia della società. Vuol dire che il compito primordiale della scienza storica è quello di stu­diare e scoprire le leggi della produzione, le leggi secondo le quali si svilup­pano le forze produttive e i rapporti di produzione, le leggi dello sviluppo economico della società.
Vuol dire
[conclude Stalin] che il partito del proletariato, se vuol essere un vero partito, deve possedere innanzitutto la conoscenza delle leggi dello sviluppo della produ­zione, la conoscenza delle leggi dello sviluppo economico della società.

Continuiamo con la seconda particolarità della produzione: la produzione muta, si sviluppa e il suo sviluppo comincia sempre con il cambiamento e lo sviluppo delle forze produttive e, innanzitutto, dei mezzi di produzione.

Scrive Stalin che

le forze produttive sono, di conseguenza, l'elemento più mobile e più rivoluzionario della produzione. Dapprima si modificano e si sviluppano le forze produttive della società e poi, in dipendenza da tali cambiamenti e conformemente ad essi si modificano i rapporti di produzio­ne tra gli uomini, i loro rapporti economici.

Ciò implica che l’aumento del grado di sviluppo delle forze produttive costringe le modificazioni conseguenti dei rapporti sociali di produzione i quali non possono, come storicamente dimostrato, essere slegati dallo stato delle forze produttive senza incorrere in un cortocircuito distruttivo per la società. Naturalmente, di converso, i rapporti sociali di produzione influenzano lo sviluppo delle forze produttive, consentendone l’espansione oppure la contrazione. Anche se la società in quanto insieme di rapporti sociali di produzione segue, prima o poi, lo sviluppo delle forze produttive modificandosi per costrizione, lo sviluppo delle forze produttive dipende dai rapporti sociali di produzione. I rapporti sociali di produzione influiscano sullo sviluppo delle forze pro­duttive.

Scrive chiaramente Stalin che

i rapporti di produzione agiscono a loro volta sullo svilup­po delle forze produttive, affrettandolo o rallentandolo.

La contraddizione in ogni società e in ogni fase rimane tra l’avanzato grado di sviluppo delle forze produttive e gli obsoleti rapporti sociali di produzione che frenano il libero sviluppo delle forze produttive.

Scrive Stalin che

è necessario osservare che i rapporti di produzione non possono troppo a lungo rimanere addietro allo sviluppo delle forze produttive e trovarsi in contraddizione con tale sviluppo, perché le forze produttive possono svilupparsi pienamen­te solo nel caso in cui i rapporti di produzione corrispondano al carattere, allo stato delle forze produttive e ne permettano il libero sviluppo. Perciò, qualunque sia il ritardo dei rapporti di produzione sullo sviluppo delle forze produttive, i rapporti di produzione devono presto o tardi finire col corri­spondere, ed è ciò che essi fanno effettivamente, al livello di sviluppo delle forze produttive, al carattere delle forze produttive. Qualora ciò non avve­nisse, l'unità delle forze produttive e dei rapporti di produzione, nel sistema della produzione, verrebbe radicalmente scossa, si verificherebbe una rottu­ra nell'insieme della produzione, una crisi della produzione, una distruzio­ne di forze produttive.

Abbiamo detto che la società è essenzialmente un complesso di rapporti sociali di produzione e, dice Marx:

ognuno di questi complessi caratterizza, nello stesso tempo, un particolare stadio di sviluppo nella storia dell’umanità.

La società antica, la società feudale, la società capitalista sono esempi storici. I rapporti sociali di produzione sono, scrive sempre Marx in Lavoro salariato e capitale,

i rapporti sociali entro i quali gli individui producono, i quali si trasformano con la trasformazione e con lo sviluppo dei mezzi materiali di produzione, delle forze produttive.

Trasformati, sviluppati i mezzi materiali di produzione, le forze produttive, all’interno di determinati rapporti di produzione, tali rapporti risultano obsoleti e l’evoluzione della società inevitabile e del tutto necessaria.

Scrivono Marx ed Engels nel Manifesto del partito comunista che

i mezzi di produzione e di scambio sulla cui base si è formata la borghesia furono prodotti nella società feudale.

E continuano:

a un certo stadio di sviluppo di questi mezzi di produzione e di scambio, i rapporti all’interno dei quali la società feudale produceva e scambiava, vale a dire l’organizzazione feudale dell’agricoltura e di manifattura, in una parola i rapporti feudali di proprietà, non corrisposero più alle forze produttive ormai sviluppatesi. Inceppavano la produzione invece di promuoverla. Si erano trasformati in altrettante catene. Esse dovevano essere spezzate e furono spezzate.

I rapporti di produzione, i rapporti di proprietà tipici di una determinata società inevitabilmente vengono sradicati dal passato per diventare presente poiché sono già nel presente le forze produttive sviluppatesi dai rapporti di proprietà del passato. Se alla società borghese o capitalistica dovrà seguire la società socialista e si è già nella massima contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione, ciò significa che l’evoluzione, la maturazione delle forze produttive, dei mezzi di produzione, è già de facto avvenuta dentro la società borghese, ovvero dentro i rapporti di produzione capitalisti. Le forze produttive, i mezzi di produzione, hanno raggiunto da troppo tempo un più elevato stadio di sviluppo non più compatibile con i rapporti sociali di produzione all’interno dei quali la società capitalista produce e scambia, e ciò implica il manifestarsi del cortocircuito storico tra le evolute forze produttive e i rudimentali, obsoleti rapporti sociali di produzione. Il passaggio da una società ad un’altra è sempre la transizione cruenta creata dai cortocircuiti tra le più moderne forze produttive e gli obsoleti rapporti sociali di produzione.

Scrive Stalin che

un esempio di disaccordo tra i rapporti di produzione e il carattere delle forze produttive, un esempio di conflitto tra di essi ci è offerto dalle crisi economiche nei paesi capitalistici, dove la proprietà privata capitalistica dei mezzi di produzione è in flagrante disaccordo col carattere sociale del pro­cesso di produzione, col carattere delle forze produttive. Risultato di questo disaccordo sono le crisi economiche che portano a una distruzione di forze produttive; anzi, questo stesso disaccordo è la base economica della rivolu­zione sociale, destinata a distruggere i rapporti attuali di produzione e a crearne di nuovi, conformi al carattere delle forze produttive. Viceversa l'economia nazionale socialista dell'URSS, dove la proprietà sociale dei mezzi di produzione è in perfetto accordo con il carattere sociale del processo di produzione e dove perciò non esistono crisi economiche né si distruggono forze produttive, è un esempio di perfetto accordo tra i rap­porti di produzione e il carattere delle forze produttive. Le forze produttive, quindi, non sono solamente l'elemento più mobile e più rivoluzionario della produzione, ma sono anche l'elemento che determi­na lo sviluppo della produzione.

Indica Stalin, riportandoci indietro nel tempo quando abbiamo studiato questi concetti durante la Fase I della Scuola Rossa:

se lo stato delle forze produttive indica con quali strumenti di produzione gli uomini producono i beni materiali che sono loro necessari, lo stato dei rapporti di produzione indica a sua volta in possesso di chi si trovano i mezzi di produzione (terre, foreste, acque, sottosuolo, materie prime, strumenti di lavoro, edifici destinati alla produzione, mezzi di trasporto e di comunicazione, ecc.), indica a disposizione di chi si trovano i mezzi di pro­duzione: se a disposizione di tutta la società oppure se a disposizione di sin­goli individui, di gruppi, di classi che li utilizzano per lo sfruttamento di altri individui, gruppi o classi.

Troverete nel nostro corso di studi che abbiamo introdotto il materialismo storico riprendendo l’evoluzione esposta da Engels nelle prime pagine della sua “Origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato”. E abbiamo visto come il passaggio da una società, quindi da un insieme di rapporti sociali di produzione, ad un’altra società sia avvenuta grazie a un determinato sviluppo delle forze produttive.

Scrive anche Stalin che

passaggio dai grossolani utensili di pietra all'arco e alle frecce e, quindi passaggio dal modo di vita fondato sulla cac­cia all'addomesticamento e allevamento primitivo del bestiame; passaggio dagli utensili di pietra a quelli metallici (ascia di ferro, aratro col vomero di ferro, ecc. ) e, quindi, passaggio alla coltivazione delle piante e all'agricol­tura; nuovo perfezionamento degli utensili metallici per la lavorazione dei materiali, passaggio alla forgia a mantice, alla produzione delle terre cotte e, quindi, sviluppo dei mestieri, separazione dei mestieri dall'agricoltura, sviluppo di una produzione artigiana indipendente e poi di una produzione manifatturiera; passaggio dagli strumenti della produzione artigiana alle macchine, e trasformazione della produzione artigiana manifatturiera in industria meccanizzata; passaggio al sistema delle macchine e sorgere della grande industria meccanizzata moderna: tale è il quadro generale, ben lungi dall'essere completo, dello sviluppo delle forze produttive della società durante la storia dell'umanità.

Lo sviluppo delle forze produttive è sviluppo dei mezzi di produzione, e tale sviluppo è realizzato dall’essere umano legato alla produzione, quindi, contestualmente allo sviluppo dei mezzi di produzione si sono sviluppati anche coloro che lavorano, elementi fondamentali delle forze produttive, e si sono sviluppate la loro conoscenza tecnica, la loro esperienza, le loro abitudini di lavoro, la loro capacità nell’utilizzo dei più sviluppati mezzi di produzione.

Lo sviluppo delle forze produttive è sviluppo dei mezzi di produzione a cui segue lo sviluppo dei rapporti sociali di produzione e i rapporti sociali di produzione a noi conosciuti sono: la società comunista primitiva; la società antica; la società feudale, la società capitalistica e la società socialista.

Una breve sintesi a noi già conosciuta ma che riprendiamo questa volta da Stalin.

Scrive Stalin che

nel regime della comunità primitiva, la proprietà sociale dei mezzi di pro­duzione costituisce la base dei rapporti di produzione. Ciò corrisponde, essenzialmente, al carattere delle forze produttive in questo periodo. Esiste la proprietà collettiva, sia dei mezzi di produzione che dei prodotti. Non si ha ancora nozione della proprietà privata dei mezzi di produzione, salvo la proprietà personale di alcuni strumenti di produzione, che sono in pari tempo armi di difesa contro gli animali feroci. Non esistono né sfruttamento né classi.

Continua Stalin:

Sotto il regime della schiavitù la base dei rapporti di produzione è costituita dalla proprietà del padrone di schiavi sui mezzi di produzione e anche sul produttore, sullo schiavo, che egli può vendere, comprare, uccidere come bestiame. Tali rapporti di produzione corrispondono essenzialmente allo stato delle forze produttive in questo periodo. Si rafforzano consolidandosi l'allevamento del bestiame, l'agricoltura, i mestieri, la divisione del lavoro tra questi diversi rami di produzione; diventa possibile lo scambio dei prodotti tra individui e gruppi diversi; si consolida l'accumulazione di ricchezza nelle mani di pochi, l'accumulazione reale dei mezzi di produzione nelle mani di una minoranza; in questa società è materiale la sottomissione della maggioranza alla mino­ranza e la trasformazione dei membri della maggioranza in schiavi. Non esiste già più il lavoro comune e libero di tutti i membri della società nel processo della produzione, ma domina il lavoro forzato degli schiavi, sfrut­tati da padroni che non lavorano. Non esiste quindi più una proprietà comu­ne né dei mezzi di produzione né dei prodotti. Essa è sostituita dalla pro­prietà privata. Il padrone di schiavi è il primo e principale proprietario, il proprietario assoluto. Ricchi e poveri, sfruttatori e sfruttati, uomini che hanno tutti i diritti e uomini che non ne hanno nessuno, un'aspra lotta di classe tra gli uni e gli altri: tale è il quadro del regime schiavistico.

Continua Stalin:

Sotto il regime feudale la base dei rapporti di produzione è costituita dalla proprietà del signore feudale sui mezzi di produzione e dalla sua proprietà limitata sul produttore, sul servo, che il feudatario non può più uccidere, ma può vendere e comprare. Accanto alla proprietà feudale esiste la pro­prietà individuale del contadino e dell'artigiano sugli strumenti di produ­zione e sulla loro economia privata, basata sul lavoro personale. Tali rap­porti di produzione corrispondono essenzialmente allo stato delle forze produttive in questo periodo. L'ulteriore perfezionamento della fusione e della lavorazione del ferro, la diffusione generale dell'aratro di ferro e del telaio, lo sviluppo ulteriore dell'agricoltura, dell'orticoltura, dell'industria vinicola, della fabbricazione dei grassi, il sorgere delle manifatture accan­to alle botteghe degli artigiani: tali sono i tratti caratteristici dello stato delle forze produttive.”

Nel passaggio dalla società antica alla società feudale, la classe oppressa dei servi della gleba rimpiazza quella degli schiavi poiché lo sviluppo delle forze produttive, dice Stalin,

esige che il lavoratore abbia una certa ini­ziativa nella produzione, che sia propenso e interessato al lavoro. Per questa ragione il padrone feudale rinuncia allo schiavo che non ha nes­sun interesse al lavoro e non ha nessuna iniziativa, e preferisce aver a che fare con un servo che possiede un'azienda propria, i propri strumenti di produzione di natura personale e ha qualche interesse per il lavoro, interesse indispensabile perché il servo coltivi la terra e paghi al feudatario, sul proprio raccol­to, un tributo in natura.

Continua Stalin sulla società capitalistica:

sotto il regime capitalistico la base dei rapporti di produzione è costituita dalla proprietà capitalistica sui mezzi di produzione, mentre la proprietà sui produttori, sugli operai salariati non esiste più: il capitalista non può né ucciderli né venderli, perché essi sono liberi dalla dipendenza personale, ma sono privi dei mezzi di produzione e, per non morire di fame, sono costretti a vendere la loro forza-lavoro al capitalista, a sottomettersi al giogo dello sfruttamento. Accanto alla proprietà capitalistica dei mezzi di produzione esiste, ed è nei primi tempi largamente diffusa, la proprietà pri­vata del contadino e dell'artigiano — emancipatisi dalla servitù della gleba — sui mezzi di produzione: proprietà che si fonda sul lavoro personale. Le botteghe degli artigiani e le manifatture vengono sostituite da immense fab­briche e officine, fornite di macchine. I domini dei nobili, già coltivati con gli strumenti primitivi dei contadini, vengono sostituiti da grandi aziende capitalistiche, gestite con i criteri della scienza agronomica e munite di macchine agricole.

Ultima tappa dello sviluppo dei rapporti sociali di produzione è la società socialista.

Conclude Stalin che

nel regime socialista, che, per il momento, esiste solo nell'URSS, la pro­prietà sociale dei mezzi di produzione costituisce la base dei rapporti di produzione. Qui non esistono più né sfruttatori né sfruttati. I prodotti ven­gono ripartiti secondo il lavoro compiuto e secondo il principio: ‘Chi non lavora non mangia’. I rapporti tra gli uomini nel processo della produzio­ne sono rapporti di collaborazione fraterna e di mutuo aiuto socialista tra lavoratori liberi dallo sfruttamento. Qui i rapporti di produzione corri­spondono perfettamente allo stato delle forze produttive, perché il caratte­re sociale del processo della produzione è rafforzato dalla proprietà socia­le sui mezzi di produzione.

Di conseguenza, non essendoci più la contraddizione tra evolute forze produttive e obsoleti rapporti sociali di produzione come nella società precedente (quella capitalistica), la produzione socialista non è soggetta a crisi sistemiche, economiche, commerciali legate alla sovrapproduzione e le forze produttive non sono quindi più confinate in ristretti rapporti di proprietà e possono espandersi libere dalle catene della proprietà privata dei mezzi di produzione. 

Scrive Marx che

le epoche economiche si distinguono non per ciò che vi si produce, ma per il modo in cui si produce; i rapporti sociali sono intimamente legati alle forze produttive. Acquistando nuove forze produttive gli uomini cambiano il loro modo di produzione, e cambiando il modo di produzione, il modo di guadagnarsi la vita, essi cambiano tutti i loro rapporti sociali. Il mulino a braccia vi darà la società diretta dal signore [feudale], il mulino a vapore, la società diretta dal capitalista industriale; continua Marx: vi è un movimento continuo di aumento delle forze produttive, di distru­zione dei rapporti sociali, di formazione delle idee; immobile è solo l'astra­zione del movimento.

Scrive su questo punto Engels che

la produzione economica e la struttura sociale che necessariamente ne deriva formano, in qualunque epoca storica, la base della storia politica e intellettuale dell'epoca stessa...Conforme a ciò, dopo il dissolversi della primitiva proprietà comune del suolo, tutta la storia è stata una storia di lotte di classe, di lotte tra le classi sfruttate e le classi sfruttatrici, tra classi dominate e classi dominanti, nelle varie tappe dello sviluppo sociale... Questa lotta ha ora raggiunto un grado in cui la classe sfruttata e oppressa (il proletariato) non può liberarsi dalla classe che la sfrutta e la opprime (la borghesia) senza liberare anche ad un tempo, e per sempre, tutta la società dallo sfruttamento, dall'oppressione e dalla lotta di classe...

Continuiamo ora con la terza particolarità della produzione: le nuove forze produttive e i rapporti sociali di produzione corrispondenti non sorgono al di fuori della vecchia società, dopo la sua scomparsa, ma sorgono nel seno stesso della vecchia società.

Scrive Stalin che la produzione

non è il risultato di un'azione premeditata e cosciente degli uomini, ma avviene spontaneamente, indipendentemente dalla coscienza e dalla volontà degli uomini. Esso avviene spontaneamente, indipendentemente dalla coscienza e dalla volontà degli uomini per le seguenti due ragioni. In primo luogo perché gli uomini non sono liberi nella scelta di questo o quel modo di produzione, perché ogni nuova generazione, al suo ingresso nella vita, trova forze produttive e rapporti di produzione già pronti, come risultato del lavoro delle generazioni precedenti, e quindi ogni nuova generazione è obbligata, in un primo tempo, ad accettare tutto ciò che trova già pronto nel dominio della produzione e ad adattarvisi, per avere la possibi­lità di produrre beni materiali. In secondo luogo perché gli uomini, perfezionando questo o quello stru­mento di produzione, questo o quell'elemento delle forze produttive, non hanno la coscienza e la comprensione, né riflettono ai risultati sociali a cui quei perfezionamenti debbono portare; pensano semplicemente ai loro inte­ressi quotidiani, a rendere più facile il loro lavoro e ad ottenere un vantag­gio immediato e tangibile.

Alcuni esempi:

Dalla società comunistica primitiva alla società antica:

quando alcuni membri della comunità primitiva cominciarono a poco a poco, e come a tastoni, a passare dagli utensili di pietra agli utensili di ferro, certamente ignoravano e non concepivano i risultati sociali cui avrebbe por­tato quell'innovazione; essi non avevano la comprensione né la coscienza del fatto che il passaggio a strumenti di metallo significava una rivoluzione nella produzione, che tale passaggio doveva portare, infine, al regime schia­vistico. Essi volevano semplicemente rendere più facile il loro lavoro e otte­nere un vantaggio immediato e sensibile; la loro attività cosciente si limitava al quadro ristretto di questo vantaggio personale, quotidiano.

Dalla società antica alla società feudale:

quando, durante il regime feudale, la giovane borghesia europea cominciò a costruire accanto alle piccole botteghe degli artigiani grandi manifatture, facendo in tal modo progredire le forze produttive della società, essa certa­mente non sapeva e non concepiva le conseguenze sociali cui avrebbe por­tato quell'innovazione; essa non aveva la comprensione né la coscienza del fatto che quella "piccola" innovazione doveva portare a un raggruppamento di forze sociali, il quale doveva concludersi con la rivoluzione contro il potere monarchico di cui essa tanto apprezzava la benignità, e contro la nobiltà nelle cui file sognavano spesso di entrare i suoi rappresentanti migliori. Essa voleva semplicemente ridurre il costo di produzione delle merci, gettare una maggior quantità di merci sui mercati dell'Asia e dell'America, solo allora scoperta, e trarne maggiori profitti; la sua attività cosciente si limitava al quadro ristretto di questa pratica quotidiana.

Dalla società feudale alla società capitalistica:

quando i capitalisti russi insieme con i capitalisti stranieri cominciarono attivamente a introdurre in Russia la grande industria meccanizzata moderna, senza toccare lo zarismo e gettando i contadini in pasto ai gran­di proprietari fondiari, essi certo non sapevano e non concepivano le conseguenze sociali cui avrebbe portato quel poderoso aumento delle forze produttive; essi non avevano la comprensione né la coscienza del fatto che quel grande balzo delle forze produttive della società doveva portare a un raggruppamento di forze sociali che avrebbe permesso al proletariato di unire a sé i contadini e di far trionfare la rivoluzione socialista. Essi volevano semplicemente allargare al massimo grado la produzione indu­striale, impadronirsi del mercato interno immenso, monopolizzare la pro­duzione e trarre dall'economia nazionale i maggiori profitti possibili; la loro attività cosciente non superava la cerchia dei loro interessi quotidia­ni, puramente pratici.

Scrive Marx che

nella produzione sociale della loro esistenza [ossia nella produzione dei beni materiali necessari alla vita degli uomini], gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali.

Tali cambiamenti qualitativi dai vecchi rapporti sociali di produzione a nuovi rapporti sociali di produzione, come visto nella nostra lezione sulla dialettica, sono violenti, rivoluzionari. Non ci sono cambiamenti qualitativi senza scontro, senza conflitto, e ciò perché la transizione a nuovi rapporti sociali di produzione richiede l’abbattimento, la distruzione dei vecchi.

Scrive Stalin che

fino a un certo momento lo svi­luppo delle forze produttive e i cambiamenti nel campo dei rapporti di pro­duzione si effettuano spontaneamente, indipendentemente dalla volontà degli uomini. Ma questo solo fino a un certo momento, fino al momento in cui le forze produttive, precedentemente sorte e sviluppatesi, siano sufficientemente mature. Quando le nuove forze produttive sono giunte a maturazione, i rapporti di produzione esistenti e le classi dominanti che li perso­nificano si trasformano in una barriera "insormontabile", che può essere tolta di mezzo solo dall'attività cosciente delle nuove classi, dall'azione violenta di queste classi, dalla rivoluzione. Appare allora in modo chiarissimo la funzione immensa delle nuove idee sociali, delle nuove istituzioni politiche, del nuovo potere politico, chiamati a sopprimere con la forza i vecchi rapporti di produzione. Sulla base del conflitto tra le nuove forze produttive e i vecchi rapporti di produzione, sulla base delle nuove esigenze economiche della società, sorgono nuove idee sociali; queste nuove idee organizzano e mobilitano le masse; le masse si uniscono in un nuovo eser­cito politico, creano un nuovo potere rivoluzionario e se ne servono per sopprimere con la forza il vecchio ordine nel campo dei rapporti di produ­zione, e per instaurarvi l'ordine nuovo. Il processo spontaneo di sviluppo cede il posto all'attività cosciente degli uomini lo sviluppo pacifico a un rivolgimento violento, l'evoluzione alla rivoluzione.

Scrive Marx che

il proletariato nella lotta contro la borghesia si costitui­sce necessariamente in classe; e per mezzo della rivoluzione trasforma se stesso in classe dominante e, come tale, distrugge violentemente i vecchi rapporti di produzione.

Inoltre, continua Marx

il proletariato si servirà della sua supremazia politica per strappare alla borghesia, a poco a poco, tutto il capitale, per accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato [socialista], vale a dire del proletariato stesso organizzato come classe dominante, e per aumentare con la massima rapi­dità possibile il totale delle forze produttive.

Concludiamo questa lezione con la prefazione all’opera Per la cri­tica dell'economia politica di Marx:

Nella produzione sociale della loro esistenza gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produ­zione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L'insieme di questi rapporti di produzione costi­tuisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (il che è l'equivalente giuridico di tale espressione) dentro i quali dette forze per l'innanzi s'erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione — che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali — e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di con­cepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può giudicare un uomo dall'idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente tra le forze produttive della società e i rapporti di produzione. Una formazione sociale non perisce finché non si siano svilup­pate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l'umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già, o almeno sono in formazione.

 

Ultima modifica ilLunedì, 02 Settembre 2024 21:56
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