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Lavoro salariato e capitale. Parte III
di Karl Marx
Il capitale consta di materie prime, di strumenti di lavoro e di mezzi di sussistenza d’ogni genere, che vengono impiegati per la produzione di nuove materie prime, di nuovi strumenti di lavoro, di nuovi mezzi di sussistenza. Tutte queste sue parti costitutive sono creazioni del lavoro, prodotti del lavoro, lavoro accumulato. Il capitale è lavoro accumulato che serve come mezzo per una nuova produzione.
Così dicono gli economisti.
Che cos’è uno schiavo negro? Un uomo di razza nera. Una spiegazione vale l’altra.
Un negro è un negro. Soltanto in determinate condizioni egli diventa uno schiavo. Una macchina filatrice di cotone è una macchina per filare il cotone. Soltanto in determinate condizioni essa diventa capitale. Sottratta a queste condizioni essa non è capitale, allo stesso modo che l’oro in sé e per sé non è denaro e lo zucchero non è il prezzo dello zucchero.
Nella produzione gli uomini non hanno rapporto soltanto con la natura. Essi producono soltanto in quanto collaborano in un determinato modo e scambiano reciprocamente le proprie attività. Per produrre, essi entrano gli uni con gli altri in determinati legami e rapporti, e il loro rapporto con la natura, la produzione, ha luogo soltanto nel quadro di questi legami e rapporti sociali.
Questi rapporti sociali che legano i produttori gli uni agli altri, le condizioni nelle quali essi scambiano le loro attività e partecipano all’atto complessivo della produzione, sono naturalmente diversi a seconda del carattere dei mezzi di produzione. Con l’invenzione di un nuovo strumento di guerra, dell’arma da fuoco, tutta l’organizzazione interna dell’esercito necessariamente si modificò, si modificarono i rapporti sulla base dei quali i singoli costituiscono un esercito e possono operare come esercito, e si modificò pure il rapporto dei diversi eserciti tra di loro.
I rapporti sociali entro i quali gli individui producono, i rapporti sociali di produzione, si modificano, dunque, si trasformano con la trasformazione e con lo sviluppo dei mezzi materiali di produzione, delle forze produttive. I rapporti di produzione costituiscono nel loro assieme ciò che riceve il nome di rapporti sociali, di società, e precisamente una società a un grado di sviluppo storico determinato, una società con un carattere particolare che la distingue. La società antica, la società feudale, la società borghese sono simili complessi di rapporti di produzione, e ognuno di questi complessi caratterizza, nello stesso tempo, un particolare stadio di sviluppo nella storia dell’umanità.
Anche il capitale è un rapporto sociale di produzione. Esso è un rapporto borghese di produzione, un rapporto di produzione della società borghese. I mezzi di sussistenza, gli strumenti di lavoro, le materie prime di cui il capitale è costituito, non furono essi prodotti e accumulati in determinate condizioni sociali, in determinati rapporti sociali? Non vengono essi impiegati per una nuova produzione in determinate condizioni sociali, in determinati rapporti sociali? E non è proprio questo carattere sociale determinato che fa diventare capitale i prodotti che servono per una nuova produzione?
Il capitale non consta soltanto di mezzi di sussistenza, di strumenti di lavoro e di materie prime, non consta soltanto di prodotti materiali; esso consta pure di valori di scambio. Tutti i prodotti di cui esso consta sono merci. Il capitale non è dunque soltanto una somma di prodotti materiali; esso è una somma di merci, di valori di scambio, di grandezze sociali.
Il capitale rimane lo stesso se mettiamo cotone al posto di lana, riso al posto di frumento, piroscafi al posto di ferrovie, alla sola condizione che il cotone, il riso, i piroscafi — il corpo del capitale — abbiano lo stesso valore di scambio, lo stesso prezzo della lana, del frumento, delle ferrovie, in cui esso prima era incorporato. Il corpo del capitale può trasformarsi continuamente senza che il capitale subisca il minimo cambiamento.
Ma se ogni capitale è una somma di merci, cioè di valori di scambio, non ogni somma di merci, di valori di scambio, è capitale.
Ogni somma di valori di scambio è un valore di scambio. Ogni singolo valore di scambio è una somma di valori di scambio. Per esempio, una casa che vale 1.000 franchi, è un valore di scambio di 1.000 franchi. Un pezzo di carta che vale un centesimo è una somma di valori di scambio di 100/100 di centesimo. Prodotti che si possono scambiare con altri prodotti, sono merci. Il rapporto determinato, secondo il quale esse possono venir scambiate, costituisce il loro valore di scambio, o, espresso in denaro, il loro prezzo. La quantità di questi prodotti non può cambiare nulla della loro destinazione di essere merce, o di costituire un valore di scambio, o di avere un prezzo determinato. Un albero, sia esso grande o piccolo, resta sempre un albero. Se scambiamo il ferro in once, o se lo scambiamo in quintali contro altri prodotti, cambia forse il suo carattere di essere una merce, un valore di scambio? A seconda della sua quantità, esso è una merce di maggiore o di minor valore, di prezzo più alto o più basso.
Come dunque una somma di merci, di valori di scambio, diventa capitale?
Per il fatto che essa, come forza sociale indipendente, cioè come forza di una parte della società, si conserva e si accresce attraverso lo scambio con il lavoro vivente, immediata. L’esistenza di una classe che non possiede null’altro che la capacità di lavorare, è una premessa necessaria del capitale.
Soltanto il dominio del lavoro accumulato, passato, materializzato, sul lavoro immediato, vivente, fa del lavoro accumulato capitale.
Il capitale non consiste nel fatto che il lavoro accumulato serve al lavoro vivente come mezzo per una nuova produzione. Esso consiste nel fatto che il lavoro vivente serve al lavoro accumulato come mezzo per conservare e per accrescere il suo valore di scambio.
Che cosa avviene nello scambio fra capitale e lavoro salariato?
L’operaio riceve in cambio del suo lavoro dei mezzi di sussistenza, ma il capitalista, in cambio dei suoi mezzi di sussistenza, riceve del lavoro, l’attività produttiva dell’operaio, la forza creatrice con la quale l’operaio non soltanto ricostituisce ciò che consuma, ma conferisce al lavoro accumulato un valore maggiore di quanto aveva prima. L’operaio riceve dal capitalista una parte dei mezzi di sussistenza esistenti. A che gli servono questi mezzi di sussistenza? Al consumo immediato. Ma non appena io consumo mezzi di sussistenza essi sono per me irrimediabilmente perduti, nel caso in cui io non utilizzi il tempo durante il quale essi mi tengono in vita per produrre nuovi mezzi di sussistenza, per creare, cioè, con il mio lavoro, durante il consumo, nuovi valori al posto dei valori perduti nel consumo stesso. Ma è appunto questa nobile forza riproduttiva che l’operaio cede al capitale in cambio dei mezzi di sussistenza ricevuti. Per se stesso quindi egli l’ha perduta.
Prendiamo un esempio: un fittavolo dà al suo giornaliero cinque groschen d’argento al giorno. Per questi cinque groschen d’argento il salariato lavora sul campo del fittavolo per tutta la giornata, assicurandogli in tal modo un’entrata di dieci groschen d’argento. Il fittavolo non riceve soltanto, ricostituiti, i valori ch’egli ha dato al salariato, ma li raddoppia. Quindi, egli ha impiegato, consumato in modo profittevole, produttivo, i cinque groschen d’argento ch’egli ha dato al salariato. Per cinque groschen d’argento egli ha comprato il lavoro e la forza del salariato i quali rendono prodotti del suolo per un valore doppio, e di cinque groschen d’argento ne fanno dieci. Il salariato, invece, al posto della sua forza produttiva, i cui effetti egli ha ceduto al fittavolo, riceve cinque groschen d’argento che egli scambia contro mezzi di sussistenza, che consuma più o meno rapidamente. I cinque groschen d’argento sono stati dunque consumati in due modi: in modo riproduttivo per il capitale, poiché essi sono stati scambiati con una forza-lavoro che ha prodotto dieci groschen d’argento; in modo improduttivo per l’operaio, poiché essi sono stati scambiati con mezzi di sussistenza, che sono scomparsi per sempre e il cui valore egli potrà riavere soltanto ripetendo il medesimo scambio con il fittavolo. Il capitale presuppone dunque il lavoro salariato, il lavoro salariato presuppone il capitale. Essi si condizionano a vicenda; essi si generano a vicenda.
Un operaio in un cotonificio produce egli soltanto tessuti di cotone? No, egli produce capitale. Egli produce valori che serviranno nuovamente a comandare il suo lavoro, per creare a mezzo di essi nuovi valori.
Il capitale può accrescersi soltanto se si scambia con il lavoro29, soltanto se produce lavoro salariato. Il lavoro salariato si può scambiare con capitale soltanto a condizione di accrescere il capitale, di rafforzare il potere di cui è schiavo. Aumento del capitale è quindi aumento del proletariato, cioè della classe lavoratrice.
L’interesse del capitalista e dell’operaio è quindi lo stesso, sostengono i borghesi e i loro economisti. E infatti! L’operaio va in malora se il capitale non lo occupa. Il capitale va in malora se non sfrutta il lavoro, e per sfruttarlo deve comperarlo. Quanto più rapidamente si accresce il capitale destinato alla produzione, il capitale produttivo, tanto più fiorente è l’industria; quanto più la borghesia si arricchisce, quanto più gli affari vanno bene, tanto più il capitalista ha bisogno di operai, tanto più caro si vende l’operaio.
La condizione indispensabile per una situazione sopportabile dell’operaio è dunque l’accrescimento più rapido possibile del capitale produttivo.
Ma che cosa vuol dire accrescimento del capitale produttivo? Accrescimento del potere del lavoro accumulato sul lavoro vivente. Accrescimento del dominio della borghesia sulla classe operaia. Quando il lavoro salariato produce la ricchezza estranea che lo domina, il potere che gli è nemico, il capitale, i mezzi di occupazione, cioè i mezzi di sussistenza, rifluiscono nuovamente verso di lui, a condizione ch’esso si trasformi di nuovo in una parte del capitale, in una leva che imprima di nuovo al capitale un accelerato movimento di sviluppo.
Dire che gli interessi del capitale e gli interessi del lavoro sono gli stessi, significa soltanto che il capitale e il lavoro salariato sono due termini di uno stesso rapporto. L’uno condiziona l’altro, allo stesso modo che si condizionano a vicenda lo strozzino e il dissipatore.
Sino a tanto che l’operaio salariato è operaio salariato, la sua sorte dipende dal capitale. Questa è la tanto rinomata comunità di interessi fra operaio e capitalista.