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Trotzkismo, tra revisionismo e bonapartismo
Prima di iniziare questa nuova lezione dei seminari “Dialogando con Stalin”, e in particolare l'analisi del lavoro di Stalin “Trotzkismo o Leninismo?”, vogliamo ringraziare chi ci segue, chi commenta i nostri lavori e vi invitiamo a seguirci. Non solo il nostro canale YouTube ma anche sugli altri social (vedete i dettagli e i link nella descrizione di questo canale) e soprattutto iscrivetevi alla nostra newsletter. Per fare questo, andate sul nostro sito-web ideologiasocialista.it e troverete il link per l’iscrizione alla newsletter.
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Il nostro obiettivo e il nostro lavoro è difatti l’educazione delle operaie e degli operai, delle lavoratrici e dei lavoratori salariati, e di tutti coloro che ritengono che sia necessario imparare il marxismo-leninismo. La seconda parola d’ordine, “organizzazione”, consiste nel fatto che La Scuola Rossa incentiva i lavoratori ad aprire, organizzare i Circoli marxisti-leninisti della Scuola Rossa nei propri comuni o municipi di residenza in modo tale da poter condividere il lavoro educativo che portiamo avanti, e muovere i primi passi di natura politica, di agitazione politica e ideologica.
Ora, nell’ultima lezione sul testo di Stalin abbiamo di fatto raggiunto la fine del periodo storico che arrivava alla preparazione della Rivoluzione d’Ottobre e ora ci accingiamo ad analizzare il cuore politico e teorico del lavoro di Stalin.
Qui, cari compagni, stiamo discutendo dell’antitesi, della contrapposizione tra ciò che è il leninismo, o meglio per noi marxismo-leninismo, che è la guida della classe operaia, e ciò che si definisce, non certo da noi e questo ve lo spiegheremo, trotzkismo. Ciò significa che il cosiddetto trotzkismo non ha nulla a che vedere con il marxismo-leninismo; è un corpo estraneo al marxismo-leninismo ed è ciò che dimostreremo oggi. Volendo anticipare un po’ la questione, il cosiddetto trotzkismo è de facto equivalente al revisionismo e all’opportunismo nella fase pre-rivoluzionaria, o potremmo dire quando si è nel capitalismo; è invece controrivoluzione quando si è nella fase post-rivoluzionaria e si cerca di costruire il socialismo. Questo è ciò che dice la storia, non la propaganda trotskista e borghese.
Ma cominciamo dal primo punto. Dimostrare che Trotsky è stato costantemente all’opposizione rispetto a Lenin; di conseguenza il cosiddetto trotzkismo è antitetico al leninismo.
Scrive Stalin che
abbiamo parlato in precedenza delle leggende contro il partito e su Lenin, diffuse da Trotsky e dai suoi seguaci in relazione all'Ottobre e alla sua preparazione. Abbiamo smascherato e confutato queste leggende.
Ed è ciò che abbiamo fatto nelle precedenti otto lezioni su “Trotzkismo o Leninismo?”. Vi preghiamo di andare magari a vedere queste lezioni in modo tale da avere un quadro esaustivo dell’opera di Stalin.
E si chiede Stalin:
perché ha avuto bisogno Trotsky di tutte queste leggende sull'Ottobre e sulla preparazione dell'Ottobre, su Lenin e sul partito di Lenin? A che cosa dovevano servire i nuovi scritti di Trotsky contro il partito?
Forse la risposta è nell’urgenza sfrenata di protagonismo? Puro egocentrismo? Il voler essere considerato il primo, il più importante, l’artefice anche se nella realtà si mancano le capacità teoriche, politiche e di leadership? E quindi si cade nella calunnia, nell’attacco politico e personale, non solo nei confronti del partito e del Comitato Centrale, ma di singoli compagni come Stalin e Lenin? Ma ciò lo vedremo.
Chi ci ha seguito sin dall’inizio dell’analisi di questo testo di Stalin conoscerà sicuramente la nostra esposizione e avrà compreso la figura politica di Trotsky completamente documentata, il suo anti-leninismo sin da subito e, per tratti importanti, il suo anti-marxismo. Trotsky è stato spesso contro la linea di Lenin, sin dal II congresso del P.O.S.D.R.
Siamo ora nel 1924, anno in cui esce “Trotzkismo o Leninismo?” di Stalin, anni dopo la rivoluzione d’Ottobre e Trotsky cerca di “menomare”, dice Stalin, “il prestigio del principale artefice dell'insurrezione d'Ottobre, del partito che organizzò e attuò quest'insurrezione”, guidato naturalmente da Lenin.
Vogliamo essere chiari qui. La rivoluzione non è un pranzo di gala, come diceva Mao, e fu Lenin a guidarla nel 1917, affrontando immense difficoltà, come abbiamo esaminato nelle nostre lezioni. La nostra domanda ai lavoratori è, quindi: pensate che con Trotsky alla guida avremmo avuto lo stesso risultato?
Vi diciamo la nostra. Con Trotsky non avremmo avuto neanche i bolscevichi e il partito comunista bolscevico, poiché Trotsky non ha mai avuto la capacità di aggregare a sé la classe operaia ed era come già visto un revisionista, un social-democratico, un po’ menscevico un po’ bonapartista. Quindi, ciò che Trotsky è oggi è solo il frutto della falsa propaganda borghese anti-staliniana; non in Russia, fateci caso, ma fuori dalla Russia grazie al grande lavoro delle strutture mediatiche imperialistiche.
Stalin scrive qualcosa che è assolutamente in linea con la storia documentata proprio grazie alle dichiarazioni di Trotsky, ovvero che l’intenzione dello stesso Trotsky
consiste nel fatto che nelle sue esternazioni letterarie egli compie un altro (ennesimo!) tentativo di preparare il terreno per sostituire il trotzkismo al leninismo. Trotsky è preso alla gola dal bisogno di denigrare il partito e i suoi quadri che attuarono l'insurrezione, per poi passare dalla denigrazione del partito alla denigrazione del leninismo. La denigrazione del leninismo, a sua volta, è necessaria per contrabbandare il trotzkismo come l'unica ideologia proletaria (non è uno scherzo!). Tutto questo, naturalmente (ci mancherebbe altro!) sotto la insegna del leninismo, affinché la sostituzione avvenga nel modo più indolore possibile.
Un atteggiamento, un modus operandi assolutamente controrivoluzionario. Così come prima della rivoluzione d’Ottobre, Trotsky ha avuto una linea tendenzialmente menscevica, reazionaria; ora dopo la rivoluzione tale linea si è trasformata in controrivoluzionaria. Il contrasto tra Trotsky e Lenin è chiaro, netto, antitetico per natura, magari soffocato e falsamente equidistante tra Lenin e altre componenti del mondo socialista ma solo falsamente.
Ricordiamo alcuni fatti che in parte, e solo in parte, vi abbiamo già presentato nel video “Introduzione” al testo “Trotskismo o Leninismo?” di Stalin.
Primo. Al II Congresso del P.O.S.D.R, si discute l’articolo n.1 dello statuto. Scrive la commissione che
due formule si trovavano di fronte: quella di Lenin, sostenuta da Plekhanov e dagli iskristi fermi, e quella di Martov, sostenuta da Axelrod, dalla Zassulic, dagli iskristi instabili, da Trotsky e da tutta l’ala apertamente opportunista del congresso.
Quindi già dal 1903, Trotsky si trova sul campo opposto rispetto a Lenin.
Secondo. Dopo il II Congresso,
i menscevichi costituirono, all’insaputa del partito, un’organizzazione frazionistica, ostile al partito, alla cui testa si trovavano Martov, Trotsky e Axelrod, e «scatenarono - come scriveva Martov - una sollevazione contro il leninismo».
Terzo. Sugli eventi della guerra russo-giapponese, scrive la commissione che
l’atteggiamento dei bolscevichi e dei menscevichi non fu Io stesso.
I menscevichi compreso Trotsky, scivolarono su posizioni guerrafondaie, cioè erano disposti a difendere la «patria» dello zar, dei proprietari fondiari e dei capitalisti.
Lenin e i bolscevichi, al contrario, ritenevano utile la sconfitta del governo zarista, in quella guerra brigantesca, perché avrebbe indebolito lo zarismo e rafforzato la rivoluzione.
Quarto. Siamo nell’ottobre 1905, precisamente il 13 (26) ottobre del 1905. Scrive la commissione che
in tutte le fabbriche e officine di Pietroburgo si svolsero le elezioni del Soviet dei deputati operai. Nella stessa notte, si tenne la prima seduta del Soviet. Seguendo l’esempio di Pietroburgo, un Soviet di deputati operai fu costituito a Mosca.
Il Soviet dei deputati operai di Pietroburgo, essendo il Soviet del massimo centro industriale e rivoluzionario della Russia, della capitale dell’impero zarista, avrebbe dovuto svolgere una funzione decisiva nella rivoluzione del 1905. Invece, non adempì ai suoi compiti, data la sua direzione cattiva, menscevica. Com’è noto, Lenin, in quel tempo, non si trovava a Pietroburgo; egli era ancora all’estero. I menscevichi approfittarono della sua assenza per insinuarsi nel Soviet di Pietroburgo ed impadronirsi della direzione. Non è quindi strano che, in tali condizioni, i menscevichi Khrustalev, Trotsky, Parvus e altri potessero orientare il Soviet di Pietroburgo contro la politica dell’insurrezione. Invece di avvicinare al Soviet i soldati, di unirli in una lotta comune, essi richiesero che i soldati fossero allontanati da Pietroburgo. Invece di armare gli operai e di prepararli all’insurrezione, il Soviet segnava il passo, opponendosi ai preparativi d’insurrezione.
Quinto. Passiamo al 1907, dieci anni prima la rivoluzione d’ottobre. Scrive la commissione che
nel maggio del 1907 si riunì a Londra il V Congresso del P.O.S.D.R.
In complesso assistevano al congresso 336 delegati. I bolscevichi erano 105; 97 i menscevichi. Gli altri delegati rappresentavano le organizzazioni socialdemocratiche nazionali, quella dei socialdemocratici polacchi e lettoni e il Bund, che erano stati ammessi nel P.O.S.D.R. durante il congresso precedente.
Trotsky tentò di costituire al congresso un suo gruppetto centrista, cioè semi-menscevico, ma nessuno volle seguirlo.
I bolscevichi, che erano appoggiati dai polacchi e dai lettoni, ottennero una stabile maggioranza al congresso.
Sesto. Siamo negli anni della reazione di Stolypin. Ed è in questo frangente storico che i bolscevichi si trovarono a lottare per
conservare e rafforzare le organizzazioni illegali del partito, e contestualmente, utilizzare ogni possibilità legale, ogni pretesto legale, che permettesse di mantenere e conservare i legami con le masse e di rafforzare così il partito.
Questo li condusse a lottare contro i liquidatori, ovvero coloro che volevano sbarazzarsi delle organizzazioni illegali del partito, e a lottare contemporaneamente contro gli otzovisti, coloro che si rifiutavano di lavorare nei sindacati operai e nelle altre organizzazioni legali. La linea di difesa dei bolscevichi, invece, in questi anni di reazione zarista era semplice e ben espressa da Stalin, il quale scrive:
in quel periodo, il nostro partito operò una svolta, dalla lotta rivoluzionaria aperta contro lo zarismo ai metodi indiretti di lotta, all’utilizzazione di ogni e qualsiasi possibilità legale, dalle casse per le assicurazioni sociali alla tribuna della Duma. Periodo di ritirata, dopo che eravamo stati battuti nella rivoluzione del 1905. Questa svolta ci impegnava ad assimilare metodi di lotta nuovi, per poter ritornare - dopo aver raccolte le forze - alla lotta rivoluzionaria aperta contro lo zarismo.
E, come riporta la commissione,
combattendo gli avversari dichiarati della rivoluzione, ossia i liquidatori che eran diretti da Dan, Axelrod, Potressov e aiutati da Martov, Trotsky e altri menscevichi, bolscevichi lottavano anche tenacemente contro i liquidatori camuffati, contro gli otzovisti che coprivano il loro opportunismo con una fraseologia di «sinistra».
Settimo. Arriviamo a uno dei passaggi più importanti della lotta tra i bolscevichi e i revisionisti, ovvero i menscevichi, i trotzkisti, i liquidatori, gli otzovisti. Siamo nel 1912 e il blocco d’Agosto. Abbiamo già accennato in passato a questi fatti storici ma è sempre utile ribadirli. Iniziamo da ciò che riporta la storia, ovvero che
mentre i bolscevichi lottavano inflessibilmente su due fronti – contro i liquidatori e contro gli otzovisti – per sostenere la linea ferma e conseguente del partito proletario, Trotsky sosteneva i menscevichi-liquidatori. Fu proprio in quegli anni che Lenin lo chiamò «il piccolo Giuda- Trotsky».
Ecco cosa Lenin scriveva allora sul conto suo: «Trotsky ha agito come il più infame arrivista e frazionista… Fa molte chiacchiere sul partito, ma la sua condotta è peggiore di quella di tutti gli altri frazionisti».
Cosa implica questo passaggio? Semplicemente ciò che diciamo da tempo, ovvero che Trotsky ha sempre cercato di nascondere la sua opposizione a Lenin e al leninismo, dissimulando tale avversione con una patina di neutralità, di falsa equidistanza ma capita che le verità emergano. Difatti, ricordiamoci sempre che è sempre Lenin che dirà che il non-bolscevismo di Trotsky non è un fatto casuale.
Difatti, proprio sul blocco d’Agosto,
Trotsky fu l’organizzatore del blocco d’Agosto, ossia del blocco di tutti i gruppi e di tutte le tendenze antibolsceviche, contro Lenin, contro il partito bolscevico. In quel blocco ostile al bolscevismo, liquidatori e otzovisti si unirono, mostrando così la loro affinità.
Trotsky e i trotzkisti assumevano, in tutte le questioni fondamentali, una posizione liquidatrice.
Ma Trotsky dissimulava col centrismo la sua posizione di liquidatore, presentandosi sotto la maschera di conciliatore; egli pretendeva di trovarsi al di fuori tanto dei bolscevichi che dei menscevichi e pretendeva di volerli conciliare.
De facto, i trotskisti insieme alle altre componenti revisioniste avevano l’obiettivo di annientare il leninismo pensando di poterlo sostituire.
Scrive la commissione che
il trotzkismo era il gruppo principale che voleva introdurre il centrismo nel partito.
E sul centrismo dice Stalin (vedi il lavoro “Le questioni del leninismo” di Stalin) che
il centrismo è una nozione politica. La sua ideologia è l’ideologia dell’adattamento, l’ideologia della sottomissione degli interessi del proletariato agli interessi della piccola borghesia, in seno ad un unico partito comune. Questa ideologia è estranea e contraria al leninismo.
In parole semplici, il trotzkismo non esiste poiché è equivalente al revisionismo e all’opportunismo. Il trotzkismo è interscambiabile con revisionismo e opportunismo. Non è nulla di nuovo. Nel socialismo, il trotzkismo significa controrivoluzione, ovvero ritorno alla dittatura della borghesia, poiché è proprio ciò che ha sempre ricercato durante la fase pre-rivoluzionaria.
Scrive la commissione che
nella loro lotta contro i bolscevichi, tutti i menscevichi, di qualunque sfumatura, da Axelrod e Martynov a Martov e Trotsky, impugnavano immancabilmente le armi tolte dall’arsenale dei socialdemocratici dell’Europa occidentale. Costoro volevano avere in Russia un partito, come per esempio, il partito socialdemocratico tedesco o francese. Ed è proprio perché sentivano nei bolscevichi un non so che di nuovo, d’insolito, di diverso dai socialdemocratici dell’Occidente, che i menscevichi li combattevano. Che cosa erano dunque i partiti socialdemocratici dell’Occidente? Essi erano un miscuglio, un’accozzaglia di elementi marxisti e di elementi opportunisti, di amici e di avversari della rivoluzione, di fautori e di avversari dello spirito di partito: un miscuglio in cui, progressivamente, sull’arena ideologica, i primi transigevano con gli altri; nel quale i primi, progressivamente, si sottomettevano, di fatto, agli altri. Riconciliarsi con gli opportunisti? Con i traditori della rivoluzione? E in nome di che cosa? Domandavano i bolscevichi ai social democratici dell’Europa occidentale. Nel nome della «pace nel partito», nel nome dell’«unità», si rispondeva ai bolscevichi. Ma con chi l’unità? Con gli opportunisti? Sì, rispondevano, con gli opportunisti. Era evidente che partiti di tal fatta non potevano essere partiti rivoluzionari!
E difatti questi partiti socialdemocratici europei non furono mai rivoluzionari. In realtà caddero sempre più tra le mani della borghesia. Sin dalla seconda internazionale e ciò fu un processo irreversibile. Il problema vero sta nel fatto che i bolscevichi permisero a Trotsky e al suo gruppetto di entrare nel partito nell’agosto del 1917, ma lì ci arriveremo. Intanto siamo nel 1912, anno in cui si tenne la VI Conferenza panrussa del P.O.S.D.R.
Conferenza importantissima poiché consacrò l’espulsione dei menscevichi dal partito.
Scrive difatti la commissione che
la Conferenza di Praga, cacciando i menscevichi dal partito consacrò l’esistenza indipendente del partito bolscevico. Cacciati i menscevichi dal partito, i bolscevichi conservarono nelle loro mani la vecchia bandiera del partito, la bandiera del P.O.S.D.R. Ecco perché il partito dei bolscevichi fino al 1918 continuò a chiamarsi Partito Operaio Socialdemocratico di Russia, con l’aggiunta fra parentesi della parola: «bolscevico».
Su questo fondamentale evento, scrive Stalin che
quella conferenza ha avuto un’importanza grandissima nella storia del nostro partito perché ha tracciato una linea di separazione tra i bolscevichi e i menscevichi e ha unificato le organizzazioni bolsceviche in tutto il paese in un unico partito bolscevico.
Ottavo. Passiamo agli eventi del Primo Maggio del 1912. Abbiamo superato gli anni della reazione e lo spirito rivoluzionario comincia a riemergere. Il fatto antecedente al 1° maggio è il seguente. Scrive la commissione che
il 4 aprile 1912, durante lo sciopero nelle miniere d’oro della Lena, in Siberia, per ordine d’un ufficiale della gendarmeria zarista, caddero uccisi o feriti più di 500 operai.
Questo episodio smosse gli operai in diverse città russe. Scrive Lenin che
il grandioso sciopero del 1° Maggio del proletariato di tutta la Russia e le dimostrazioni di strada che ne seguirono, i proclami rivoluzionari e i discorsi rivoluzionari pronunciati dinanzi alle folle operaie, hanno dimostrato chiaramente che la Russia è entrata in una fase di ascesa rivoluzionaria.
E così fu poiché allo sciopero del 1° maggio parteciparono 400-mila operai. Bisognava cavalcare il processo rivoluzionario poiché, come appena rimarcato da Lenin, si era entrati in una fase di ascesa rivoluzionaria. Invece, i revisionisti, i trotskisti, ecc., si pronunziarono contro gli scioperi come metodo di lotta.
I menscevichi, i liquidatori, con il loro alleato Trotsky, scrive la commissione, volevano
sostituire alla lotta rivoluzionaria del proletariato una «campagna di petizioni». Gli operai venivano invitati a firmare una carta che si sarebbe poi dovuta inviare alla Duma, ossia una «petizione», una richiesta riguardante i loro «diritti».
Nono. Arriviamo al 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale e ai crediti di guerra. Scrive la commissione che
il 4 agosto 1914, la socialdemocrazia tedesca votò in Parlamento per i crediti di guerra, per l’appoggio alla guerra imperialistica. Altrettanto fece la stragrande maggioranza dei socialisti in Francia, Inghilterra, Belgio e altri paesi.
La II Internazionale aveva cessato di esistere. I partiti della II Internazionale predicavano apertamente l’abbandono della lotta rivoluzionaria, predicavano la teoria dell’«integrazione pacifica del capitalismo nel socialismo». In Russia, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari russi, ovvero i cosiddetti social-sciovinisti, predicavano la «pacificazione fra le classi», fra operai e borghesi nel seno del paese. Erano per la guerra.
E poi vi erano social-sciovinisti mascherati, i cosiddetti centristi. I centristi - Kautsky, Trotsky, Martov e altri - giustificavano e difendevano i social-sciovinisti dichiarati. I centristi erano per la guerra; giacché la loro proposta di non votare contro i crediti di guerra, ma di astenersi dal voto, voleva dire infatti aiutare la guerra.
Anche qui, mentre Lenin e i bolscevichi erano contro la guerra imperialistica, Trotsky remava contro le posizioni di Lenin.
Come vedete, cari compagni, quando si studiano i fatti, quando si studia la storia e si è quindi protetti contro la propaganda borghese e revisionista, si comprende come su tutte le questioni più importanti riguardanti la guerra e il socialismo, Trotsky era contro Lenin, contro il partito bolscevico.
Decimo. Arriviamo al VI Congresso di cui abbiamo discusso qualche lezione fa. Questo Congresso fu importante nel bene e nel male. Nel male perché accettò nel partito Trotsky e il suo piccolo gruppo dei cosiddetti interrionali. Scrive la commissione che
il congresso ne accolse la domanda, pensando che, col tempo, avrebbero potuto diventare dei veri bolscevichi. Infatti, alcuni mezrayonzi, come Volodarski, Urizki e altri, divennero veramente bolscevichi. In quanto a Trotsky e certi suoi amici intimi, come si vide in seguito, essi erano entrati nel partito, non per lavorare a suo vantaggio, ma per scalzarlo alle radici e farlo saltare dall’interno.
Difatti, l’entrata da parte del gruppo degli interrionali nel partito aveva un requisito, uno solo veramente importante. Lasciare sulla soglia tutto il bagaglio antibolscevico prima di entrare.
Trotsky e i suoi seguaci avrebbero quindi dovuto lasciarsi alle spalle decenni di anti-leninismo e d’un tratto lavorare per il partito. Fu naturalmente un errore ammetterli nel partito poche settimane prima della rivoluzione d’Ottobre (ricordiamo che ciò avvenne nell’Agosto del 1917).
Scrive Stalin:
come è potuto accadere che Trotsky, il quale ha sulle spalle un fardello tanto sgradevole, si sia ciò nondimeno trovato nelle file dei bolscevichi durante il movimento d’Ottobre? Ciò è accaduto perché Trotsky aveva allora rinunciato (rinunciato di fatto) al suo fardello, lo aveva nascosto in un armadio. Senza questa "operazione" una collaborazione seria con Trotsky sarebbe stata impossibile. A Trotsky non rimase altro che riconoscere che la sua teoria non serviva a niente.
Vi dicevamo all’inizio della lezione che il trotskismo è equivalente al revisionismo nell’anima, e nella tattica ha venature di bonapartismo. Quando parliamo di bonapartismo ci riferiamo al fatto che Trotsky non vedeva affatto i contadini poveri, le decine di milioni di contadini poveri, come alleati della classe operaia per la rivoluzione socialista. Al contrario dei bolscevichi, Trotsky pensava di poter fare la rivoluzione solo con la classe operaia. Vi ricordate la parola d’ordine anti-leninista di Trotsky? “Via lo zar, governo operaio”. Ovvero rivoluzione senza i contadini.
Noi abbiamo sempre detto e qui lo ribadiamo che la classe operaia guida la rivoluzione ed è classe egemone, dirigente, nei confronti delle classi alleate. Nella Russia del 1917 i contadini poveri condividevano l’obiettivo della classe operaia, quindi, perché non averli come alleati dato che la gran parte dei soldati e dei marinai veniva da quella categoria sociale? È incomprensibile da un punto di vista tattico, ed è anche qui l’impreparazione e soprattutto l’improvvisazione da parte di Trotsky che di fatto, cari compagni, gioca a fare la rivoluzione, senza pensare e analizzare la questione nei minimi dettagli. Nelle rivoluzioni, ci sono sempre milioni di vite a rischio.
Scrive Stalin su questo punto che
Trotsky vuole "scavalcare" il movimento contadino, "giocare alla presa del potere". Il pericolo che una simile rivoluzione, se ci si provasse a realizzarla, finirebbe con un immancabile fallimento, poiché essa staccherebbe dal proletariato russo il suo alleato, cioè i contadini poveri.
Dal punto di vista di Trotsky, invece, l’alleanza con i contadini poveri, ricordiamo sempre guidata dalla classe operaia, contiene in sé “tratti antirivoluzionari.”
Scrive Stalin che
Trotsky non poteva ignorare che i bolscevichi non gli avrebbero permesso di "giocare alla presa del potere", per dirla con le parole di Lenin. A Trotsky non rimase che accettare la politica dei bolscevichi: lotta per l'influenza nei Soviet, lotta per la conquista dei contadini.
Continua Stalin:
Che altro poteva fare Trotsky, in una simile situazione, se non nascondere il suo fardello nell'armadio e seguire i bolscevichi, egli che non aveva dietro di sé nessun gruppo anche minimamente serio e che arrivava dai bolscevichi come singola personalità, priva di esercito? Chiaramente non poteva fare altro!
Quale lezione bisogna trarne? [Continua Stalin] La lezione è una sola: la collaborazione durevole dei leninisti con Trotsky è possibile soltanto a condizione che questi rinunci completamente al suo vecchio fardello, a condizione che aderisca completamente al leninismo.
Lezione che, guardando la storia da lontano a distanza di decenni, pare essere assolutamente anti-dialettica. I bolscevichi avrebbero dovuto essere più accorti e non permettere assolutamente l’entrata di Trotsky nel partito. Che ciò ci sia d’insegnamento per il futuro.