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Verso la rivoluzione socialista

Ci siamo lasciati la scorsa lezione di “Dialogando con Stalin” con la sconfitta di Kornilov. Avevamo detto, e qui riprendiamo per connettere gli eventi, che la vittoria contro Kornilov fu molto importante poiché permise di comprendere la vera forza della rivoluzione e la strutturale debolezza del campo borghese che aveva al seguito gli ufficiali, il partito dei cadetti, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari.

Video-lezione disponibile sul canale YouTube della Scuola Rossa: https://youtu.be/bxgVc4yCmh8?si=ZsVMLYcFi7LueF4w

E come riportava la commissione:

l’influenza dei bolscevichi nei Soviet si accrebbe più che mai. Pur non essendo ancora un partito al governo, nei giorni del complotto di Kornilov, il nostro partito si era affermato come la vera forza al governo, perché le sue direttive erano eseguite dagli operai e dai soldati senza esitare.

Inoltre,

l’influenza dei bolscevichi aumentava rapidamente nelle campagne. La rivolta di Kornilov aveva dimostrato alle grandi masse contadine che i proprietari fondiari e i generali, schiacciati che fossero i bolscevichi e i Soviet, avrebbero messo i piedi sul collo dei contadini. Ecco perché le grandi masse di contadini poveri si raccolsero sempre più strettamente attorno ai bolscevichi.

La marea rivoluzionaria saliva. I Soviet passano dalla parte dei bolscevichi.

Scrive Stalin in che

va considerato come tratto caratteristico di questo periodo, la rapida maturazione della crisi, lo smarrimento completo dei circoli dirigenti, l’isolamento dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi e il passaggio in massa degli elementi esitanti dalla parte dei bolscevichi.

Il giorno dopo la vittoria su Kornilov, il 31 agosto (13 settembre), il Soviet di Pietrogrado passa dalla parte dei bolscevichi. Il 5 (18 settembre) anche il Soviet di Mosca passa dalla parte dei bolscevichi. Di conseguenza, la parola d’ordine “Tutto il potere ai Soviet” diviene la parola d’ordine dell’insurrezione, della preparazione alla rivoluzione socialista.

Nel testo di John Reed “I dieci giorni che sconvolsero il mondo”, tra le note, vi è riportata la tabella comparativa e riassuntiva delle elezioni municipali di settembre a Mosca. Pubblicata sulla “Novaja zizn”, questa tabella testimonia la “bancarotta della politica di coalizione con le classi possidenti” da parte dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari. Difatti, paragonando la consistenza numerica dei partiti tra il giugno del 1917 e il settembre del 1917, i socialisti rivoluzionari passano da 58 a 14 membri eletti, i menscevichi da 12 a 4 membri eletti. Quindi entrambi i partiti in forte calo. Chi aumenta il numero degli eletti nella duma di Mosca sono i bolscevichi, da 11 a 47 membri eletti, e i cadetti (il partito della borghesia) da 17 a 30 membri eletti.

Nel mese di settembre del 1917, quindi, avviene la forte migrazione delle masse e dei Soviet dai partiti conciliatori ai bolscevichi.

Come riporta la commissione incaricata dal Comitato Centrale:

I partiti conciliatori cominciarono a sbandare. Sotto la pressione dei contadini animati da spirito rivoluzionario, dai socialisti-rivoluzionari si staccò un’ala sinistra, i socialisti-rivoluzionari «di sinistra», che esprimeva il suo malcontento nei riguardi della politica di conciliazione con la borghesia. Tra i menscevichi si formò, a sua volta, un gruppo di «sinistri», i cosiddetti «internazionalisti» che propendevano per i bolscevichi.

Scrive Stalin relativamente a questo periodo pre-rivoluzionario:

Vi erano in quel periodo dissensi in seno al Comitato Centrale? Sì, ve ne erano, e abbastanza importanti. Ho già parlato dei dissensi sul problema dell'insurrezione. Essi sono rispecchiati interamente nei verbali del CC del 10 e del 16 ottobre.

Vedremo nel dettaglio questi verbali ma prima continuiamo la nostra disamina dei fatti accaduti nel settembre del 1917, in particolare della questione del Preparlamento.

Scrive la commissione che

Dopo la disfatta di Kornilov, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari fecero ancora un tentativo per trattenere l’ascesa rivoluzionaria sempre più vigorosa. A tal fine, essi convocarono per il 12 (25) settembre 1917 una conferenza democratica panrussa composta dei rappresentanti dei partiti socialisti, dei Soviet conciliatori, dei sindacati, degli zemstvo, dei circoli industriali e commerciali e dell’esercito. La conferenza designò nel suo seno un Preparlamento (Consiglio provvisorio della repubblica). I conciliatori speravano di riuscire, servendosi di questo Preparlamento, ad arrestare la rivoluzione e a far passare il paese dalla via della rivoluzione sovietica sulla via dello sviluppo costituzionale borghese, sulla via del parlamentarismo borghese.

Che fine si proponeva il Preparlamento”, si chiede Stalin?

Di aiutare la borghesia a respingere nell’ombra i Soviet e a porre le fondamenta del parlamentarismo borghese.

Che cose poteva significare in quella situazione la partecipazione dei bolscevichi al Preparlamento”, si chiede anche Stalin?

Null’altro che indurre in errore le masse proletarie sul vero carattere del Preparlamento.

I relatori per il boicottaggio del Preparlamento furono Stalin e Trotsky; i relatori favorevoli alla partecipazione furono invece Kamenev e Noghin. Lenin fu contrario.

Scrive difatti Lenin in “Dal diario di un pubblicista- gli errori del nostro partito”, Vol. 26 delle Opere complete che

quanto più si pensa al significato della cosiddetta Conferenza democratica, quanto più la si considera attentamente restando in disparte, tanto più si è fermamente convinti che il nostro partito ha commesso un errore partecipandovi. Bisognava boicottarla.

Vorrei riprendere alcuni passaggi di questo scritto di Lenin poiché molto importanti e che ci servono per comprendere le motivazioni dietro le quali la partecipazione alla conferenza democratica e al Preparlamento furono errori.

Prima di tutto, Lenin chiarisce come

nel paese si sviluppa evidentemente una nuova rivoluzione che sarà la rivoluzione di altre classi (rispetto alle classi che hanno compiuto la rivoluzione contro lo zarismo). Quella fu la rivoluzione anti-zarista del proletariato, dei contadini e della borghesia alleata al capitale finanziario anglo-francese. Oggi si sviluppa la rivoluzione del proletariato e della maggioranza dei contadini, e precisamente dei contadini poveri, contro la borghesia, contro il suo alleato, il capitale finanziario anglo-francese, contro il suo apparato governativo diretto dal bonapartista Kerensky.

Nella rivoluzione democratica del febbraio (marzo) del 1917,

l’avanguardia [continua Lenin] era formata dagli operai e dai soldati, e cioè dal proletariato e dagli strati avanzati dei contadini. Questa avanguardia trascinò con sé non soltanto molti degli elementi peggiori, esitanti della piccola borghesia ma anche il partito monarchico dei cadetti e la borghesia liberale, facendone dei repubblicani. Perché questa trasformazione è stata possibile?

Perché il dominio economico per la borghesia è tutto, mentre la forma del potere politico è cosa secondaria: la borghesia può dominare anche sotto la repubblica, anzi con la repubblica il suo dominio è più sicuro, in quanto con questa forma politica nessun cambiamento nella composizione del governo o nella composizione e nel raggruppamento dei partiti dominanti può danneggiarla.

Oggi, invece, in questa nuova fase pre-rivoluzionaria da intendersi come fase antecedente alla rivoluzione proletaria, socialista, la classe operaia e i contadini poveri, continua Lenin,

cioè la maggioranza del popolo, sono entrati, con la borghesia e l’imperialismo «alleato» (e anche mondiale), in un rapporto tale che non possono più «trascinare» con sé la borghesia. Per di più, gli strati superiori della piccola borghesia e gli strati più agiati della piccola borghesia democratica sono palesemente ostili alla nuova rivoluzione. I rapporti reciproci tra le classi sono mutati. Questo è l’essenziale.

Ma cosa significa interpretare in modo marxista i fatti storici correnti e prendere le giuste decisione tattiche? Lenin riprende due esempi che denotano come non sia banale prendere le giuste decisioni al momento, e come ci sia necessità dello studio del marxismo per poter discernere la corretta via dalla quella errata. Dopotutto, la via verso l’emancipazione della classe operaia non si improvvisa.

Il primo esempio è sulla Duma di Bulyghin. I bolscevichi erano per il boicottaggio. Perché?

Siamo nel 1905 durante i moti della prima rivoluzione russa e il governo dello zar continuava le repressioni contro gli operai e i contadini in modo selvaggio e crudele. Da una parte lo zar,

con l’aiuto dei provocatori, aizzava gli uni contro gli altri i popoli della Russia e organizzava i pogrom contro gli ebrei e i massacri armeno-tartari; dall’altro, prometteva di convocare un organo rappresentativo, una Duma di Stato

che Bulyghin organizzò senza poteri legislativi. Perché organizzare questa Duma? Perché, come riporta Lenin, lo zar nel 1905 diceva ai proprietari feudali:

Oggi siamo deboli. L’ondata della rivoluzione operaia e contadina sale. Bisogna ingannare la «plebaglia», bisogna fingere di accontentarla...

La Duma di Bulyghin serviva proprio per ingannare operai e contadini e cercare di smorzare la fase ascendente della rivoluzione.

Scrive la commissione che

i bolscevichi chiamarono al boicottaggio della Duma di Bulyghin, ponendosi lo scopo di far abortire quella caricatura di rappresentanza popolare. I menscevichi invece avevano deciso di non sabotare la Duma, e avevano considerato necessario parteciparvi.

Scrive difatti Lenin:

Perché il boicottaggio della Duma di Bulyghin fu una tattica giusta?

Perché corrispondeva al rapporto obiettivo delle forze sociali nel loro sviluppo. Il boicottaggio dava alla rivoluzione che si sviluppava la parola d’ordine dell’abbattimento del vecchio potere il quale, per distogliere il popolo dalla rivoluzione, convocava un organo consultivo grossolanamente artefatto e che non offriva perciò alcuna prospettiva di potersi seriamente «aggrappare» al parlamentarismo, a un’istituzione (Duma di Bulyghin). I mezzi di lotta extraparlamentari del proletariato e dei contadini erano più forti. Ecco da quali fattori fu determinata la tattica giusta, adeguata alla situazione obiettiva, del boicottaggio della Duma di Bulyghin.

Il secondo esempio è sulla III Duma. I bolscevichi erano contro il boicottaggio. Perché? Perché, come riporta Lenin, lo zar nel 1907 diceva ai proprietari feudali:

Siamo forti oggi. L’ondata della rivoluzione operaia e contadina rifluisce. Ma non possiamo mantenerci al potere coi vecchi metodi, e l’inganno, da solo, non basta. Occorre una nuova politica nelle campagne, occorre un nuovo blocco economico e politico con la borghesia.

La rivoluzione del 1905-1907 era esaurita e si entrava negli anni della reazione di Stolypin. Ciò indicava che si entrava in una fase in cui era necessario difendere ciò che rimaneva del movimento rivoluzionario, si giocava in difesa, il movimento operaio e contadino rivoluzionario erano su posizioni di difesa.

Scrive difatti Lenin che:

la situazione obiettiva era questa: da un lato, la rivoluzione era in piena fase discendente e continuava a declinare. Per una ripresa della rivoluzione, l’appoggio parlamentare (anche dall’interno di una «stalla») acquistava una immensa importanza politica, giacché i mezzi extraparlamentari di propaganda, di agitazione e di organizzazione quasi non esistevano o erano estremamente deboli. D’altro lato la III Duma, nonostante il suo grossolano reazionarismo, era l’organo dei rapporti effettivamente esistenti tra le classi sociali, e precisamente dell’unione, attuata da Stolypin, tra la monarchia e la borghesia. Il paese doveva superare questi nuovi rapporti di classe. Tali sono i fattori che determinarono la tattica della partecipazione alla III Duma, tattica giusta e corrispondente alla situazione obiettiva.

Quindi, continua Lenin nel suo intervento dal titolo “Dal diario di un pubblicista- gli errori del nostro partito”, che

nell’affrontare marxisticamente la questione del boicottaggio o della partecipazione, basta riflettere su questi insegnamenti dell’esperienza per convincersi che la tattica della partecipazione alla «Conferenza democratica», al «Consiglio democratico» o Preparlamento è del tutto sbagliata.

Questo passaggio è di notevole importanza, per due motivi. Il primo ci riguarda da vicino e indica come sia lo studio corretto degli eventi storici, come sia proprio l’educazione teorica, politica, storica, a indicarci la corretta via, senza che ci sia necessità di qualcuno, di un capo popolo che indichi alla classe operaia bue e cieca dove andare. È onore di ogni singolo operaio e lavoratore salariato studiare, sempre e comunque, nel tempo a disposizione per non cadere vittima di capi-popolo, uomini soli al comando, che in quanto tali operano in modo antimarxista. Secondo motivo, e torniamo nel 1917, siamo nella fase ascendente della rivoluzione e come nel 1905, il Preparlamento è un freno al proseguimento della seconda fase della rivoluzione, non un ancora di salvataggio come poteva essere la III Duma di Stato nella fase discendente, di difesa di ciò che rimaneva dei tre anni “rivoluzionari” 1905-1907.

Perché è sbagliata la partecipazione al Preparlamento ed è invece necessario il boicottaggio? Perché, come riporta Lenin, Kerenski direbbe ai cadetti, ai filistei senza partito, ai menscevichi e ai socialisti-rivoluzionari:

Oggi siamo deboli. Il nostro potere vacilla. L’ondata della rivoluzione operaia e contadina contro la borghesia sale. Bisogna ingannare la democrazia ritingendo con nuovi colori il costume buffonesco che i menscevichi e socialisti-rivoluzionari indossano dal 6 maggio 1917 per ingannare il popolo. Non è difficile fingere di accontentarli con il «Preparlamento».

Quindi, continua Lenin:

Si possono così rappresentare tre situazioni: agosto 1905, settembre 1917, giugno 1907, per illustrare più chiaramente le basi obiettive della tattica del boicottaggio e il suo nesso coi rapporti di classe. Le classi oppresse sono sempre ingannate dagli oppressori, ma la portata di questo inganno varia secondo le fasi della storia. Non si può fondare una tattica sul solo fatto che gli oppressori ingannano il popolo: bisogna determinarla analizzando l’insieme dei rapporti di classe e lo sviluppo della lotta sia parlamentare che extraparlamentare.

La tattica della partecipazione al Preparlamento è sbagliata.

Bisogna boicottare il Preparlamento.

Ciò fu quindi il pensiero di Lenin sulla partecipazione al Preparlamento e sulla necessità di boicottarlo, e le parole di Stalin confermano la fermezza di Lenin. Scrive Stalin che Lenin flagellava nei suoi interventi, come abbiamo appena esposto, i sostenitori della partecipazione e che

la partecipazione al Preparlamento fu senza dubbio un grave errore.

Ci fu in effetti qualcuno del partito che partecipò. Su questo punto, scrive la commissione che:

i conciliatori speravano di riuscire, servendosi di questo Preparlamento, ad arrestare la rivoluzione e a far passare il paese dalla via della rivoluzione sovietica sulla via dello sviluppo costituzionale borghese, sulla via del parlamentarismo borghese.

Il Comitato Centrale del partito bolscevico decise di boicottarlo. E sebbene il gruppo bolscevico nel Preparlamento, dove si trovavano uomini dello stampo di Kamenev e Teodorovic, non volesse uscirne, il Comitato Centrale del partito li obbligò a lasciare i seggi del Preparlamento.

Kamenev e Zinoviev insistevano perché si partecipasse al Preparlamento, perché volevano distogliere in questo modo il partito dalla preparazione dell’insurrezione.

Lenin era ancora in clandestinità e ritornò a Pietrogrado dalla Finlandia solo il 7 (20) ottobre del 1917, 3 giorni prima della riunione del Comitato Centrale del partito che abbiamo già analizzato nelle prime lezioni di “Trotskismo o Leninismo?”, di Stalin.

In questa riunione molto importante si pone all’ordine del giorno l’insurrezione armata. Ci sono 12 presenti: Lenin, Zinoviev, Kamenev, Stalin, Trotsky, Sverdlov, Uritski, Dzerginski, Kollontai, Bubnov, Sokolnikov, Lomov. La risoluzione passa con 10 voti contro 2 (Kamenev & Zinoviev). Il partito decide quindi per l’insurrezione ma non indica, né tantomeno ne congela la data, al contrario di ciò che implica Trotsky il quale era tra l’altro presente alla riunione. Quindi o era distratto oppure mente.

Comunque, essendo la riunione del 10 (23) ottobre del 1917 molto importante, insieme a quella del 16 (29) ottobre, ne diamo qui lettura direttamente dalle Opere complete di Lenin.

Dalla SEDUTA DEL COMITATO CENTRALE DEL POSDR DEL 10 (23) OTTOBRE 1917.

Dal verbale

I. RAPPORTO

Lenin constata che dall’inizio di settembre si nota una certa indifferenza per il problema dell’insurrezione. Ciò è inammissibile, tra l’altro, se poniamo seriamente la parola d’ordine della conquista del potere da parte dei soviet. Perciò è ormai ora di rivolgere l’attenzione all’aspetto tecnico della questione. Già, evidentemente, si è perso molto tempo.

Tuttavia la questione è molto acuta e il momento decisivo è vicino.

La situazione internazionale è tale che l’iniziativa deve essere presa da noi. Quello che si trama, la ritirata fino a Narva e la resa di Pietrogrado, ci costringe ancor più ad azioni decisive.

La situazione politica agisce anch’essa chiaramente in questo senso.

Il 3-5 luglio le azioni decisive da parte nostra sarebbero fallite perché non avevamo con noi la maggioranza. Da allora, la nostra ascesa procede a passi da gigante. L’assenteismo e l’indifferenza delle masse si possono spiegare col fatto che le masse sono stanche di parole e risoluzioni.

La maggioranza è ora con noi La situazione politica è perfettamente matura per il passaggio del potete.

Il movimento contadino va pure in questa direzione, poiché è chiaro che sarebbero necessarie forze eroiche per soffocare questo movimento.

La parola d’ordine del passaggio di tutta la terra ai contadini è diventata una parola d’ordine generale nelle campagne. È una parola d’ordine di tutti i contadini. La situazione politica in tal modo è preparata. Bisogna parlare dell’aspetto tecnico. Tutto sta qui. Tuttavia noi, al rimorchio dei difensisti, siamo inclini a ritenere la preparazione sistematica dell’insurrezione come una specie di peccato politico. Attendere fino all’Assemblea costituente, che, è chiaro, non sarà con noi, non ha senso, poiché ciò significa rendere più difficile il nostro compito.

Bisogna sfruttare il congresso regionale e la proposta fattaci da Minsk per iniziare azioni decisive.

II. RISOLUZIONE

Il Comitato Centrale riconosce che, tanto la situazione internazionale della rivoluzione russa (l’insurrezione della flotta in Germania come manifestazione estrema in tutta Europa dello sviluppo delle forze della rivoluzione socialista mondiale, nonché la minaccia d’una pace fra gli imperialisti, allo scopo di soffocare la rivoluzione in Russia), quanto la situazione militare caratterizzata dall’incontestabile decisione della borghesia russa e di Kerenski e consorti di consegnare Pietrogrado ai tedeschi, quanto anche la conquista della maggioranza nei Soviet da parte del partito del proletariato - connesso tutto ciò con le sollevazioni contadine e con la svolta della fiducia del popolo verso il nostro partito (elezioni di Mosca) - ed, infine, l’evidente preparazione di un secondo tentativo simile a quello di Kornilov (allontanamento delle truppe da Pietrogrado, invio di cosacchi verso Pietrogrado, accerchiamento di Minsk da parte dei cosacchi ecc.), tutti questi fatti mettono l’insurrezione armata all’ordine del giorno. Riconoscendo in tal modo che l’insurrezione armata è inevitabile, ed è giunta del tutto a maturità, il Comitato Centrale invita tutte le organizzazioni del partito a regolarsi sulla base di questa constatazione, a discutere e risolvere da questo punto di vista tutte le questioni pratiche (Congresso dei Soviet della regione del Nord, allontanamento delle truppe da Pietrogrado, manifestazioni popolari di Mosca e di Minsk, ecc.).

Nessuna data, quindi.

Riportiamo anche il verbale della seduta della riunione del 16 (29) ottobre 1917.

SEDUTA DEL COMITATO CENTRALE DEL POSDR DEL 16 (29) OTTOBRE 1917

Dal verbale

I.

Lenin legge la risoluzione adottata dal CC nella sua seduta precedente (10 ottobre).

Informa che la risoluzione è stata approvata con due voti contrari. Se i compagni che hanno mosso obiezioni desiderano parlare, si può riaprire il dibattito; per ora egli motiva la risoluzione.

Se i partiti menscevico e socialista-rivoluzionario avessero rotto con la politica di conciliazione, si sarebbe potuto proporre loro un compromesso. Questa proposta è stata fatta, ma era chiaro che il compromesso sarebbe stato respinto da quei partiti. D'altro canto in quel momento si era ormai capito chiaramente che le masse erano per noi. Ciò avveniva ancor prima del colpo di Kornilov. A testimonianza porta la statistica delle elezioni a Pietrogrado e a Mosca.

Il colpo di Kornilov ha poi spinto ancora più decisamente le masse verso di noi. Il rapporto di forze alla Conferenza democratica.

La situazione è chiara: o la dittatura kornilovista, o la dittatura del proletariato con gli strati poveri dei contadini. Farsi guidare dallo stato d’animo delle masse è impossibile, perché esso è mutevole e sfugge a ogni calcolo; dobbiamo farci guidare dalla analisi e dalla valutazione obiettiva della rivoluzione. Le masse hanno dato fiducia ai bolscevichi ed esigono da loro non parole, ma fatti, una politica decisa sia nella lotta contro la guerra sia nella lotta contro lo sfacelo economico. Se si prende come base l’analisi politica della rivoluzione diviene perfettamente chiaro che perfino gli interventi di tipo anarchico confermano tutto questo.

Quindi analizza la situazione in Europa e dimostra che qui la rivoluzione è ancora più difficile che da noi; se in un paese come la Germania si è giunti all’ammutinamento della flotta, ciò dimostra che anche là le cose sono andate molto avanti. La situazione internazionale ci offre una serie di dati obiettivi che, se noi interveniamo ora, avremo dalla nostra parte tutta l’Europa proletaria; dimostra poi che la borghesia vuole consegnare Pietrogrado. Noi possiamo evitarlo solo prendendo Pietrogrado nelle nostre mani. Da tutto ciò si deduce chiaramente che è all’ordine del giorno l’insurrezione armata di cui si parla nella risoluzione del CC.

Per quel che riguarda le conclusioni pratiche da trarre dalla risoluzione, sarà meglio farlo dopo aver ascoltato i rapporti dei rappresentanti dei centri.

Dall’analisi politica della lotta di classe in Russia e in Europa deriva la necessità di una politica estremamente derisa e attiva, che può essere soltanto l’insurrezione armata.

II.

Lenin polemizza con Miliutin e Sciotman e dimostra che non si tratta delle forze armate, che non si tratta della lotta contro l’esercito, ma della lotta di una parte dell’esercito contro l’altra. Non vede il pessimismo in ciò che si è detto qui. Dimostra che le forze che sono dalla parte della borghesia non sono grandi. I fatti provano che noi abbiamo la superiorità sull’avversario. Perché il CC non può cominciare? Questo non si deduce da tutti i dati. Per respingere la risoluzione del CC bisogna dimostrare che non c’è sfacelo economico, che la situazione internazionale non conduce a delle complicazioni. Se rivoluzionari di professione chiedono che si prenda il potere, essi sanno benissimo che cosa vogliono. Le condizioni obiettive dimostrano che i contadini devono essere guidati; essi seguiranno il proletariato.

Qualcuno teme che noi non conserveremmo il potere, ma noi abbiamo proprio ora particolari possibilità di mantenere il potere.

Esprime l’augurio che il dibattito si svolga su un piano di discussione sostanziale della risoluzione.

III.

Se tutte le risoluzioni fossero state respinte cosi, non si potrebbe desiderare di meglio. Ora Zinoviev dice che la parola d’ordine «Il potere ai soviet» è da respingere, e che bisogna premere sul governo.

Se si dice che l’insurrezione è matura, non bisogna parlare di complotti.

Se politicamente l’insurrezione è inevitabile, bisogna considerare l’insurrezione come un’arte. E politicamente essa è già matura.

Proprio perché c’è pane solo per un giorno, non possiamo attendere l’Assemblea costituente. Propone di confermare la risoluzione, di accingersi risolutamente alla preparazione e di affidare al CC e al soviet il compito di decidere il momento.

IV.

Lenin obietta a Zinoviev che non si può contrapporre questa rivoluzione alla rivoluzione di febbraio. In sostanza propone la risoluzione: «L’Assemblea approva pienamente e sostiene completamente la risoluzione del CC, invita tutte le organizzazioni, tutti gli operai e i soldati a preparare in tutti gli aspetti e con tutte le forze l’insurrezione armata, ad appoggiare il centro creato a questo fine dal CC, ed esprime la piena fiducia che il CC e il soviet indicheranno tempestivamente il momento favorevole e i metodi opportuni per l’offensiva».

Da ciò si evince, soprattutto al punto III, come Lenin non avesse intenzione di attendere l’Assemblea costituente del 25 ottobre né tantomeno indicava la data dell’insurrezione armata dando mandato al comitato centrale e al Soviet di decidere il momento più propizio.

Difatti, scrive Stalin che

Lenin proponeva di prendere il potere prima del 25 ottobre per due ragioni. In primo luogo perché i controrivoluzionari potevano ad ogni momento cedere Pietrogrado, il che avrebbe dissanguato l'insurrezione imminente, e ogni giorno era quindi prezioso.

In secondo luogo perché l'errore del Soviet di Pietrogrado, che aveva fissato pubblicamente e annunciato ai quattro venti il giorno dell'insurrezione (25 ottobre), non poteva essere corretto.

Continua Stalin:

Il fatto è che Lenin considerava l'insurrezione come un'arte (come Marx tra l’altro) e non poteva non sapere che il nemico, informato (a causa dell'imprudenza del Soviet di Pietrogrado) del giorno dell'insurrezione, avrebbe certamente cercato di prepararsi per quel giorno, ragione per cui era necessario prevenire il nemico, cioè iniziare l'insurrezione assolutamente prima della data legale. È noto che l'insurrezione fu iniziata prima dell'apertura del Congresso dei Soviet di tutta la Russia.

 

Ultima modifica ilGiovedì, 24 Ottobre 2024 07:59
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