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Forze produttive e classi dominanti
di Manuel Santoro
La lotta di classe è l’effetto di una profonda incompatibilità tra le forze produttive, con un determinato grado di sviluppo, e i rapporti di produzione in una determinata epoca.
È certamente vero che la storia scritta dell’umanità è storia di lotte tra classi sociali antagoniste, dagli interessi cioè completamente diversi, ma ogni lotta di classe è più o meno cruenta a seconda della maturazione delle forze produttive e di quanto tale maturazione sia divergente rispetto ad obsoleti ordinamenti della produzione. Con ciò voglio rimarcare che i processi storici sono sempre dinamici, dialettici, e le società emergenti, temporaneamente rivoluzionarie ma destinate a divenire reazionarie, sono caratterizzate da un gradiente storico del conflitto tra gli attori della produzione.
All’ordinamento feudale, per esempio, hanno corrisposto le classi sociali dei proprietari fondiari, dei mastri artigiani, dei servitori della gleba ma il corto circuito tra le forze produttive e i rapporti di produzione non è avvenuto per mera volontà delle prime ma per una irrefrenabile necessità storica che richiedeva modifiche strutturali della produzione. In questo contesto storico, nella società feudale, l’elemento rivoluzionario, da intendere come necessità per una modifica strutturale della società civile e, quindi, dei rapporti economici, fu l’impossibilità da parte dei processi produttivi feudali di soddisfare la domanda di merci che cresceva parallelamente alla scoperta di nuovi mercati, come il continente americano, l’Africa, la Cina, ecc.
L’emersione della borghesia come classe sociale dominante nella nuova società emergente non è da intendere come effetto di una indipendente volontà insita nelle nuove forze produttive, troppo mature rispetto ai rapporti di produzione feudali, ma come imprescindibile rivoluzione degli strumenti di produzione atti a soddisfare nuovi bisogni. In altre parole, le nuove forze produttive “rappresentate dalla borghesia” portarono ad un superamento dei rapporti di produzione feudali. La nuova classe dominante “per conto” delle nuove forze produttive, rivoluzionò i processi produttivi relegando nella storia la società feudale al tramonto. È vero che il passaggio da una società ad un’altra viene determinato dal corto circuito tra le rivoluzionarie forze produttive e gli obsoleti rapporti di produzione e che tali nuove forze produttive sono rappresentate dalla nuova classe dominante nello scontro con la tramontante società civile. Il passaggio da una società all’altra è scontro tra classi dominanti di epoche storiche diverse.
E così avvenne che all’ordinamento feudale subentrò la manifattura, con “il ceto medio industriale” che spazzò via i mastri artigiani; e con la crescente esigenza di nuovi prodotti e nuovi merci, e l’introduzione del vapore e delle macchine industriali, alla manifattura subentrò la grande industria. Al ceto medio industriale subentrò il capitalista. “Ma come la manifattura a un certo grado di sviluppo era entrata in conflitto con l’ordinamento feudale della produzione, così ora la grande industria è già entrata in conflitto con l’ordinamento borghese della produzione, succeduto a quello feudale.” [1]
Possiamo, quindi, intravedere in questi passaggi storici, dialettici, la necessità che la prossima classe dominante sia quella operaia, lavoratrice, poiché se la transizione da una società all’altra è scontro tra classi dominanti di epoche storiche diverse e dalle esigenze incompatibili, la società socialista potrà essere rivoluzionaria, nel suo senso storico, se le sue forze produttive rappresentate dalla propria e corrispondente classe dominante, ovvero la stessa classe operaia, soppianterà gli obsoleti rapporti di produzione capitalistici. La necessità storica, esattamente come i nuovi mercati e le nuove merci, il soddisfacimento di nuovi bisogni nella transizione dalla società feudale alla società borghese, è da ricercare nella necessità di eliminare la sovrapproduzione delle merci e la miseria delle masse a livello mondiale. “Sovrapproduzione e miseria delle masse, l’una causa dell’altra, questa è l’assurda contraddizione a cui essa [la grande industria] conduce e che esige necessariamente che le forze produttive vengano liberate dalle loro catene mediante una trasformazione del modo di produzione.” [1]
La liberazione, l’emancipazione delle donne e degli uomini che passa scientificamente dall’emancipazione delle operaie e degli operai, è nel superamento da parte delle forze produttive, rappresentate dalla propria classe sociale, dei rapporti di produzione capitalistici; primo passo verso la propria estinzione nel comunismo maturo.
[1] F. Engels, Ludwig Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca, Napoli, La città del Sole Edizioni, 2009, p. 101