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Lo Stato e la dittatura del proletariato

di Manuel Santoro

Il concetto di Stato è relativamente recente ed emerge contestualmente alle classi sociali, aventi interessi divergenti, e all’inizio della storia scritta. Lo Stato, in quanto entità sovrastrutturale che emerge dalla struttura, la società, ha insieme essenza e azione ed è definibile secondo questi due parametri.

Certamente, la definizione dello Stato che agisce è più immediata, più comprensibile rispetto allo Stato che è, alla sua essenza. “Lo Stato”, ci ricorda Engels, “non esiste dunque dall’eternità. Vi sono state società che ne hanno fatto a meno e che non avevano alcuna idea di Stato e di potere statale. In un determinato grado dello sviluppo economico, necessariamente legato alla divisione della società in classi, proprio a causa di questa divisione lo Stato è diventato una necessità.” [1] Sarebbe veramente il caso di studiarsi il manoscritto di Engels sulla famiglia, la proprietà privata e lo Stato, ma nel caso di impedimenti, vi invito alla lettura di questi due interventi: il primo sull’avvento della proprietà privata; il secondo sulla divisione del lavoro e della società in classi sociali.

Sullo Stato enfatizziamo quanto diceva Engels e che Lenin riprese, ovvero, che lo Stato “è piuttosto un prodotto della società giunta a un determinato stadio di sviluppo, è la confessione che questa società si è avvolta in una contraddizione insolubile con sé stessa, che si è scissa in antagonismi inconciliabili che è impotente a eliminare. Ma perché questi antagonismi, queste classi con interessi economici in conflitto, non distruggano se stessi e la società in una sterile lotta, sorge la necessità di una potenza che sia in apparenza al di sopra della società, che attenui il conflitto, lo mantenga nei limiti dell’ordine; e questa potenza che emana dalla società, ma che si pone al di sopra di essa e che si estranea sempre più da essa, è lo Stato”. [2] In definitiva, “lo Stato è il prodotto e la manifestazione degli antagonismi inconciliabili tra le classi. Lo Stato appare là, nel momento e in quanto, dove, quando e nella misura in cui gli antagonismi di classe non possono essere oggettivamente conciliati. E, per converso, l’esistenza dello Stato prova che gli antagonismi di classe sono inconciliabili”. In sintesi e in termini generali, nel socialismo vi è il superamento della forma di Stato poiché la sua esistenza testimonia la presenza di un conflitto tra classi sociali che il socialismo vorrebbe definitivamente superato verso una società senza classi sociali. “Il compito del socialismo è distruggere le classi.” [3]

Se lo Stato è il prodotto della società giunta a un determinato stadio di sviluppo e la sua presenza è la prova di un inconciliabile antagonismo tra classi sociali; se lo Stato esiste soltanto dove esistono antagonismi di classe inconciliabili ed emerge dalla società, in apparenza al di sopra della società, essa è strumento della classe dominante. “Lo Stato, poiché è nato dal bisogno di tenere a freno gli antagonismi di classe, ma contemporaneamente è nato in mezzo al conflitto di queste classi, è, per regola, lo Stato della classe più potente, economicamente dominante e così acquista un nuovo strumento per tenere sottomessa e per sfruttare la classe oppressa.” [1] Engels continua: “Come lo Stato antico fu anzitutto lo Stato dei possessori di schiavi al fine di mantenere sottomessi gli schiavi, così lo Stato feudale fu l’organo della nobiltà per mantenere sottomessi i contadini, servi o vincolati, e lo Stato rappresentativo moderno è lo strumento per lo sfruttamento del lavoro salariato da parte del capitale.” La nostra realtà è oggi ancorata ad uno Stato capitalistico, borghese in quanto emerso dalla sottostante società capitalistica. Bisognerebbe sempre tenere a mente che quando noi, in Italia, parliamo di Stato o di società dobbiamo sempre precisare il termine “capitalistico”.  

Per Marx, lo Stato è l’organo del dominio di classe”, scrive Lenin in Stato e Rivoluzione. E continua nel Rapporto al II Congresso dei sindacati di tutta la Russia presentato il 20 Gennaio del 1919, affermando che “o la dittatura della borghesia, dissimulata dalle Assemblee costituenti, da ogni sorta di elezioni, dalla democrazia e dalle altre menzogne borghesi con cui acciecano gli imbecilli e di cui possono far mostra e menare vanto solo degli individui che sono interamente e su tutta la linea dei rinnegati del marxismo, dei rinnegati del socialismo; o la dittatura del proletariato.” [4] Ovvero, per i soloni che hanno timore del termine ‘dittatura’, “o dittatura (cioè ferreo potere) dei proprietari fondiari e dei capitalisti, o dittatura della classe operaia. Non c’è via di mezzo. Sognano invano una via di mezzo i figli di papà, gli intellettuali, quei signorini che hanno studiato male su cattivi libri. In nessuna parte del mondo c’è, né può esservi, via di mezzo. O dittatura della borghesia (dissimulata sotto le frasi pompose dei socialisti rivoluzionari e dei menscevichi sul potere del popolo, sulla Costituzione, sulle libertà, ecc) o la dittatura del proletariato. Chi non l’ha imparato dalla storia i tutto il secolo XIX, è un perfetto idiota.” [5] Così come la dittatura della borghesia, dei capitalisti è la condizione di quotidianità all’interno della società capitalistica in cui lo Stato [capitalistico, strumento della borghesia] opprime la classe operaia, lavoratrice con lo sfruttamento del lavoro salariato, la dittatura del proletariato è la condizione, la continuazione della lotta di classe una volta che la classe operaia ha preso il potere dello Stato, ora socialista, con “il socialismo ugualmente inconcepibile senza il dominio del proletariato nello Stato.” [6] “La classe che ha preso nelle sue mani il potere politico, lo ha preso sapendo di prenderlo da sola. Ciò è implicito nel concetto di dittatura del proletariato. Questo concetto ha un senso soltanto quando una classe sa di prendere nelle proprie mani, da sola, il potere politico e non inganna né se stessa né gli altri con chiacchiere sul potere ‘di tutto il popolo, eletto da tutti, consacrato da tutto il popolo.’” [7] In definitiva, “la dittatura del proletariato non significa la fine della lotta di classe, ma la sua continuazione in forma nuova e con nuovi mezzi. Finché rimangono le classi, finché la borghesia, rovesciata in un solo paese, moltiplica i suoi attacchi contro il socialismo su scala mondiale, questa dittatura è necessaria.” [8] Il socialismo, in quanto prima fase del comunismo, è quel percorso che inizia con la rivoluzione della classe oppressa che prendendo il potere dello Stato instaura la dittatura del proletariato e termina con l’eliminazione delle classi sociali, l’estinzione dello Stato e la cancellazione di qualsiasi forma di proprietà privata dei mezzi di produzione.     

 

[1] F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, p.225, Editori Riuniti, 2019

[2] V. Lenin, Stato e rivoluzione, p.22, Red Star Press, 2015

[3] V. Lenin, III Congresso dell’internazionale comunista, Opere complete, vol.32, p.427, Editori riuniti, 1967

[4] V. Lenin, Rapporto al II Congresso dei sindacati di tutta la Russia, Opere complete, vol.28, p. 418, Editori Riuniti, 1967

[5] V. Lenin, Lettera agli operai e ai contadini dopo la vittoria su Kolciak, Opere complete, vol.29, p.506, Editori Riuniti, 1967

[6] V. Lenin, Sull’imposta in natura, Opere complete, vol.32, p.309, Editori Riuniti, 1967

[7] V. Lenin, Discorso al Congresso degli operai dei trasporti di tutta la Russia, Opere complete, vol.32, p.251, Editori Riuniti, 1967

[8] V. Lenin, III Congresso dell’Internazionale comunista, Opere complete, vol.32, p.427, Editori Riuniti, 1967

Ultima modifica ilDomenica, 21 Gennaio 2024 13:29
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