- Scritto da Manuel Santoro
- Pubblicato in Teoria
- Letto 1155 volte
- dimensione font riduci dimensione font aumenta la dimensione del font
- Stampa
Il riformismo è un falso socialismo
di Manuel Santoro
Riprendiamo gli insegnamenti di Marx ed Engels, i quali sono stati dimenticati poiché il socialismo si è, da lunghi decenni, corrotto con deformazioni revisioniste e opportunitiche. Sin dai tempi di Bernstein, il socialismo ha perso di vista l’obiettivo politico di trasformare la società arrivando alla società socialista.
Noi ovviamente rigettiamo le tesi del revisionismo bernsteiniano, e con esso il riformismo emerso sempre più forte successivamente. Ahimè, il socialismo ha subito forti mutazioni, gravi metamorfosi, tutte verso destra e tutte nel richiamo del capitale. Non esiste più una forza socialista che si richiami agli insegnamenti dei padri del socialismo scientifico tranne noi di Convergenza Socialista. Il nostro socialismo è, in un certo senso, fondativo, o se si preferisce, rifondativo, poiché mira a riportare il baricentro sull’alternativa di società al modello capitalista.
Per compiere, però, questo tragitto in modo certo è necessario operare parallelamente su un altro fronte, ovvero stroncare una volta per tutte il socialismo cosiddetto riformista, dietro il quale si nasconde una coscienza liberal-liberista, moderata, centrista, pro-capitalista e pro-liberista. Non esiste oggi alcun partito socialista che sia degno di questo nome tranne Convergenza Socialista, la cui anima vive di coscienza e lotta di classe. Non sarà possibile riportare il socialismo sul terreno storico dell’anticapitalismo senza aver depotenziato, svuotato e annientato teoricamente, politicamente e propagandisticamente il riformismo in quanto falso socialismo.
Valorizzeremo, quindi, la vera anima del socialismo, il quale vive ed è sempre vissuto nel campo dell’anticapitalismo. Eleveremo il vero corpo del socialismo, il quale si sviluppa nella coscienza e nella lotta di classe, facendo dimenticare definitivamente una delle più grandi storture della storia: il riformismo, falso poiché impregnato di revisionismo e di opportunismo. Il riformismo è destra.
Non può esserci cultura dell’alternatività di sistema senza una chiarezza profonda, teorica e politica. Non è possibile raggiungere l’obiettivo politico della società socialista senza fare i conti definitivamente con la deviazione, a destra, del riformismo il quale va distrutto. Il termine socialismo va strappato dalle mani dei riformisti e riportato sul terreno della lotta tra classi, sul terreno dell’anticapitalismo poiché sino a quando il socialismo sarà ritenuto riformista, sino a quando i decennali traditori del socialismo avranno vita facile nel propagandare falsità e menzogne, ad aiutare il capitale nella sua feroce lotta contro le classi lavoratrici, non potremo cambiare i rapporti di forza in essere. Il socialismo è per definizione un sistema di società che si basa sulla proprietà comune dei mezzi di produzione e di distribuzione della ricchezza, per e nell’interesse dell’intera comunità. Il socialismo è strutturalmente alternativo, quindi, al capitalismo e la sua realizzazione è, de facto, la società socialista.
Attrezziamoci, quindi, con le armi dell’educazione politica e della chiarezza ideologica, oltre ad una buona dose di organizzazione partitica. Siamo, difatti, circondati da piattaforme politiche vaghe ma definitivamente borghesi. Ci troviamo, come Plekhanov, agli inizi di un lungo lavoro di educazione e di organizzazione, come ribadito anche da Marx ed Engels dopo la disfatta della Comune di Parigi. Lavoro che noi abbiamo il coraggio di intraprendere poiché abbiamo un preciso assetto teorico e ideologico. Il gruppo dell’Emancipazione del lavoro di Plekhanov è da considerarsi il primo nucleo che si prese la briga di divulgare e diffondere in Russia i lavori di Marx ed Engels, traducendo anche varie opere, in una Russia devastata dall’autocrazia zarista e dalla ingordigia della classe dei proprietari fondiari, da una parte, e dalla propaganda pseudo-socialista dei populisti, dall’altra. Siamo a metà degli anni ’80 del XIX secolo, esattamente nel 1883. Diciassette anni addietro rispetto all'uscita del primo numero dell’Iskra; trentaquattro anni addietro, il doppio, rispetto alla rivoluzione d’ottobre.
I populisti, sedicenti socialisti, al tempo di Plekhanov ritenevano che il capitalismo in Russia fosse un fenomeno casuale, non storico, innaturale, e che tale casualità rendesse la classe lavoratrice, operaia, non sviluppabile quantitativamente e qualitativamente parallelamente allo sviluppo della società capitalista. Siamo anche noi agli inizi di un lungo percorso sulle orme di Plekhanov. Dalla teoria socialista alla costruzione del corrispondente progetto politico pratico. Noi riprendiamo a discorrere del socialismo scientifico. Altri, invece, amplificano il termine sinistra che non ha alcun senso teorico e con ciò si sbaglia strada, ci si confonde, ci si avvicina al burrone del populismo. In più, quello che rimane della confusa sinistra rincorre la moltiplicazione dei pani, ma soprattutto dei pesci, senza capirne il senso e la direzione, succube di azioni altrui, senza una propria autonomia teorico-politica. Ma noi siamo socialisti, anticapitalisti, socialisti scientifici, e ciò significa che rimane per noi fondamentale 1) fare in modo che lavoratrici e lavoratori prendano coscienza di essere parte della classe sociale dei lavoratori salariati; 2) perseguire la lotta tra classi sociali; 3) trasformare la società da capitalista a socialista; 4) abolire il salariato e, di conseguenza, il capitale.