- Scritto da Manuel Santoro
- Pubblicato in Teoria
- Letto 399 volte
- dimensione font riduci dimensione font aumenta la dimensione del font
- Stampa
La classe operaia, il partito e il Comitato Centrale: dirigenti della rivoluzione d'Ottobre
di Manuel Santoro
Nelle prime due lezioni di “Dialogando con Stalin” abbiamo introdotto la figura menscevica e controrivoluzionaria di Trotsky, e successivamente Kamenev e Zinoviev, altri due avversari della linea bolscevica, leninista del partito. Abbiamo anticipato che tratteremo anche del quarto pilastro dell’azione controrivoluzionaria in Russia, ovvero Bucharin e ciò lo faremo prossimamente.
Video-lezione disponibile sul canale YouTube della Scuola Rossa: https://youtu.be/C3uHD5B5aH8?si=ibFU_9gEJPFOnXJ1
Intanto continuiamo con il testo “Trotzkismo o Leninismo?” di Stalin, dopotutto abbiamo affrontato parzialmente il primo capitolo e oggi cercheremo di completarlo. Naturalmente, il nostro lavoro non è solo quello di trattare il testo ma di dare una connotazione storica e politica per cercare di far comprendere a voi tutti, alle lavoratrici e ai lavoratori, il perché e il come la controrivoluzione poi ha avuto successo in Russia, e più in generale nell’Unione Sovietica. Ciò affinché certi errori non vengano più ripetuti in futuro.
Il primo capitolo del testo di Stalin che stiamo esaminando si focalizza, dopo aver difeso Kamenev e Zinoviev dalle affermazioni di Trotsky, e così facendo dopo aver difeso l’unità del partito esattamente come fu chiesto da Lenin stesso prima della sua morte [fate riferimento alla precedente lezione], il testo si focalizza dicevo sul ruolo di Trotsky durante l’atto rivoluzionario dell’ottobre del 1917.
Per comprendere ciò che diremo, ma che penso sia già chiaro da tempo almeno nel nostro lavoro come Scuola Rossa, è la sostanziale differenza e divergenza tra la realtà, ovvero fatti storici realmente accaduti, e la percezione plasmata da mentitori di mestiere i quali mettono loro stessi quali paladini ed eroi della storia contro la collettività del partito e le sue decisioni. Da una parte, vedremo, abbiamo il partito, il comitato centrale che rappresenta la classe operaia vittoriosa dopo l’Ottobre del 1917 e dall’altra Trotsky e i trotskisti i quali mentono pur di innalzare il loro eroe, in perfetto stile menscevico.
Il compito primario di questo fondamentale lavoro di Stalin è proprio quello di ristabilire la verità storica su fatti accaduti e che sono stati manipolati da Trotsky a proprio vantaggio.
Scrive Stalin:
I trotzkisti propalano insistentemente la voce secondo cui l'animatore e l'unico dirigente dell'insurrezione d'Ottobre sarebbe stato Trotzki. Queste voci vengono messe in giro, con particolare insistenza, da Lenzner, il cosiddetto redattore delle opere di Trotzki. Lo stesso Trotzki, ignorando sistematicamente il partito, il CC del partito e il comitato di Pietrogrado, passando sotto silenzio la funzione dirigente di questi organismi nell'insurrezione e spingendosi insistentemente avanti come figura centrale dell'insurrezione, contribuisce volontariamente o involontariamente a diffondere le dicerie su una funzione particolare da lui avuta nell'insurrezione.
Quindi da una parte abbiamo la collettività del partito e i suoi organi che prendono decisioni precise che tutti, secondo il centralismo democratico, devono rispettare; dall’altra il lavoro propagandismo fatto da Trotsky e dai trotskisti per Trotsky stesso come figura principale dell’insurrezione d’Ottobre. Esattamente lo stesso modus operandi usato nel dipingere se stesso come grande condottiero sul campo di battaglia durante la guerra civile. Abbiamo visto nella precedente lezione di “Dialogando con Stalin” che ciò non è affatto vero. Non è mai stato vero.
Naturalmente, Trotsky è stato uno dei partecipanti attivi alla rivoluzione socialista ma sicuramente non una figura di primo piano dato che era entrato nel partito bolscevico nell’agosto del 1917, quindi pochissime settimane prima della rivoluzione. Trotsky è stato sempre fuori dal gruppo bolscevico, spesso insieme ai menscevichi nei decenni passati. Anche su questo, vedete l’introduzione di questo testo sul nostro canale YouTube.
Quindi, Trotsky è uno dei tanti; non la figura principale. La figura guida e principale è stata solo Lenin, di cui Trotsky è stato avversario.
Scrive Stalin:
Sono ben lontano dal negare la parte senza dubbio importante avuta da Trotzki nell'insurrezione. Ma devo dire che Trotzki non ha avuto né poteva avere una funzione particolare nell'insurrezione d'Ottobre, e che, essendo presidente del Soviet di Pietrogrado, egli non ha fatto che eseguire la volontà delle istanze competenti di partito, che guidavano ogni suo passo.
Ma non la figura principale, come invece propagandano i trotskisti.
Difatti, riprende i documenti Stalin:
Prendiamo i verbali della seduta successiva del CC del 16 (29) ottobre 1917. Sono presenti i membri del CC, più i rappresentanti del Comitato di Pietrogrado, più i rappresentanti dell'organizzazione militare, dei comitati delle fabbriche e officine, dei sindacati e dei ferrovieri. Oltre ai membri del CC vi sono anche Krylenko, Sciotman, Kalinin, Volodarski, Scliapnikov, Latsis e altri. In tutto 25 persone. Viene discussa l'insurrezione sotto l'aspetto puramente pratico e organizzativo. Viene approvata la risoluzione di Lenin sull'insurrezione con una maggioranza di venti contro due con tre astenuti. Viene eletto un Centro pratico per la direzione organizzativa dell'insurrezione. Chi entra a far parte di questo centro? Vengono eletti cinque compagni: Sverdlov, Stalin, Dzerginski, Bubnov, Uritski. Compiti del centro pratico: dirigere tutti gli organi pratici dell'insurrezione, conformemente alle direttive del Comitato Centrale.
Se quindi Trotsky era la figura principale dell’insurrezione d’ottobre, cosa tra l’altro ridicola solo a pensarla dato che era Lenin la guida circondato da vecchi compagni quali Stalin, Sverdlov, Dzerginski e altri, perché Trotsky non entrò nel Centro pratico per la direzione organizzativa dell’insurrezione? Semplicemente perché Trotsky era nuovo del partito (ricordiamo agosto ’17) e, inoltre, fatto storico risaputo…non è mai stato bolscevico, come Lenin stesso dichiara. Ma ciò che importa è che Trotsky, così come gli altri compagni del partito, doveva eseguire le direttive del partito stesso.
Difatti Stalin rimarca che Trotsky:
non ha avuto e non poteva avere nessuna funzione particolare né nel partito né nell'insurrezione d'Ottobre. Come tutti i dirigenti responsabili, egli non era che un esecutore della volontà del CC e dei suoi organi. Chi conosce il meccanismo di direzione del partito bolscevico, capirà senza grandi difficoltà che la cosa non avrebbe neppure potuto essere diversa: se solo Trotzki avesse trasgredito la volontà del CC, avrebbe perso ogni influenza sul corso degli avvenimenti. Le chiacchiere sulla funzione particolare di Trotzki sono una leggenda, propalata da tifoserie compiacenti.
Quindi, come dicevamo, lasciamo stare le menzogne dei trotskisti. Il leader era presente e guidava il partito, e questo leader era Lenin. E Trotsky come tanti altri eseguì, non sempre dobbiamo dirlo, le decisioni del partito.
Scrive Stalin che l’animatore dell’insurrezione d’Ottobre
fu Lenin, e nessun altro, quello stesso Lenin le cui risoluzioni vennero approvate dal CC quando si discusse il problema dell'insurrezione, quello stesso Lenin al quale l'illegalità non impedì di essere il vero animatore dell'insurrezione, contrariamente a quanto afferma Trotzki. Questi i fatti. Ammettiamo che sia così, ci dicono, però non si può negare che Trotzki si sia battuto bene nel periodo dell'Ottobre. Sì, questo è vero, Trotzki si è veramente battuto bene nell'Ottobre. Ma nel periodo dell'Ottobre si è battuto bene non solo Trotzki, non si sono battuti male neanche uomini come i socialisti-rivoluzionari di sinistra, che si trovavano allora a fianco dei bolscevichi. In generale, debbo dire che nel periodo dell'insurrezione vittoriosa, quando il nemico è isolato e l'insurrezione è in pieno sviluppo, non è difficile battersi bene. In momenti simili persino coloro che stanno sempre a rimorchio diventano eroi.
Perché questo passaggio è fondamentale? Perché qui Stalin ripete una questione che conosce bene, memore degli eventi post rivoluzionari del 1905 di cui parleremo a breve. Ovvero, nei momenti ascendenti di un atto potenzialmente e molto probabilmente vittorioso sono in molti e in diversi a salire sul carro del probabile vincitore. Così come Trotsky entrò nel partito bolscevico solo nell’agosto del 17 quando ormai si andava spediti verso l’atto rivoluzionario, anche altri gruppetti si unirono al partito guidato da Lenin, esattamente come i socialisti-rivoluzionari di sinistra che Stalin menziona i quali proprio nell’autunno del 1917 si staccarono dal partito socialista rivoluzionario. Il gruppo dei socialisti rivoluzionari di sinistra condividevano solo in teoria il programma di dittatura del proletariato del partito bolscevico. Essi rimasero al governo sovietico e ottennero alcuni ministeri tra cui quello dell’agricoltura. I contadini entravano e appoggiavano questo gruppo, uscendo dal partito socialista rivoluzionario (che cominciò ad essere indicato come partito socialista rivoluzionario di destra, alleato dei menscevichi). Il partito socialista rivoluzionario di sinistra divenne quindi il partito dei contadini che appoggiò il governo sovietico ed era favorevole alla confisca senza indennizzo delle grandi proprietà fondiarie e al loro trasferimento nelle mani dei contadini. Tra i leader vi erano Spiridonova, Karelin, Kamkov, Kalagaev.
Riprendendo il concetto, quindi. Nella fase offensiva, ascendente del processo storico in evoluzione, potenzialmente e molto probabilmente vittorioso, in molti e in diversi salgono sul carro del probabile vincitore. Il contrario avviene nella fase difensiva, discendente, in cui la sconfitta si avvicina. Quando la nave affonda, i topi scappano.
Il marxista-leninista non scappa ma organizza con tenacia la fase difensiva. E ciò fu l’insegnamento dell’insuccesso della rivoluzione del 1905; ciò fu la critica di Stalin a Trotsky su alcuni fatti post-rivoluzionari di cui abbiamo già discusso nelle precedenti lezioni, come sul “periodo di Brest”.
Scrive Stalin:
La lotta del proletariato non è una continua offensiva, una catena ininterrotta di successi. La lotta del proletariato ha pure le sue dure prove, le sue sconfitte. Il vero rivoluzionario non è colui che si dimostra coraggioso nel periodo dell'insurrezione vittoriosa, bensì colui il quale, sapendo battersi bene durante l'offensiva vittoriosa della rivoluzione, sa anche dare prova di coraggio nel periodo della ritirata della rivoluzione, nel periodo della sconfitta del proletariato, colui che non perde la testa e non si lascia sopraffare dalla paura davanti agli insuccessi della rivoluzione, davanti ai successi del nemico, colui che non si lascia prendere dal panico e non si abbandona alla disperazione nel periodo di ritirata della rivoluzione.
Riporta la commissione incaricata dal Comitato Centrale di riportare i fatti storici che:
La prima rivoluzione russa segna tutto un periodo storico nello sviluppo del nostro paese. Questo periodo storico è composto di due fasi: la prima, quando la rivoluzione, approfittando della debolezza dello zar, disfatto sui campi della Manciuria, spazzando via la Duma di Bulyghin e strappando allo zar una concessione dopo l’altra, sale dallo sciopero generale politico dell’ottobre all’insurrezione armata di dicembre; la seconda fase, quando lo zar, ristabilita la sua situazione dopo la conclusione della pace col Giappone, approfitta della paura della borghesia liberale di fronte alla rivoluzione, sfrutta le oscillazioni dei contadini, getta loro come in elemosina la Duma di Witte e sferra l’offensiva contro la classe operaia, contro la rivoluzione.
Dopo l’insuccesso della rivoluzione del 1905-1907, inizia la reazione zarista, la reazione di Stolypin. Gli anni difficili vanno dal 1908 al 1912. Sono gli anni in cui il marxismo viene attaccato da più fronti poiché, come vi dicevo, i topi avevano lasciato la nave e iniziavano ad attaccare ciò che era rimasto, esattamente come oggi quando si attacca il marxismo con fantomatiche “critiche al marxismo” o voglia di riformarlo, naturalmente in modo revisionistico e opportunistico, e senza averlo studiato.
Scrive la commissione del comitato centrale:
Sciolta la II Duma, colpito il gruppo socialdemocratico della Duma, il governo dello zar si accinse con accanimento a distruggere le organizzazioni politiche ed economiche del proletariato.
Le galere, le fortezze e i luoghi di deportazione rigurgitavano di rivoluzionari, selvaggiamente percossi, torturati e suppliziati. Il terrore dei Cento-neri infuriava senza freni. Il ministro zarista Stolypin coprì il paese di forche e i rivoluzionari furono impiccati a migliaia. Il nodo scorsoio era chiamato in quei tempi «la cravatta di Stolypin».
Ma pur soffocando il movimento rivoluzionario operaio e contadino, il governo non poté limitarsi alle repressioni, alle spedizioni punitive, alle fucilazioni, alle prigioni, alle galere. E non senza una certa ansia vedeva dileguarsi sempre più l’ingenua fiducia dei contadini nello «zar piccolo padre». Perciò ricorse a una manovra in grande: garantirsi un solido sostegno nelle campagne, rafforzandovi la classe della borghesia rurale, la classe dei kulaki.
Il 9 (22) novembre 1906, Stolypin promulgò una nuova legge agraria che autorizzava i contadini ad uscire dalle comunità ed a formare dei khutor (poderi separati). La legge agraria di StoIypin distruggeva la proprietà comune della terra. Ogni contadino era invitato ad uscire dalla comunità e a pretendere in proprietà personale l’appezzamento concessogli. Il contadino poteva ora venderlo, mentre prima non ne aveva diritto. Ai contadini che ne uscivano, la comunità era obbligata a dare la terra in un solo appezzamento (khutor, otrub).
Ai contadini ricchi, ai kulaki, divenne così possibile di accaparrarsi a buon mercato la terra dei piccoli contadini. Nel volgere di pochi anni, più di un milione di contadini rimasero completamente senza terra, rovinati. Le loro terre alienate servivano a potenziare i poderi dei kulaki, i quali erano talvolta delle vere tenute che impiegavano largamente il lavoro salariato. Il governo obbligava i contadini a cedere ai kulaki padroni di poderi le migliori terre delle comunità.
Ma ciò che più conta è che “la critica al marxismo divenne di moda”.
Continua la commissione:
Dall’abbattimento morale e dallo scetticismo furono colti anche taluni intellettuali aderenti al partito, che pur pretendendosi marxisti, non si erano mai tenuti fermamente sulle posizioni marxiste. Di questo numero erano degli scrittori come Bogdanov, Bazarov, Lunaciarski (che avevano aderito ai bolscevichi nel 1905), Iusckevic e Valentinov (menscevichi). Essi rivolsero una «critica» simultanea tanto ai fondamenti filosofici e teorici del marxismo, cioè al materialismo dialettico, quanto alle sue basi scientifiche e storiche, ossia al materialismo storico.
Arrivò Lenin a criticare questi personaggi e questa tendenza disfattista nei momenti più complicati del partito con il suo libro «Materialismo e empiriocriticismo», pubblicato nel 1909.
Scrive Lenin:
In meno di sei mesi, abbiamo visto uscire quattro libri, principalmente e quasi esclusivamente dedicati ad attaccare il materialismo dialettico. Vi è innanzi tutto la raccolta di articoli di Bazarov, Bogdanov, Lunaciarski, Bermann, Hellfond, Iusckevic, Suvorov, intitolata «Saggi sulla (si sarebbe dovuto dire: contro) filosofia marxista» (Pietroburgo, 1908). Seguono il libro di Iusckevic, «Materialismo e realismo critico»; quello di Bermann «La dialettica alla luce della teoria contemporanea della conoscenza»; e quello di Valentinov «Le costruzioni filosofiche del marxismo»... Tutti questi personaggi, uniti - nonostante le divergenze manifeste delle loro concezioni politiche - dall’ostilità verso il materialismo dialettico, pretendono ciò nondimeno di essere, in filosofia, dei marxisti. La dialettica di Engels è una «mistica», dice Bermann; le concezioni di Engels sono «invecchiate», lancia Bazarov di sfuggita, come una cosa naturale, e così il materialismo sembra confutato da questi nostri coraggiosi guerrieri, che invocano fieramente la «teoria contemporanea della conoscenza», la «filosofia moderna» (o «positivismo moderno»), la «filosofia delle scienze naturali contemporanee», o addirittura la «filosofia delle scienze naturali del XX secolo».
Quello che affrontò Lenin durante gli anni della reazione zarista, fu affrontato nuovamente durante i tempi difficili post-rivoluzionari della guerra civile.
Continua Stalin:
Non si sono battuti male i socialisti-rivoluzionari di sinistra nel periodo dell'Ottobre, quando hanno sostenuto i bolscevichi. Ma nessuno può ignorare che questi valorosi combattenti furono presi dal panico nel periodo di Brest, quando l'offensiva dell'imperialismo tedesco li gettò nella disperazione e nell'isterismo? È estremamente triste, ma è un fatto incontestabile che Trotsky, il quale si era battuto bene nel periodo dell'Ottobre, nel periodo di Brest - nel periodo degli insuccessi temporanei della rivoluzione, in quel momento difficile – non riuscì a dar prova di sufficiente fermezza.
Ma cosa successe durante il cosiddetto periodo di Brest?
Siamo nel periodo post-rivoluzionario e bisognava consolidare il potere dei Soviet. E per fare ciò bisognava seguire ciò che Marx, Engels e poi Lenin avevamo scritto e riscritto. Ovvero
fare a pezzi il vecchio apparato statale borghese e sostituirlo con l’apparato nuovo dello Stato sovietico. Era necessario distruggere i residui delle vecchie caste e il regime d’oppressione nazionale, abolire i privilegi della Chiesa, sopprimere la stampa controrivoluzionaria e le organizzazioni controrivoluzionarie di ogni specie, legali e illegali, sciogliere l’Assemblea costituente borghese. Infine, bisognava, dopo aver nazionalizzato la terra, nazionalizzare pur tutta la grande industria e uscire dallo stato di guerra, strappare il paese dalla guerra, dal maggior ostacolo al consolidamento del potere sovietico.
E per strappare il paese dalla guerra era necessario arrivare alla pace.
Dalla commissione del comitato centrale
Il governo sovietico propose «a tutti i popoli belligeranti e ai loro governi di intavolare senza indugi le trattative per una pace democratica giusta». Ma gli «alleati» - l’Inghilterra e la Francia - respinsero la proposta del governo sovietico. Di fronte a questo rifiuto, il governo sovietico, adempiendo la volontà dei Soviet, decise di impegnare trattative con la Germania e con l’Austria.
I negoziati cominciarono il 3 (16) dicembre (1917), a Brest-Litovsk. Il 5 (18) dicembre, un armistizio era concluso.
Riprendiamo un corposo passaggio esposto dalla commissione del comitato centrale per comprendere l’insufficienza tattica di Trotsky:
Il 10 febbraio 1918, le trattative di pace a Brest-Litovsk furono interrotte. Sebbene Lenin e Stalin, a nome del Comitato Centrale del partito, avessero insistito perché la pace fosse conclusa, Trotzki, presidente della delegazione sovietica a Brest-Litovsk, infranse, a tradimento, le direttive esplicite del partito bolscevico. Egli dichiarò che la Repubblica sovietica si rifiutava di firmare la pace alle condizioni proposte dalla Germania e, al tempo stesso, comunicò ai tedeschi che la Repubblica sovietica non avrebbe continuato la guerra e avrebbe continuato a smobilitare l’esercito.
Atto mostruoso. Gli imperialisti tedeschi non potevano sperare di più da un traditore degli interessi del paese sovietico! La Germania ruppe l’armistizio e riprese l’offensiva. I resti del nostro vecchio esercito cedettero alla pressione delle truppe tedesche e si diedero alla fuga. I tedeschi avanzarono rapidamente, occupando un immenso territorio e minacciando Pietrogrado. L’imperialismo tedesco, dopo essere penetrato in terra sovietica, si proponeva di rovesciare il potere sovietico e di ridurre la nostra patria allo stato di colonia. Il vecchio, disorganizzato esercito zarista non poteva resistere alla valanga dell’esercito imperialista tedesco e indietreggiava sotto i colpi dell’invasore.
Tuttavia l’intervento armato degli imperialisti tedeschi suscitò un potente impulso rivoluzionario nel paese. All’appello lanciato dal partito e dal governo sovietico: «La patria socialista è in pericolo», la classe operaia rispose affrettandosi a costituire le unità dell’Esercito Rosso.
I giovani reparti del nuovo esercito - l’esercito del popolo rivoluzionario - respinsero eroicamente l’assalto del predone tedesco, armato fino ai denti, assestandogli un colpo demolitore alle porte di Narva e Pskov. L’avanzata tedesca su Pietrogrado fu arrestata. E il 23 febbraio - giorno in cui furono respinte le truppe dell’imperialismo tedesco - segnò la nascita del giovane Esercito Rosso.
Già il 18 febbraio 1918, il Comitato Centrale del partito aveva approvato di inviare un telegramma al governo tedesco, proponendo l’immediata conclusione della pace. Era allo scopo di assicurarsi condizioni di pace più favorevoli, che i tedeschi continuavano l’offensiva. Il 22 febbraio solamente il governo tedesco accettò di firmare la pace e a condizioni per noi molto più gravi che al tempo dei primi negoziati. Lenin, Stalin e Sverdlov dovettero sostenere una delle più accanite lotte nel Comitato Centrale contro Trotzki, Bukharin e gli altri trotzkisti per ottenere un voto in favore della pace. Lenin indicò che Bukharin e Trotzki «avevano di fatto aiutato gli imperialisti tedeschi e ostacolato il progresso e lo sviluppo della rivoluzione in Germania».
Il 23 febbraio, il Comitato Centrale decise di accettare le condizioni del comando tedesco e di firmare il trattato di pace. Il tradimento di Trotzki e di Bukharin era costato caro alla Repubblica sovietica: la Lettonia, l’Estonia, senza parlare della Polonia, passavano alla Germania; l’Ucraina era staccata dalla Repubblica sovietica per farla divenire uno Stato vassallo della Germania. La Repubblica sovietica si impegnava di pagare ai tedeschi una indennità di guerra.
Ecco a cosa si riferisce Stalin quando parla di panico di Trotsky nel periodo di Brest.
Scrive Stalin, e noi concludiamo questo seminario di “Dialogando con Stalin”:
Non vi è dubbio, il momento era difficile, bisognava dare prova di particolare coraggio e di una calma ferrea per non perdere la testa, ritirarsi in tempo, accettare in tempo le condizioni per la pace, sottrarre l'esercito proletario ai colpi dell'imperialismo tedesco, conservare le riserve contadine e, ottenuta in questo modo una tregua, attaccare in seguito il nemico con nuove forze. Purtroppo questo coraggio e questa fermezza rivoluzionaria sono mancati a Trotzki in quel momento difficile. Secondo l'opinione di Trotzki, l'insegnamento essenziale della rivoluzione proletaria è consistito nel "non lasciarsi sopraffare dalla paura" durante l'Ottobre. Questo è sbagliato, poiché questa affermazione di Trotzki contiene soltanto una parte di verità sugli insegnamenti della rivoluzione. La verità intera sugli insegnamenti della rivoluzione proletaria consiste nel "non lasciarsi sopraffare dalla paura" non solo nei giorni dell'offensiva della rivoluzione, ma anche nei giorni della sua ritirata, quando il nemico prende il sopravvento, e la rivoluzione subisce degli scacchi. La rivoluzione non si esaurisce con l'Ottobre. L'Ottobre è soltanto l'inizio della rivoluzione proletaria.