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Sul Materialismo storico
di Stalin*, Kalinin, Molotov, Voroscilov, Kaganovic, Mikoyan, Zdanov, Beria, rivisto e organizzato con interventi in grassetto e corsivo, e commenti di Manuel Santoro (M.S.)
Rimane una questione da chiarire: che cosa si deve intendere, dal punto di vista del materialismo storico, per quelle «condizioni della vita materiale della società», che determinano, in ultima analisi, la fisionomia della società, le sue idee, concezioni, istituzioni politiche, ecc.?
Che cosa sono dunque le «condizioni della vita materiale della società»? Quali ne sono le caratteristiche?
1. Senza dubbio, il concetto di «condizioni della vita materiale della società» comprende in nanzi tutto la natura che circonda la società, l’ambiente geografico che è una delle condizioni necessarie e permanenti della vita materiale della società e che, evidentemente, influisce sullo sviluppo della società. Quale funzione ha l’ambiente geografico nello sviluppo della società? Non sarebbe esso la forza principale che determina la fisionomia della società, il carattere del regime sociale degli uomini, il passaggio da un regime all’altro?
A questa domanda, il materialismo storico risponde negativamente.
L’ambiente geografico è, incontestabilmente, una delle condizioni permanenti e necessarie dello sviluppo della società ed è superfluo dimostrare che influisce su questo sviluppo, accelerandone o rallentandone il corso. Ma la sua influenza non è un’influenza determinante, poiché i cambiamenti e lo sviluppo della società sono di gran lunga più rapidi che i cambiamenti e lo sviluppo dell’ambiente geografico.
In tremila anni, sono potuti tramontare, l’uno dopo l’altro, in Europa, tre regimi sociali differenti: la comunità primitiva, il regime schiavistico, il regime feudale; e nell’Europa orientale, sul territorio dell’U.R.S.S., ne sono tramontati persino quattro (anche il regime capitalistico). Ebbene, nello stesso periodo, le condizioni geografiche nell’Europa, o non sono cambiate per niente, o sono cambiate così poco che i geografi non ne parlano neppure. Ciò si comprende agevolmente. Perché cambiamenti di una certa importanza si verifichino nell’ambiente geografico, sono necessari dei milioni di anni, mentre per i mutamenti, sia pure più importanti, del regime sociale degli uomini bastano soltanto alcune centinaia o un paio di migliaia di anni.
Dunque, l’ambiente geografico non può essere la causa principale, la causa determinante dello sviluppo sociale, poiché ciò rimane quasi immutato, durante decine di migliaia di anni, non può essere la causa principale dello sviluppo di ciò che è soggetto a cambiamenti radicali nel corso di alcune centinaia di anni.
2. Senza dubbio, anche l’aumento e la densità della popolazione devono essere compresi nel concetto di «condizioni della vita materiale della società», poiché gli uomini sono un elemento indispensabile delle condizioni della vita materiale della società e senza la presenza di un certo numero di uomini, non può esservi alcuna vita materiale della società. Sarebbe forse al lora l’aumento della popolazione la forza principale che determina il carattere del regime sociale degli uomini?
Il materialismo storico risponde negativamente anche a questa domanda.
Certo, l’aumento della popolazione influisce sullo sviluppo della società, lo affretta o lo rallenta, ma non può esserne la forza principale, e la sua influenza sullo sviluppo sociale non può esserne l’influenza determinante, poiché l’aumento della popolazione, per se stesso, non ci dà la chiave per spiegare le ragioni per cui un determinato ordinamento sociale succede proprio quel nuovo ordinamento e non un altro, le ragioni per cui alla comunità primitiva succede proprio il regime schiavistico, al regime schiavistico il regime feudale, al regime feudale il regime borghese e non qualche altro regime?
Se l’aumento della popolazione fosse la forza determinante dello sviluppo sociale, una maggior densità di popolazione dovrebbe necessariamente generare un tipo superiore di regime sociale. Ma, in realtà, le cose non stanno così. La popolazione in Cina è quattro volte più densa che negli Stati Uniti d’America, eppure gli Stati Uniti d’America si trovano a un livello di sviluppo sociale più elevato della Cina, poiché ivi continua a dominare un regime semifeudale, mentre negli Stati Uniti di America è già stato raggiunto da molto tempo il più alto stadio di sviluppo del capitalismo. La popolazione del Belgio è 19 volte più densa che negli Stati Uniti d’America e 26 volte più che nell’U.R.S.S., eppure gli Stati Uniti d’America sono a un livello di sviluppo sociale più elevato che il Belgio; e rispetto poi all’U.R.S.S., il Belgio è in ritardo di un’intera epoca storica, perché vi domina il regime capitalistico, mentre I’U.R.S.S. ha già debellato il capitalismo e instaurato il regime socialista.
Dunque, l’aumento della popolazione non è e non può essere la forza principale nello sviluppo della società, la forza che determina il carattere del regime sociale, la fisionomia della società.
Ma, allora, qual è dunque, nel sistema delle condizioni della vita materiale della società, la forza principale che determina la fisionomia della società, il carattere del regime sociale, lo sviluppo della società da un regime all’altro?
→ Il materialismo storico considera che questa forza è costituita dal modo con cui si ottengono i mezzi di sussistenza, necessari per la vita degli uomini, dal modo di produzione dei beni materiali - alimenti, indumenti, scarpe, abitazioni, combustibili, strumenti di produzione, ecc. - necessari perché la società possa vivere e svilupparsi.
Per vivere, bisogna disporre di alimenti, indumenti, scarpe, abitazioni, combustibili, ecc.; per avere questi beni materiali, è necessario produrli, e, per produrli, è necessario avere gli strumenti di produzione con cui gli uomini producono gli alimenti, gli indumenti, le scarpe, le abitazioni, il combustibile, ecc., è necessario saper produrre questi strumenti, è necessario sapersene servire.
Gli strumenti (mezzi) di produzione con l’aiuto dei quali si producono i beni materiali, gli uomini che maneggiano questi strumenti di produzione e producono i beni materiali, grazie ad una certa esperienza della produzione e a delle abitudini di lavoro: ecco gli elementi che presi tutti insieme costituiscono le forze produttive della società.
Ma le forze produttive costituiscono solo un aspetto della produzione, un aspetto del modo di produzione, quell’aspetto che esprime l’atteggiamento degli uomini verso gli oggetti e le forze della natura di cui si servono per produrre i beni materiali.
L’altro aspetto della produzione, l’altro aspetto del modo di produzione è costituito dai rapporti reciproci degli uomini nel processo della produzione, dai rapporti di produzione tra gli uomini.
Nella loro lotta contro la natura, che sfruttano per produrre dei beni materiali, gli uomini non si trovano isolati gli uni dagli altri, non sono individui staccati gli uni dagli altri, ma producono in comune, a gruppi, in società. Ecco perché la produzione è sempre, in qualunque condizione, una produzione sociale. Nella produzione dei beni materiali, gli uomini stabiliscono tra di loro questi o quei rapporti reciproci nell’interno della produzione, stabiliscono questi o quei rapporti di produzione. Questi rapporti possono essere rapporti di collaborazione e di aiuto reciproco tra uomini liberi da ogni sfruttamento (società senza classi); possono essere rapporti di dominazione e di sottomissione (società con lotta tra classi); possono essere, infine, rapporti di transizione da una forma di rapporti di produzione ad un’altra (transizione dalla società borghese alla società socialista, per esempio).
Qualunque sia però il loro carattere, i rapporti di produzione costituiscono – sempre ed in tutti i regimi - un elemento indispensabile della produzione, quanto le forze produttive della società.
Nella produzione, - dice Marx - gli uomini non agiscono soltanto sulla natura, ma anche gli uni sugli altri. Essi producono soltanto in quanto collaborano in un determinato modo e scambiano reciprocamente la propria attività. Per produrre, essi entrano gli uni con gli altri in determinati legami e rapporti, e la loro azione sulla natura, la produzione, ha luogo soltanto nei quadri di questi legami e rapporti sociali. (C. Marx, «Lavoro salariato e capitale», pag. 28, Edizioni di Cultura Sociale, Bruxelles 1932, ed. italiana).
→ Dunque, la produzione, il modo di produzione, abbraccia tanto le forze produttive della società, quanto i rapporti di produzione fra gli uomini ed incarna così la loro unione nel processo di produzione dei beni materiali.
Prima particolarità della produzione
Una delle particolarità della produzione è che la produzione non si arresta mai per un lungo periodo, a un dato punto, ma è in continuo mutamento e sviluppo; il cambiamento del modo di produzione provoca inevitabilmente il mutamento di tutto il regime sociale, delle idee sociali, delle concezioni e istituzioni politiche; provoca la ricostruzione di tutto il sistema sociale e politico.
Nei diversi gradi dello sviluppo sociale, gli uomini si servono di differenti modi di produzione, ossia per parlare più semplicemente, gli uomini hanno un diverso modo di vita. Nella comunità primitiva esiste un modo di produzione; sotto la schiavitù ne esiste un altro; sotto il feudalismo un terzo, e via seguitando. Il regime sociale degli uomini, la loro vita spirituale, le loro concezioni, le loro istituzioni politiche differiscono a seconda dei loro modi di produzione.
Quale è il modo di produzione della società, tale sostanzialmente è la società stessa, tali le sue idee e teorie, le sue concezioni e istituzioni politiche. Ossia, più semplicemente: quale è il modo di vita degli uomini, tale è il modo di pensare.
→ Ecco perché la storia dello sviluppo della società è, innanzitutto, la storia dello sviluppo della produzione, la storia dei modi di produzione, che si susseguono nel corso dei secoli, la storia dello sviluppo delle forze produttive e dei rapporti di produzione tra gli uomini.
→ Ecco perché la storia dello sviluppo sociale è, nello stesso tempo, la storia dei produttori dei beni materiali, la storia delle masse lavoratrici, che sono le forze fondamentali del processo di produzione e producono i beni materiali, necessari all’esistenza della società.
Ecco perché la scienza storica, se vuol essere una scienza vera, non può più ridurre la storia dello sviluppo sociale alle gesta dei re o dei condottieri, alle gesta dei «conquistatori» e degli «assoggettatori» di Stati, ma deve innanzi tutto, essere la storia dei produttori dei beni materiali, la storia delle masse lavoratrici, la storia dei popoli.
→ Ecco perché la chiave che permette di scoprire le leggi della storia sociale bisogna cercarla, non nel cervello degli uomini, e neppure nelle concezioni e nelle idee della società, ma nel modo di produzione praticato dalla società in ogni dato periodo storico: nell’economia della società.
Ecco perché il compito primordiale della scienza storica è quello di studiare e scoprire le leggi della produzione, le leggi secondo le quali si sviluppano le forze produttive e i rapporti di produzione, le leggi dello sviluppo economico della società.
Ecco perché il partito del proletariato (il nostro partito), se vuol essere un vero partito, deve conquistare, innanzi tutto, la conoscenza delle leggi dello sviluppo della produzione, la conoscenza delle leggi dello sviluppo economico della società.
Ecco perché, per non sbagliarsi in politica, il partito del proletariato, tanto nello stabilire il suo programma, quanto nella sua attività pratica, deve ispirarsi innanzi tutto alle leggi dello sviluppo della produzione, alle leggi dello sviluppo economico della società.
Seconda particolarità della produzione
La seconda particolarità della produzione è data dal fatto che i suoi cambiamenti e il suo sviluppo cominciano sempre col cambiamento e lo sviluppo delle forze produttive, e, innanzi tutto, degli strumenti di produzione.
Commento di M.S.: in questo passaggio è fondamentale comprendere come le forze produttive sono la componente della produzione che guida lo sviluppo delle modalità della produzione stessa e, quindi, della società. Tra le forze produttive e i rapporti sociali di produzione, le prime scattano avanti nella storia mentre le seconde seguono. E tra le prime, la componente che inizia questo processo storico di avanzamento è costituita dai mezzi di produzione.
Le forze produttive sono, di conseguenza, l’elemento più mobile e più rivoluzionario della produzione.
→ Dapprima si modificano e si sviluppano le forze produttive della società, e poi, in funzione e conformemente a tali cambiamenti, si modificano i rapporti sociali di produzione tra gli uomini, i loro rapporti economici.
Da ciò non deriva, tuttavia, che i rapporti di produzione non influiscano sullo sviluppo delle forze produttive e che queste ultime non dipendano dai primi. Sviluppandosi in funzione dello sviluppo delle forze produttive, i rapporti di produzione agiscono, a loro volta, sullo sviluppo delle forze produttive stesse, affrettandolo o rallentandolo. È necessario, inoltre, osservare che i rapporti di produzione non possono troppo a lungo ritardare sull’aumento (sviluppo) delle forze produttive, e trovarsi in contraddizione con tale aumento; poiché le forze produttive possono svilupparsi pienamente solo nel caso in cui i rapporti di produzione corrispondano al carattere, allo stato delle forze produttive e ne permettano il libero sviluppo.
Perciò, qualunque sia il ritardo dei rapporti di produzione sullo sviluppo delle forze produttive, i rapporti di produzione devono, presto o tardi, ed è ciò che essi fanno effettivamente, finire col corrispondere al livello di sviluppo delle forze produttive, al carattere delle forze produttive.
→ Qualora ciò non avvenisse, l’unità delle forze produttive e dei rapporti di produzione, nel sistema della produzione, verrebbe radicalmente compromessa, si verificherebbe una rottura nell’insieme della produzione, una crisi della produzione, la distruzione delle forze produttive.
Un esempio del disaccordo tra i rapporti di produzione e il carattere delle forze produttive, un esempio del loro conflitto ci è offerto dalle crisi economiche nei paesi capitalistici, dove la proprietà capitalistica privata dei mezzi di produzione è in flagrante contraddizione col carattere sociale del processo di produzione, col carattere delle forze produttive.
Commento di M.S.: ricordiamoci di quando abbiamo detto che la contraddizione è tra la socializzazione della produzione (ovvero si socializza il processo dei miglioramenti e delle invenzioni tecniche; si socializza le modalità della produzione) e rapporti sociali di produzione determinati dalla proprietà privata dei mezzi di produzione.
Il risultato di questo disaccordo, sono le crisi economiche che portano alla distruzione delle forze produttive; anzi, questo stesso disaccordo è la base economica della rivoluzione sociale, destinata a distruggere i rapporti attuali di produzione e a crearne dei nuovi, conformi al carattere delle forze produttive.
Invece, l’economia nazionale socialista nell’U.R.S.S., dove la proprietà sociale dei mezzi di produzione è in pieno accordo con il carattere sociale del processo di produzione, e dove, perciò, non esistono crisi economiche, né si distruggono forze produttive, è un esempio di pieno accordo tra i rapporti di produzione e il carattere delle forze produttive.
Commento di M.S.: L’Unione Sovietica è nel socialismo e, di conseguenza, la proprietà dei mezzi di produzione è comune, non più privata. Non vi è, quindi, la contraddizione sopra menzionata ma totale sintonia tra la socializzazione della produzione e la socializzazione dei mezzi di produzione.
→ Le forze produttive, quindi, non sono solamente l’elemento più mobile e più rivoluzionario della produzione, ma sono anche l’elemento che determina lo sviluppo della produzione.
Quali sono le forze produttive, tali devono essere i rapporti di produzione.
Se lo stato delle forze produttive indica con quali strumenti di produzione gli uomini producono i beni materiali che sono loro necessari, lo stato dei rapporti di produzione indica, a sua volta, in possesso di chi si trovano i mezzi di produzione (terre, foreste, acque, sottosuolo, materie prime, strumenti di lavoro, edifici destinati alla produzione, mezzi di trasporto e di comunicazione, ecc.), indica a disposizione di chi si trovano i mezzi di produzione: se a disposizione di tutta la società, oppure se a disposizione di singoli individui, di gruppi, di classi che li utilizzano per lo sfruttamento di altri individui, gruppi o classi.
Commento di M.S.: lo stato, il grado di sviluppo delle forze produttive indica quali sono i mezzi di produzione che i lavoratori usano per produrre i beni necessari alla vita; lo stato dei rapporti sociali di produzione indica chi possiede la proprietà di tali mezzi di produzione.
Ecco il quadro schematico dello sviluppo delle forze produttive, dai tempi più remoti ai nostri giorni: passaggio dai grossolani utensili di pietra all’arco e alle frecce, e, quindi, passaggio dal modo di vita fondato sulla caccia, all’addomesticamento ed allevamento primitivo del bestiame; passaggio dagli utensili di pietra a quelli metallici (ascia di ferro, aratro con il vomero di ferro, ecc.) e, quindi, passaggio alla coltivazione delle piante, all’agricoltura; nuovo perfezionamento degli utensili metallici per la lavorazione dei materiali, passaggio al mantice, alla produzione delle terre cotte e, quindi, sviluppo dei mestieri, separazione dei mestieri dall’agricoltura, sviluppo indipendente dei mestieri e poi della produzione manifatturiera; passaggio dagli strumenti della produzione artigiana alle macchine e trasformazione della produzione artigiana-manifatturiera in industria meccanizzata; passaggio al sistema delle macchine e sorgere della grande industria meccanizzata moderna - tale è il quadro generale, ben lungi dall’essere completo, dello sviluppo delle forze produttive della società, durante la storia dell’Umanità.
È quindi comprensibile che lo sviluppo e il perfezionamento degli strumenti di produzione siano compiuti da uomini che hanno legami con la produzione e non indipendentemente dagli uomini. Quindi, nello stesso tempo in cui cambiano e si sviluppano gli strumenti di produzione cambiano e si sviluppano pure gli uomini, elemento essenziale delle forze produttive; cambiano e si sviluppano la loro esperienza nella produzione, le loro abitudini di lavoro, la loro capacità ad adoprare gli strumenti di produzione.
È in accordo con questi cambiamenti e questo sviluppo delle forze produttive della società che, nel corso della storia, sono cambiati e si sono sviluppati i rapporti di produzione tra gli uomini, i loro rapporti economici.
La storia conosce cinque tipi fondamentali di rapporti di produzione: la comunità primitiva, la schiavitù, il regime feudale, il regime capitalistico e il regime socialista.
Commento di M.S.: Ricordiamo che la società è essenzialmente un complesso di rapporti sociali di produzione. Ogni società è determinata da tali rapporti. Per esempio, noi seppur viviamo in una società capitalistica, le forze produttive sono già nel futuro, nel socialismo poiché nel socialismo sono il grado di sviluppo degli strumenti della produzione. Ma i rapporti sociali di produzione, il cui stato è indicato da chi detiene la proprietà dei mezzi di produzione, sono capitalistici poiché privata è la proprietà di tali strumenti della produzione. La società capitalistica, quindi, non è altro che un complesso di rapporti sociali di produzione giuridicamente determinato dalla proprietà privata dei mezzi di produzione. In altre parole, la proprietà privata dei mezzi di produzione costituisce la base dei rapporti sociali di produzione capitalistici, e quindi, la base della società capitalistica.
a. Nel regime della comunità primitiva, la proprietà collettiva dei mezzi di produzione costituisce la base dei rapporti di produzione. Ciò corrisponde, essenzialmente, al carattere delle forze produttive in quel periodo.
Commento di M.S.: Non vi è quindi contraddizione tra il grado di sviluppo delle forze produttive e lo stato dei rapporti sociali di produzione in quel periodo.
Con gli utensili di pietra, e così pure con l’arco e le frecce - apparsi più tardi - gli uomini non potevano lottare isolati contro le forze della natura e contro le belve. Per raccogliere i frutti nelle foreste, per pescare, per costruire un’abitazione qualsiasi, gli uomini dovevano lavorare in comune, se non volevano morir di fame o diventare la preda delle bestie feroci o cadere in mano alle comunità vicine. Il lavoro collettivo esigeva la proprietà collettiva, sia dei mezzi di produzione, sia dei prodotti. Non si aveva ancora la no zione della proprietà privata dei mezzi di produzione, salvo la proprietà personale di alcuni strumenti di produzione, che erano in pari tempo delle armi di difesa contro gli animali feroci. Non esistevano né lo sfruttamento, né le classi.
Commento di M.S.: Nella società comunistica primitiva non esiste ancora la proprietà privata, che comparirà con la prima grande divisione del lavoro indicativamente nello stadio intermedio della barbarie. Non essendoci quindi classi sociali, non esiste lo Stato. La terra, mezzo di produzione importante, viene amministrato in comune.
b. Sotto il regime della schiavitù, la base dei rapporti di produzione è costituita dalla proprietà del padrone di schiavi sui mezzi di produzione ed anche sul produttore, Io schiavo, che egli può vendere, comprare, uccidere come bestiame. Tali rapporti di produzione corrispondono, essenzialmente, allo stato delle forze produttive del tempo.
Commento di M.S.: La classe sociale degli schiavi è la classe sociale oppressa. Lo schiavo è un oggetto e il padrone, parte della classe degli oppressori nella società antica, ha la proprietà non solo dei mezzi di produzione ma anche del produttore, lo schiavo appunto. Lo schiavo viene venduto una sola volta, o poco più, nell’arco della sua vita mentre il proletario deve vendere se stesso quotidianamente, ora per ora, mansione per mansione. Ciò significa che lo schiavo è fuori dalla concorrenza poiché la sua esistenza è assicurata sino a quando rimane con il padrone, mentre il lavoratore è completamente dentro la concorrenza per un posto di lavoro. Lo schiavo è merce che può essere venduto, acquistato, ucciso, mentre non è merce la sua forza-lavoro poiché egli non vende la sua forza lavoro, come invece il proletario. Lo schiavo per emanciparsi deve abolire solo il rapporto di proprietà della schiavitù.
Invece degli utensili di pietra, gli uomini dispongono ora di strumenti metallici; invece di una economia misera e primitiva, fondata sulla caccia e che ignora tanto l’allevamento del bestiame, quanto la coltivazione della terra, sorgono l’allevamento del bestiame, l’agricoltura, i mestieri, la divisione del lavoro tra questi diversi rami di produzione; diventa possibile lo scambio dei prodotti tra gli individui e i gruppi; diventa possibile l’accumulazione di ricchezza nelle mani di pochi uomini, l’accumulazione reale dei mezzi di produzione da parte di una minoranza; diventa possibile per la minoranza di sottomettere e di trasformare la maggioranza degli uomini in una massa di schiavi.
Non esiste più il lavoro comune e libero di tutti i membri della società, nel processo della produzione, ma domina il lavoro forzato degli schiavi, sfruttati da padroni oziosi. Non esiste quindi più una proprietà comune tanto dei mezzi di produzione che dei prodotti. Essa è sostituita dalla proprietà privata. Il padrone di schiavi è il primo e principale proprietario, il proprietario assoluto.
Dei ricchi e dei poveri, degli sfruttatori e degli sfruttati, degli uomini che hanno tutti i diritti e degli uomini che non ne hanno alcuno, un’aspra lotta di classe tra gli uni e gli altri: questo è il quadro del regime schiavistico.
c. Sotto il regime feudale, la base dei rapporti di produzione è costituita dalla proprietà del signore feudale sui mezzi di produzione e dalla sua proprietà limitata sul lavoratore, sul servo, che il feudatario non può più uccidere, ma può vendere e comprare.
Commento di M.S.: Nella società feudale vi è un miglioramento, una evoluzione nel grado di sviluppo delle forze produttive, e in particolare nel fatto che l’oppresso non è più proprietà assoluta dell’oppressore ma parziale.
Accanto alla proprietà feudale, coesiste la proprietà individuale del contadino e dell’artigiano sugli strumenti di produzione e sulla propria economia privata, basata sul lavoro personale. Tali rapporti di produzione corrispondono essenzialmente allo stato delle forze produttive in quel periodo. L’ulteriore perfezionamento della fusione e della lavorazione del ferro, la diffusione generalizzata dell’aratro di ferro e del telaio, lo sviluppo ulteriore dell’agricoltura, dell’orticoltura, dell’industria vinicola, della fabbricazione del burro, il sorgere delle manifatture accanto alle botteghe artigiane: queste sono le caratteristiche dello stato delle forze produttive.
Le nuove forze produttive esigono che il lavoratore abbia una certa iniziativa nella produzione, che sia propenso ed interessato al lavoro. Per questa ragione, rinunciando allo schiavo che non ha alcun interesse al lavoro e non ha alcuna iniziativa, il signore feudale preferisce aver a che fare con un servo che possegga un’azienda propria, i propri strumenti di lavoro, e abbia qualche interesse per il lavoro, interesse indispensabile perché coltivi la terra e gli paghi sul proprio raccolto il tributo in natura.
La proprietà privata, in questo periodo, continua a svilupparsi. Lo sfruttamento è quasi altrettanto duro quanto in regime schiavistico; si è solo appena mitigato. La lotta di classe tra gli sfruttatori e gli sfruttati è la caratteristica fondamentale del regime feudale.
d. Sotto il regime capitalistico, la base dei rapporti di produzione è costituita dalla proprietà capitalistica sui mezzi di produzione: non esiste più la proprietà sui produttori, gli operai salariati; il capitalista non può né ucciderli, né venderli, poiché sono liberi da ogni dipendenza personale.
Ma i produttori sono privi dei mezzi di produzione e, per non morire di fame, sono costretti a vendere la loro forza-lavoro al capitalista, a subire il giogo dello sfruttamento. Accanto alla proprietà capitalistica dei mezzi di produzione, esiste la proprietà privata dei contadini ed artigiani, liberati dalla servitù della gleba. Questa proprietà privata dei mezzi di produzione, fondata sul lavoro personale, era largamente diffusa nei primi tempi. Le botteghe artigiane e le manifatture sono state sostituite da immense fabbriche ed officine, forni te di macchine.
I domini dei nobili, già coltivati con gli strumenti primitivi dei contadini, sono stati sostituiti da grandi aziende capitalistiche, gestite coi criteri della scienza agronomica e munite di macchine agricole.
Le nuove forze produttive esigono dei lavoratori più progrediti e più intelligenti dei servi ignoranti e abbrutiti, esigono dei lavoratori che conoscano la macchina e sappiano maneggiarla nel modo dovuto. Ecco perché i capitalisti preferiscono aver a che fare con gli operai salariati, liberi da vincoli servili, e abbastanza progrediti per adoprare le macchine con la perizia necessaria.
Ma, avendo sviluppato le forze produttive in proporzioni gigantesche, il capitalismo è caduto in un groviglio di contraddizioni che non può risolvere. Producendo delle quantità sempre maggiori di merci e diminuendone i prezzi, il capitalismo aggrava la concorrenza, rovina le masse dei piccoli e medi proprietari privati, li converte in proletari, e ne diminuisce la capacità d’acquisto; e il risultato è che lo smercio dei prodotti diventa impossibile.
Ma, allargando la produzione e raggruppando in immense fabbriche ed officine milioni di operai, il capitalismo imprime al processo di produzione un carattere sociale e mina, per questo fatto stesso, la propria base.
→ Il carattere sociale del processo di produzione esige infatti la proprietà sociale dei mezzi di produzione, mentre la proprietà dei mezzi di produzione rimane una proprietà privata capitalistica, incompatibile col carattere sociale del processo della produzione.
Queste contraddizioni insolubili tra il carattere delle forze produttive e i rapporti di produzione si manifestano nelle crisi periodiche di sovrapproduzione, quando i capitalisti, non trovando compratori solvibili, proprio a causa della rovina delle masse della quale sono i responsabili, sono costretti a bruciare le derrate, a distruggere le merci, ad arrestare la produzione, a distruggere le forze produttive, mentre milioni di uomini sono costretti alla disoccupazione, ed alla fame, non perché manchino le merci, ma perché troppe ne sono state prodotte.
Ciò significa che i rapporti capitalistici di produzione non corrispondono più allo stato delle forze produttive della società e sono entrati con esse in contraddizione irriconciliabile.
Ciò significa che la società capitalistica è alla vigilia di una rivoluzione destinata a sostituire l’attuale proprietà capitalistica dei mezzi di produzione con la proprietà socialista.
Ciò significa che un’acutissima lotta di classe tra gli sfruttati e gli sfruttatori è la caratteristica essenziale del regime capitalistico.
e. Nel regime socialista, che, per il momento, esiste solo nell’U.R.S.S., la proprietà sociale dei mezzi di produzione costituisce la base dei rapporti di produzione.
Qui, non esistono più né sfruttatori né sfruttati.
→ I prodotti sono ripartiti secondo il lavoro compiuto e secondo il principio: «Chi non lavora, non mangia».
Commento di M.S.: come discusso in passato, il socialismo è la società in cui i mezzi di produzione sono socializzati mentre la distribuzione dei prodotti sono ancora inquinati da effetti di natura borghese (lo vedremo in Stato e Rivoluzione di Lenin, capitolo V). Non siamo quindi ancora nel comunismo maturo dove ognuno dà secondo le sue capacità e ricevere secondo i suoi bisogni, ma in una fase di transizione, il socialismo appunto, fase infantile del comunismo, in cui bisogna lavorare affinché si raggiunga la società senza classi sociali e senza divisione del lavoro. In questa fase infantile, o prima fase del comunismo, il socialismo appunto, “chi non lavora, non mangia” poiché l’obiettivo è che tutti lavorino grazie ad una operazione di assorbimento di tutte le categorie sociali non lavoratrici.
I rapporti tra gli uomini, nel processo di produzione, sono rapporti di collaborazione fraterna e di mutuo aiuto socialista tra lavoratori liberi dallo sfruttamento. Qui i rapporti di produzione corrispondono pienamente allo stato delle forze produttive, poiché il carattere sociale del processo di produzione è rafforzato dalla proprietà sociale sui mezzi di produzione.
Perciò, la produzione socialista nell’U.R.S.S. ignora le crisi periodiche di sovraproduzione e tutte le assurdità che le accompagnano.
Perciò, le forze produttive si sviluppano nell’U.R.S.S. con un ritmo accelerato, dato che i rapporti di produzione che sono loro conformi ne agevolano lo sviluppo.
Questo è il quadro dello sviluppo dei rapporti di produzione tra gli uomini, nel corso della storia dell’umanità.
Questa è la dipendenza dello sviluppo dei rapporti di produzione dallo sviluppo delle forze produttive della società, e innanzi tutto dallo sviluppo degli strumenti di produzione, ed è per questa dipendenza che i cambiamenti e lo sviluppo delle forze produttive portano, presto o tardi, a un cambiamento e a uno sviluppo corrispondente dei rapporti di produzione.
L’impiego e la creazione dei mezzi di lavoro, - dice Marx - benché si trovino in germe presso qualche specie animale, caratterizzano eminentemente il lavoro umano. Gli è perciò che Franklin definisce l’uomo a toolmaking animal, un animale fabbricatore di strumenti. Gli avanzi degli antichi mezzi di lavoro hanno, per lo studio delle forme economiche delle società scomparse, la stessa importanza che la struttura delle ossa fossili ha per la cognizione degli organismi delle razze estinte. Le epoche economiche si distinguono non da ciò che vi si produce, ma dal modo come vi si produce... I mezzi di lavoro sono i gradimetri dello sviluppo del lavoratore, e gli in dici dei rapporti sociali nei quali egli lavora. (C. Marx, «Il Capitale», vol. I, pagg. 195-196, ed. francese, Bureau d’Éditions, Parigi 1938).
E ancora:
I rapporti sociali sono intimamente legati alle forze produttive. Acquisendo nuove forze produttive, gli uomini cambiano il loro modo di produzione, e cambiando il modo di produzione, il modo con cui si guadagnano da vivere, cambiano tutti i loro rapporti sociali. Il mulino a vento vi darà la società con il signore feudale, il mulino a vapore la società con il capitalista industriale. (C. Marx, «La miseria della filosofia», Risposta alla «Filosofia della Miseria». di Proudhon, pag. 99, Bureau d’Éditions, Parigi 1937).
Vi è un movimento continuo di aumento nelle forze produttive, di distruzione nei rapporti sociali, di formazione nelle idee; immobile è solo l’astrazione del movimento. (Ibidem, pag. 99).
Nella prefazione al «Manifesto del Partito comunista» Engels dà la seguente definizione del materialismo storico:
“La produzione economica e la struttura sociale che necessariamente ne deriva formano, in qualunque epoca storica, la base della storia politica e intellettuale dell’epoca stessa... Conforme a ciò (dopo il dissolversi della primitiva proprietà comune del suolo), tutta la storia è stata una storia di lotte di classe, di lotte tra le classi sfruttate e le classi sfruttatrici, tra classi dominate e classi dominanti, nelle varie tappe dello sviluppo sociale... Questa lotta ha ora raggiunto un grado in cui la classe sfruttata ed oppressa (il proletariato), non può più liberarsi dalla classe che la sfrutta e la opprime (la borghesia), senza liberare anche ad un tempo, e per sempre, tutta la società dallo sfruttamento, dall’oppressione e dalle lotte di classe.” (Engels, Prefazione all’edizione tedesca (1883) del «Manifesto del Partito comunista», pagina 10, Edizioni Italiane di Coltura Sociale, Parigi).
Terza particolarità della produzione
La terza particolarità della produzione sta in ciò che le nuove forze produttive e i rapporti di produzione corrispondenti non sorgono al di fuori del vecchio regime, dopo la sua scomparsa, ma sorgono nel seno stesso del vecchio regime; non sono il risultato di una azione premeditata e cosciente degli uomini, ma sorgono spontaneamente, indipendentemente dalla coscienza e dalla volontà degli uomini. E ciò per due ragioni:
- In primo luogo, perché gli uomini non sono liberi nella scelta di questo o quel modo di produzione; ogni nuova generazione, sorgendo alla vita, trova già pronte delle forze produttive e dei rapporti di produzione che sono il risultato del lavoro degli avi; e, quindi, ogni nuova ge nerazione è obbligata, in un primo tempo, ad accettare tutto ciò che è già pronto nel dominio della produzione e ad adattarvisi per poter produrre dei beni materiali.
- In secondo luogo, perché gli uomini, perfezionando questo o quello strumento di produzione, questo o quell’elemento delle forze produttive, non hanno coscienza dei risultati sociali a cui quei perfezionamenti debbono portare; essi non comprendono queste cose e non ci pensano neppure; pensano solo ai loro interessi quotidiani; pensano solo a rendere più facile il loro lavoro e ad ottenerne un vantaggio immediato e tangibile.
Quando alcuni membri di una comunità primitiva incominciarono, a poco a poco, e come a tastoni, a passare dagli utensili di pietra agli utensili di ferro, certamente ignoravano i risultati sociali cui avrebbe portato quella innovazione; non ci pensavano; non ne avevano coscienza; non comprendevano che il passaggio agli strumenti metallici significava una rivoluzione nella produzione, che doveva portare, infine, al regime schiavistico; volevano soltanto rendere più facile il loro lavoro ed ottenere un vantaggio immediato e tangibile; la loro attività cosciente si limitava al quadro ristretto di questo vantaggio personale, quotidiano.
Quando, durante il regime feudale, la giovane borghesia europea cominciò a costruire, accanto alle piccole botteghe artigiane, grandi manifatture, facendo in tal modo progredire le forze produttive della società, essa certamente ignorava quali conseguenze sociali doveva portare quell’innovazione. La giovane borghesia d’Europa non ci pensava; non ne aveva coscienza; essa non comprendeva che quella «piccola» innovazione portava di necessità a un raggruppamento di forze sociali, che doveva concludersi con la rivoluzione contro il potere monarchico, di cui essa tanto apprezzava la benignità, e contro la nobiltà nelle cui file sognavano spesso di entrare i suoi migliori rappresentanti.
Essa voleva soltanto ridurre il costo di produzione delle merci, gettare una maggior quantità di prodotti sui mercati dell’Asia e dell’America, solo allora scoperta, e trarne maggiori profitti; la sua attività cosciente si confinava nel quadro angusto di questi interessi pratici, quotidiani.
Quando i capitalisti russi, insieme con i capitalisti stranieri, impiantavano attivamente in Russia la grande industria meccanizzata moderna, senza toccare lo zarismo e gettando i contadini in pasto ai proprietari fondiari, essi, certo, ignoravano quali conseguenze sociali dove va recare quel poderoso aumento delle forze produttive. I capitalisti russi non ci pensavano neppure; non ne avevano coscienza; essi non comprendevano che quel grande balzo delle forze produttive della società doveva portare a un raggruppamento di forze sociali, che avrebbe permesso al proletariato di unire a sé i contadini (poveri)e di fare trionfare la rivoluzione socialista.
Commento di M.S.: Nel passaggio sopra ho inserito in corsivo “poveri” poiché la rivoluzione socialista dell’Ottobre-Novembre (a seconda del calendario) 1917 fu condotta dalla classe operaia insieme ai contadini poveri, non tutti i contadini. Al contrario della rivoluzione borghese di Febbraio-Marzo del 1917.
Essi volevano soltanto allargare al massimo grado la produzione industriale, impadronirsi d’un mercato interno immenso, monopolizzare la produzione e trarre dall’economia nazionale i massimi profitti possibili; la loro attività cosciente non superava la cerchia dei loro interessi quotidiani, puramente pratici.
Marx, in proposito, scrive:
“Nella produzione sociale della loro esistenza [ossia nella produzione dei beni materiali necessari alla vita degli uomini], gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, - in rapporti di produzione che corrispondono a un grado determinato di sviluppo delle loro forze produttive materiali.” (C. Marx, «Per la critica dell’economia politica», Opere scelte, vol. I, pag. 359 ed. tedesca, Mosca 1934).
Ciò non vuol dire tuttavia che i cambiamenti nei rapporti di produzione e il passaggio dai vecchi rapporti di produzione ai nuovi avvengano pacificamente, senza conflitti, senza scosse. Al contrario, un tale passaggio avviene abitualmente mediante l’abbattimento rivoluzionario dei vecchi rapporti di produzione e l’instaurazione dei rapporti nuovi.
Fino a un certo momento, lo sviluppo delle forze produttive e i cambiamenti nel dominio dei rapporti di produzione si effettuano spontaneamente, indipendentemente dalla volontà degli uomini. Ma ciò solo fino a un dato momento, fino al momento in cui le forze produttive che sono già sorte e continuano a svilupparsi, siano sufficientemente mature.
Quando le nuove forze produttive sono giunte a maturazione, i rapporti di produzione esistenti e le classi dominanti che li personificano si trasformano in una barriera «insormontabile» che può essere tolta di mezzo solo dall’attività cosciente delle nuove classi, dalle azioni violente di queste classi, dalla rivoluzione.
Appare allora in modo chiarissimo la funzione immensa delle nuove idee sociali, delle nuove istituzioni politiche, del nuovo potere politico, chiamati a sopprimere con la forza i vecchi rapporti di produzione.
Il conflitto tra le nuove forze produttive e i vecchi rapporti di produzione, le nuove esigenze economiche della società, fanno sorgere nuove idee sociali; queste nuove idee organizzano e mobilitano le masse; le masse si raggruppano in un nuovo esercito politico, creano un nuovo potere rivoluzionario e se ne servono per sopprimere con la forza il vecchio ordine nel dominio dei rapporti di produzione e per instaurarvi l’ordine nuovo.
Il processo spontaneo di sviluppo cede il posto all’attività cosciente degli uomini, lo sviluppo pacifico a un rivolgimento violento, l’evoluzione alla rivoluzione.
“Il proletariato - dice Marx - nella lotta contro la borghesia si costituisce necessariamente in classe... e per mezzo della rivoluzione trasforma se stesso in classe dominante, e, come tale, distrugge violentemente i vecchi rapporti di produzione.” (C. Marx F. Engels, «Manifesto del Partito comunista», pag. 45, Edizioni italiane di Cultura Sociale, Parigi).
E più avanti:
“Il proletariato si servirà della sua supremazia politica per strappare alla borghesia, a poco a poco, tutto il capitale, per accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, vale a dire del proletariato stesso, organizzato come classe dominante, e per aumentare, con la massima rapidità possibile, la massa delle forze produttive (Ibidem, pag. 44).”
“La violenza è la levatrice di ogni vecchia società, gravida di ogni società nuova.” (C. Marx, «Il Capitale», vol. I, pag. 791, ed. tedesca, Mosca 1932).
Ecco come la sostanza del materialismo storico è stata genialmente esposta da Marx nei 1859, nella storica prefazione alla sua celebre opera «La critica dell’economia politica»:
“Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una soprastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita.
Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (il che è l’equivalente giuridico di tale espressione) dentro i quali dette forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti di forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale, con il cambiamento della base economica, si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca soprastruttura.
Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale - che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali - delle condizioni economiche della produzione, e le forme giuridiche, po litiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo.
Commento di M.S.: Questo passaggio di Marx è di fondamentale importanza che si troverà anche in Gramsci, ovvero le modificazione strutturali, di natura economica, legate alle modalità della produzione possono essere studiate con la precisione della scienza ma non percettibili immediatamente da donne e uomini della società, mentre le forme ideologiche, sovrastrutturali che si modificano nel tempo a già avvenute modificazioni strutturali sono quelle invece osservabili che ci danno indicazioni di avvenute (ahimè già avvenute) modificazioni nella struttura.
Come non si può giudicare un uomo dall’idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente tra le forze produttive della società e i rapporti di produzione.
Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare libero corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l’Umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso, si vede che il problema sorge solo quando le condizioni materiali per la sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione”. (C. Marx, «Per la critica dell’economia politica», Opere scelte, vol. I, pagg. 359-360 ed. tedesca, Mosca 1934).
Ecco ciò che insegna il materialismo marxista, applicato alla vita sociale, alla storia della società.
Queste sono le caratteristiche essenziali del materialismo dialettico e storico.
Da quanto precede, si vede quale ricchezza teorica per il partito ha difeso Lenin dagli attacchi dei revisionisti e degli elementi degeneri, e quale grande importanza per lo sviluppo del nostro partito ha avuto la pubblicazione del suo libro «Materialismo e empiriocriticismo».
*Tratto dal testo "Storia del partito comunista (bolscevico) dell'URSS