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La classe lavoratrice e le pensioni
di Gianni Carloni
Cari operai e care operaie, è l'ora di cambiare. Da esponente del mondo del lavoro e militante di Convergenza Socialista, noi ricordiamo sempre che la nostra organizzazione marxista-leninista persegue il cambiamento e non ci può essere cambiamento senza lotta di classe.
Il nostro compito rimane quello di transitare dalla società capitalista, in cui la proprietà dei mezzi di produzione è in mano ai privati, ad una società socialista dove vige la proprietà comune dei mezzi di produzione. Passaggio questo fondamentale dato che nel socialismo il proletariato diventa dominante da dominato. Dove questo breve preambolo, però, è ora di discorrere di qualcosa di importante per la nostra quotidianità: le pensioni.
Nessun governo, di destra o di sinistra, di centrodestra oppure di centrosinistra, si è mai curato della quotidianità dei pensionati e dei lavoratori che prima o poi sarebbero andati in pensione. Tutti i governi, incluso quelli tecnici, hanno sempre impoverito la classe lavoratrice la quale, nel tempo, si è andata ingrossando con parte del ceto medio proletarizzato. E mentre si attua sistematicamente questa becera macelleria sociale, la classe lavoratrice e l’ampio bacino dei disoccupati, il bacino di riserva, si allargano, si arricchiscono sempre più, diminuendo in numero, i super ricchi, gli industriali, i capitalisti moderni. La lavoratrice, il lavoratore, quindi, rimane strutturalmente penalizzato. Dopo decenni di metodo retributivo grazie al quale l’importo della pensione veniva calcolato sulla media dei redditi degli ultimi 10 anni di lavoro per i dipendenti, e degli ultimi 15 anni di lavoro per gli autonomi, si passo sin dal ’96 gradualmente al metodo contributivo con l’azione violenta di un nefasto governo tecnico (il governo Monti) che sancì il definitivo passaggio. Fu, difatti, con la legge Fornero che si sancì definitivamente il trionfo del metodo contributivo sul retributivo, metodo con il quale l’importo della pensione viene oggi calcolato sui contributi effettivamente versati nel corso della vita lavorativa.
Altra questione importante è l’età pensionabile, soprattutto per chi ha mansioni usuranti quotidiane, come le operaie e gli operai. Si è cominciato, difatti, negli anni passati con un pensionamento dopo trent'anni di lavoro, per poi passare a trentacinque anni. Poi, come se niente fosse, si è arrivati a quarant'anni di fatica e infine a quarantadue anni più nove mesi di finestra, per rapinare un altro anno di vita al lavoratore. In soldoni, le operaie e gli operai sono i più sfruttati tenendo anche conto che, in media, il loro stipendio si aggira intorno ai mille e quattrocento euro (€1400) mensili netti su tredici mensilità.
Quindi, care operaie e cari operai, non vi è alcuna soluzione di comodo se non prendere in mano la situazione e organizzarsi in Convergenza Socialista. Anche i sindacati tacciono e, per certi versi, sono collusi ai poteri forti. Basta assistere alle dichiarazioni favorevoli, genuflesse, di CGIL, CISL e UIL sul prossimo e probabile governo Draghi. Nessuna forza politica, nessuna organizzazione sindacale è interessata a farvi stare meglio, ma tutti lavorano al vostro e nostro impoverimento. Capite ora cosa intendiamo quando affermiamo che destra e sinistra, centrodestra e centrosinistra sono uguali? Nessun partito tranne noi pone con forza l’accento sulle problematiche delle operaie e degli operai.
Convergenza Socialista denuncia questi fatti! Come denuncia i contratti di lavoro oggi a scadenza dei tre mesi delle grandi industrie! Come possono i giovani avere un futuro se li fai lavorare tre mesi poi li licenzi?
Chiediamo, cari operai e care operaie, di far parte di Convergenza Socialista e di aiutarci in queste battaglie che nessuno denuncia all'infuori di noi. Verso il socialismo, prima fase del comunismo compiuto.