- Scritto da Administrator
- Pubblicato in Teoria
- Letto 1165 volte
- dimensione font riduci dimensione font aumenta la dimensione del font
- Stampa
L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato. La famiglia. Parte IX
di Friedrich Engels
L'antica relativa libertà di commercio sessuale non scompare affatto con la vittoria del matrimonio di coppia o perfino della monogamia. «L'antico sistema matrimoniale, riportato a limiti più angusti dal graduale estinguersi dei gruppi punalua, circondava pur sempre la famiglia che si andava ulteriormente sviluppando e si attaccò al suo grembo fino all'albeggiare della civiltà... per scomparire alla fine in quella nuova forma dell'eterismo, la quale segue gli uomini sino nella civiltà, come una nera ombra sospesa sulla famiglia.»
Per eterismo Morgan intende il commercio sessuale extra-coniugale tra uomini e donne non maritate, esistente accanto al matrimonio monogamico, e che, è noto, fiorisce durante tutto il periodo della civiltà nelle forme più diverse, e diventa sempre più aperta prostituzione. Questo eterismo deriva, in maniera assolutamente diretta, dal matrimonio di gruppo, da quel concedersi votivo delle donne, con cui esse si acquistavano il diritto alla castità. Il concedersi per denaro era all'inizio un atto religioso, aveva luogo nel tempio della dea dell'amore, e il denaro originariamente fluiva nel tesoro del tempio. Le ierodule di Anaitis nell'Armenia, quelle di Afrodite a Corinto, le danzatrici religiose indiane addette ai templi, le così dette bajadere (il vocabolo è una storpiatura del portoghese bailadeira, danzatrice) furono le prime prostitute. Il concedersi, in origine dovere di ogni donna, fu più tardi praticato soltanto da queste sacerdotesse in rappresentanza di tutte le altre. Presso altri popoli l'eterismo deriva dalla libertà sessuale concessa alle fanciulle prima del matrimonio: è quindi del pari un residuo del matrimonio di gruppo, pervenutoci però per via diversa.
Col differenziarsi della proprietà, quindi già nello stadio superiore della barbarie, sporadicamente, accanto al lavoro degli schiavi appare il lavoro salariato e, contemporaneamente, come suo necessario correlativo, appare la prostituzione lucrativa delle donne libere, accanto al coattivo concedersi della schiava. Così l'eredità che il matrimonio di gruppo ha legato alla civiltà è di duplice aspetto, come di duplice aspetto, di duplice linguaggio, scisso in sé stesso, antagonistico è tutto ciò che la civiltà produce: da una parte la monogamia, dall'altra eterismo e insieme la sua forma estrema: la prostituzione. L’eterismo è precisamente un'istituzione sociale come ogni altra; esso continua l'antica libertà sessuale... a favore degli uomini. Esso viene condannato a parole, ma nella realtà viene non solo tollerato, ma allegramente praticato, specialmente dalle classi dominanti. Ma questa condanna, in realtà, non colpisce affatto gli uomini interessati alla faccenda, ma solo le donne: esse vengono messe al bando e scacciate, perché si proclami ancora una volta come legge fondamentale della società l'incondizionato dominio degli uomini sul sesso femminile.
Ma si sviluppa così un secondo antagonismo all'interno della stessa monogamia. Accanto al marito che abbellisce la sua esistenza con l’eterismo, sta la moglie trascurata. E non si può avere un termine dell'antitesi senza l'altro, così come, se si è mangiata mezza mela, non si può poi averne in mano ancora una intera. In ogni modo, questa sembra essere stata l'opinione degli uomini, finché le loro mogli non li convinsero del contrario. Con la monogamia compaiono due caratteristiche figure sociali stabili prima sconosciute: l'amante stabile della donna e il marito becco. Gli uomini avevano riportato la vittoria sulle donne, ma le vinte si incaricarono d'incoronare con magnanimità i vittoriosi.
Accanto alla monogamia e all'eterismo, divenne un'inevitabile istituzione sociale l'adulterio: proibito, severamente punito, ma insopprimibile. La paternità certa dei figli riposava, come già prima, tutt'al più sulla convinzione morale, e per risolvere l'insolubile contraddizione l'articolo 312 del Code Napoléon decretava: «l'enfant conçu pendant le mariage a pour père le mari»: il bambino concepito durante il matrimonio ha per padre... il marito. Questo è il risultato ultimo di tremila anni di monogamia.
Così nella famiglia monogamica, nei casi che rimangono fedeli alla loro origine storica e che manifestano chiaramente il conflitto tra uomo e donna, provocato dalla esclusiva dominazione dell'uomo, abbiamo un'immagine in piccolo degli stessi antagonismi e delle stesse contraddizioni in cui si muove, senza poterli risolvere e superare, la società scissa in classi, dopo il suo ingresso nella civiltà. Parlo qui naturalmente soltanto di quei casi di monogamia in cui la vita matrimoniale trascorre, in realtà, secondo la prescrizione data dal carattere originario di tutta l'istituzione, ma in cui la donna si ribella contro il dominio dell'uomo. Che non tutti i matrimoni abbiano questo corso, nessuno lo sa meglio del filisteo tedesco, il quale non sa mantenere il suo dominio in casa meglio di quanto non lo sappia mantenere nello Stato, e la cui moglie perciò con pieno diritto porta quei pantaloni di cui egli non è degno. Ma in compenso si crede anche assai superiore al suo compagno di sventura francese, al quale, più spesso che a lui, capita assai peggio.
La famiglia monogamica, d'altronde, non si presenta dovunque e in ogni tempo nella rigida forma classica che ebbe tra i Greci. Tra i Romani, i quali, come futuri conquistatori del mondo, vedevano più lontano anche se con meno finezza dei Greci, la donna era più libera e tenuta in maggior considerazione. Il Romano considerava la fedeltà coniugale largamente garantita dal potere di vita e di morte che egli aveva sulla moglie. Qui la moglie poteva anche sciogliere liberamente il matrimonio non meno del marito; ma il più grande progresso nello sviluppo del matrimonio monogamico si verificò decisamente con l'ingresso dei Tedeschi nella storia, e precisamente perché, in conseguenza della loro povertà, non sembra che in quel tempo, tra loro, dal matrimonio di coppia si fosse ancora sviluppata compiutamente la monogamia.
Conclusioni queste che noi deduciamo da tre circostanze citate da Tacito. In primo luogo, pur essendo ritenuto il matrimonio cosa altamente sacra («essi si accontentano d'una sola donna, le donne vivono custodite dalla castità»), vigeva tuttavia la poligamia per i nobili e i capi tribù: dunque vi era uno stato di cose analogo a quello esistente tra gli Americani, presso cui vigeva il matrimonio di coppia. In secondo luogo il passaggio dal diritto matriarcale a quello patriarcale non poteva essersi compiuto che poco tempo prima, poiché ancora lo zio materno, secondo il diritto matriarcale il parente gentilizio di sesso maschile più prossimo, era considerato quasi come un parente più prossimo del padre vero e proprio, il che corrisponde pure al punto di vista degli Indiani d'America, tra i quali Marx, come spesso diceva, aveva trovato la chiave per comprendere le origini della nostra prima età. E per terzo, tra i Tedeschi le donne godevano di un'alta considerazione ed avevano un notevole influsso anche negli affari pubblici, il che contrasta direttamente colla dominazione dell'uomo nel matrimonio monogamico.
In quasi tutte queste cose i Tedeschi concordano con gli Spartani tra i quali, come abbiamo visto, il matrimonio di coppia non era del pari ancora completamente sparito. Con i Tedeschi venne dunque alla luce, anche sotto questo aspetto, un elemento del tutto nuovo, che si diffuse e dominò in tutto il mondo. La nuova monogamia, che sulle rovine del mondo romano si sviluppò dalla fusione dei popoli, rivestì il dominio dell'uomo di forme più blande, e concesse alla donna una posizione molto più libera e rispettata, per lo meno esteriormente, di quanto avesse mai conosciuto nell'antichità classica.
E soltanto allora fu data la possibilità che dalla monogamia (nella monogamia, accanto o contro la monogamia, a seconda dei casi) si sviluppasse il più grande progresso morale del quale le siamo debitori: l'amore sessuale individuale moderno, sconosciuto al mondo intero nel passato.
Questo progresso sorse decisamente dalla circostanza che i Tedeschi vivevano ancora nella famiglia di coppia, e per quanto fu loro possibile innestarono alla monogamia la corrispondente posizione della donna: non sorse però affatto dalla leggendaria e meravigliosa disposizione naturale alla purezza di costumi dei Tedeschi, disposizione che si limita al fatto che in realtà il matrimonio di coppia non si muove tra gli antagonismi morali stridenti della monogamia. Al contrario i Tedeschi durante le loro migrazioni, specialmente verso il sud-est tra le popolazioni nomadi delle steppe del Mar Nero, si erano moralmente molto corrotti, e tra queste popolazioni avevano appreso, oltre alla loro arte di cavalcare, anche gravi vizi contro natura; cosa che espressamente Ammiano attesta dei Taifali e Procopio degli Eruli.
Se però la monogamia, di tutte le forme di famiglia note, era la sola che potesse permettere lo sviluppo dell'amore sessuale in senso moderno, questo non significa che esso si sviluppò esclusivamente, o solo prevalentemente, in essa, come amore reciproco dei coniugi. Tutta la natura della stretta monogamia, sotto il dominio dell'uomo, lo escludeva. In tutte le classi storicamente attive, cioè in tutte le classi dominanti, la conclusione del matrimonio rimase ciò che era stata dal tempo del matrimonio di coppia, affare di convenienza che veniva combinato dai genitori. E la prima forma dell'amore sessuale che appare nella storia come passione, e passione che spetta ad ogni individuo (per lo meno delle classi dominanti), come la forma più alta dell'istinto sessuale — il che ne costituisce precisamente il carattere specifico — questa sua prima forma, l'amore cavalleresco del Medioevo, non fu affatto un amore coniugale. Al contrario. Nel suo aspetto classico, presso i Provenzali, esso naviga a vele spiegate verso l'adulterio, e i poeti provenzali lo celebrano. Il fiore della poesia d'amore provenzale sono le albe, in tedesco Tagelieder.
Esse descrivono a brillanti colori il cavaliere che giace a letto con la sua bella, la moglie di un altro, mentre fuori sta all'erta la sentinella, pronta a chiamarlo appena tralucano i primi albori (alba), perché egli possa scappare inosservato. La scena della separazione rappresenta poi il punto culminante. I Francesi del nord e anche i valenti Tedeschi accettarono questo genere poetico, insieme con la corrispondente maniera dell'amore cavalleresco, e il nostro vecchio Wolfram von Eschenbach sulla stessa materia piuttosto libera ci ha lasciato tre bellissimi Tagelieder, che preferisco ai suoi tre lunghi poemi eroici.
La conclusione di un matrimonio borghese ai nostri giorni e di due specie. Nei paesi cattolici, i genitori, adesso come una volta, si preoccupano di cercare per il giovane rampollo una moglie adatta, e la conseguenza di ciò è naturalmente il dispiegarsi più completo della contraddizione contenuta nella monogamia: rigoglioso eterismo da parte dell'uomo, rigoglioso adulterio da parte della donna. La Chiesa cattolica, probabilmente, ha abolito il divorzio per il solo fatto che si è convinta che all'adulterio, come alla morte, non c'è rimedio. Invece, nei paesi protestanti, la regola è che si permette al giovane borghese di cercarsi, con più o meno grande libertà, una moglie nella sua classe, e così può esserci a base della conclusione del matrimonio un certo grado d'amore che, anche per creanza, viene sempre presupposto, il che è conforme all'ipocrisia protestante. Qui dunque l'eterismo viene praticato con impegno minore, e l'adulterio da parte della donna è un po' meno di regola. Ma poiché, quale che sia la specie di matrimonio, gli uomini rimangono quel che erano prima del matrimonio, e i borghesi dei paesi protestanti sono per lo più filistei, questa monogamia protestante porta nella media dei casi più favorevoli solo ad una comunità coniugale mortalmente noiosa che viene indicata col nome di felicità domestica.
Lo specchio migliore di questi due metodi matrimoniali è il romanzo francese per la maniera cattolica, quello tedesco per la protestante. In ciascuno dei due «lui conquista lei»: nel romanzo tedesco il giovane conquista la ragazza, nel romanzo francese il marito conquista le corna. Quale dei due stia peggio non è sempre assodato. Perciò la noia di un romanzo tedesco suscita in un borghese francese anche lo stesso raccapriccio che suscita nel filisteo tedesco l'«immoralità» del romanzo francese. Tuttavia però, di recente, da quando «Berlino va divenendo metropoli», il romanzo tedesco comincia a farsi un po' meno timido nel trattare eterismo e adulterio, là assai ben conosciuti da tempo.
In entrambi i casi però il matrimonio viene determinato dalla condizione di classe degli interessati e, in quanto tale, è sempre un matrimonio di convenienza. Questo matrimonio di convenienza si trasforma abbastanza spesso nella più crassa prostituzione, talvolta da tutte e due le parti, molto più comunemente da parte della donna, la quale si distingue dalla comune cortigiana solo perché essa non affitta il proprio corpo come una salariata che lavori a cottimo, ma lo vende in schiavitù una volta per tutte. Per tutti i matrimoni di convenienza valgono le parole di Fourier: «Come in grammatica due negazioni costituiscono un'affermazione, così nella morale matrimoniale due prostituzioni fanno una virtù».
Vera regola nei rapporti con la donna diventa l'amore sessuale e può diventarlo solo tra le classi oppresse, dunque al giorno d'oggi nel proletariato: sia o non sia questo un rapporto sanzionato ufficialmente. Ma qui sono messe in disparte tutte le basi della monogamia classica. Qui manca ogni proprietà, per la cui conservazione e trasmissione ereditaria furono appunto create la monogamia e la dominazione dell'uomo; qui manca dunque anche ogni incitamento a far valere la dominazione dell'uomo. E per di più mancano anche i mezzi; il diritto civile, che difende questa dominazione, esiste solo per i possidenti e per i loro rapporti con i proletari: esso costa denaro, e perciò non ha alcun valore per la posizione dell'operaio rispetto alla moglie, a causa della sua povertà. In questo caso, rapporti sociali e personali assolutamente diversi hanno un peso decisivo. E da quando la grande industria ha trasferito la donna dalla casa sul mercato di lavoro e nella fabbrica, e abbastanza spesso ne fa il sostegno della famiglia, nella casa proletaria è venuta a cadere completamente ogni base all'ultimo residuo della dominazione dell'uomo; tranne forse un elemento di quella brutalità verso le donne radicatasi dal tempo dell'introduzione della monogamia. Così la famiglia proletaria non è più monogamica nel senso stretto della parola, anche dato il più appassionato amore e la fedeltà più salda tra i due coniugi, e malgrado ogni eventuale consacrazione religiosa e laica. Perciò, anche gli inseparabili compagni della monogamia, eterismo e adulterio, rappresentano qui una parte del tutto insignificante. La donna ha riacquistato realmente il diritto al divorzio, e quando i coniugi non riescono a sopportarsi, ognuno se ne va per conto suo senza difficoltà. In breve, il matrimonio proletario è monogamico nel senso etimologico della parola, ma non lo è affatto nel suo significato storico.
I nostri giuristi trovano in verità che il progresso della legislazione toglie in misura crescente alla donna ogni motivo di lagnarsi. I moderni sistemi legislativi civili vanno sempre più riconoscendo: primo, che il matrimonio per essere valido deve essere un contratto stipulato liberamente dalle due parti; e secondo, che anche durante il matrimonio le due parti devono stare una di fronte all'altra con eguali diritti e doveri. Se queste due esigenze fossero conseguentemente realizzate, le donne avrebbero tutto ciò che possono desiderare.
Questa argomentazione prettamente giuridica è precisamente quella stessa con cui il borghese repubblicano radicale sbriga e mette a tacere il proletario. Il contratto di lavoro deve essere un contratto stipulato volontariamente dalle due parti. Ma esso passa per liberamente stipulato, da che la legge equipara sulla carta le due parti. Il potere che la diversa posizione di classe dà all'una parte, la pressione che essa esercita sull'altra, la reale posizione economica delle due parti, tutto ciò alla legge non importa. E mentre dura il contratto di lavoro, le due parti devono a loro volta essere considerate provviste di eguali diritti, a meno che l'una o l'altra non vi abbia espressamente rinunciato. Se il lavoratore è costretto dalle condizioni economiche a rinunciare perfino all'ultima parvenza di eguaglianza di diritti, la legge a sua volta non può farci nulla!
In quanto al matrimonio, poi, la legge, anche la legge più progressiva, è completamente soddisfatta tosto che i contraenti abbiano dichiarato formalmente su un foglio di carta il loro libero consenso. Di quel che accade poi dietro le quinte del diritto, là dove si svolge la vita reale, del come questo libero consenso si realizzi, di tutto ciò la legge e il giurista non possono darsi pena. Eppure qui la più semplice comparazione giuridica dovrebbe mostrare all'uomo di legge quale importanza abbia questo libero consenso. Nei paesi in cui per legge è assicurata ai figli una legittima sul patrimonio paterno, dove quindi non possono essere diseredati (per esempio in Germania o nei paesi di diritto francese, ecc.), per la conclusione del matrimonio i figli sono legati al consenso dei genitori. Nei paesi di diritto inglese, dove il consenso dei genitori non è un'esigenza legale necessaria per la conclusione del matrimonio, i genitori hanno anche piena libertà testamentaria sul loro patrimonio e possono diseredare i figli a loro piacimento. Che ad onta di ciò, anzi a causa di ciò, la libertà di contrarre matrimonio nelle classi dove c'è qualcosa da ereditare, in Inghilterra ed in America, non si differenzi affatto da quella che esiste in Francia e in Germania, è cosa ben chiara.
Né meglio stanno le cose quanto alla parità giuridica tra marito e moglie. La disparità di diritti dei coniugi, che noi abbiamo ereditato da condizioni sociali anteriori, non è la causa, ma l'effetto dell'oppressione economica della donna. Nell'antica amministrazione comunistica che abbracciava parecchie coppie di coniugi e i loro figli, l'amministrazione domestica affidata alle donne era un'industria di carattere pubblico, un'industria socialmente necessaria, così come lo era l'attività con cui gli uomini procacciavano gli alimenti. Con la famiglia patriarcale, e ancor più con la famiglia singola monogamica, le cose cambiarono. La direzione dell'amministrazione domestica perdette il suo carattere pubblico. Non interessò più la società. Divenne un servizio privato; la donna divenne la prima serva, esclusa dalla partecipazione alla produzione sociale. Soltanto la grande industria dei nostri tempi le ha riaperto, ma sempre limitatamente alla donna proletaria, la via della produzione sociale. Ma in maniera tale che se essa compie i propri doveri nel servizio privato della sua famiglia, rimane esclusa dalla produzione pubblica, e non ha la possibilità di guadagnare nulla; se vuole prender parte attiva all'industria pubblica e vuole guadagnare in modo autonomo, non è più in grado di adempiere ai doveri familiari. E come accade nella fabbrica, così procedono le cose per la donna in tutti i rami della attività, compresa la medicina e l'avvocatura.
Preso da marxists.org