- Scritto da Manuel Santoro
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L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato. La famiglia. Parte V
di Friedrich Engels
La famiglia di coppia. Un certo matrimonio di coppia per un tempo più o meno lungo esisteva già al tempo del matrimonio di gruppo o ancora prima; l'uomo aveva una moglie principale (difficilmente potremmo già chiamarla moglie prediletta) tra le molte mogli ed egli era per lei il marito principale tra gli altri mariti. Questa circostanza ha non poco contribuito a confondere i missionari che vedono nel matrimonio di gruppo ora una comunanza promiscua di donne, ora un arbitrario adulterio. Siffatto consuetudinario connubio, però, doveva sempre più consolidarsi quanto più la gens si veniva sviluppando e quanto più numerose divenivano le classi di «fratelli e sorelle» tra le quali il matrimonio era divenuto impossibile.
L'impulso dato dalla gens alla proibizione del matrimonio tra consanguinei si spinse ancor più in là. Così noi troviamo che tra gli Irochesi e la maggior parte degli altri Indiani viventi nello stadio inferiore della barbarie sono proibiti i matrimoni tra tutti i parenti compresi nel loro sistema, e ve ne sono più centinaia di specie. Con questo crescente intrecciarsi di proibizioni di matrimonio i matrimoni di gruppo divennero sempre più impossibili e furono rimpiazzati dalla famiglia di coppia.
In questo stadio un uomo vive insieme a una donna, ma sempre in maniera che la poligamia ed un'occasionale infedeltà rimangono diritto degli uomini, anche se la prima per ragioni economiche si verifica raramente, mentre dalle donne per la durata della vita in comune si pretende la più stretta fedeltà e il loro adulterio viene crudelmente punito. Ma il vincolo matrimoniale è da ognuna delle due parti facilmente dissolubile, e i figli, come prima, appartengono solo alla madre.
Anche in questa sempre più estesa esclusione dei consanguinei dal vincolo matrimoniale continua ad operare il principio della selezione naturale. Per usare le parole di Morgan:
I matrimoni tra gentes non consanguinee generavano una razza più forte, fisicamente e mentalmente; due tribù progredienti si mescolavano, e i crani e i cervelli nuovi si facevano naturalmente più grandi fino a contenere le capacità sommate delle due tribù.
Tribù con costituzione gentilizia dovettero così prendere il sopravvento su quelle rimaste più arretrate, o tirarsele dietro col loro esempio. Lo sviluppo della famiglia nella storia primitiva consiste dunque nel costante restringersi della cerchia che originariamente abbracciava tutta la tribù nel cui ambito regna la comunanza coniugale tra i due sessi. Con l'esclusione continua, dapprima dei parenti più vicini, poi di quelli sempre più lontani e infine anche dei parenti soltanto acquisiti, ogni forma di matrimonio di gruppo diventa alla fine praticamente impossibile, e resta esclusivamente la coppia unica, ancora debolmente vincolata, la molecola, cioè, con la cui disgregazione il matrimonio in generale cessa.
Da ciò appare ormai quanto poco l'amore sessuale individuale, nel senso in cui noi oggi adoperiamo questa parola, abbia avuto a che vedere con l'origine della monogamia. Ancor più lo dimostra la prassi di tutti popoli che si trovano in questo stadio. Mentre nelle forme familiari anteriori gli uomini non dovevano mai essere in difficoltà per trovare donne, ma al contrario ne avevano più che a sufficienza, ora le donne diventavano rare e ricercate. Perciò col matrimonio di coppia comincia il ratto e la compera delle donne; sintomi largamente diffusi, null'altro però, di un mutamento molto più profondo.
Il pedante scozzese McLennan tuttavia ha trasformato questi sintomi, che sono puri e semplici metodi per procurarsi delle donne, in «matrimonio per ratto» e «matrimonio per compra» in classi particolari di famiglie. D'altronde anche tra gl'Indiani d'America e anche altrove (nel medesimo stadio), la conclusione del matrimonio non è un fatto che riguarda gli interessati, i quali spesso non vengono affatto interpellati, ma le loro madri. Spesso due persone che non si conoscono tra loro vengono fidanzate con questo sistema e apprendono la conclusione dell'affare quando il tempo delle nozze è ormai prossimo. Prima dello sposalizio il fidanzato fa regali ai parenti gentilizi della fidanzata (e dunque ai parenti materni di lei, e non al padre e al suo parentado), regali che fungono da prezzo pagato per la ragazza a lui ceduta. Il matrimonio può sciogliersi se uno dei due interessati lo desidera: pure poco per volta, in molte tribù, per es. tra gli Irochesi, si crea un'opinione pubblica sfavorevole a tali separazioni; in casi di conflitto intervengono come mediatori i parenti gentilizi delle due parti e, solo se questa mediazione non ha successo, ha luogo la separazione, in cui i figli rimangono alla madre e secondo cui ognuna delle parti è libera di contrarre nuove nozze.
La famiglia di coppia, di per sé troppo debole ed instabile per sentire il bisogno o anche solo il desiderio di una propria amministrazione domestica, non dissolve in alcun modo quella comunistica tramandata dall'epoca anteriore. Ma amministrazione comunistica significa dominio della donna nella casa, come riconoscimento esclusivo d'una madre carnale, data l'impossibilità di conoscere, con certezza, un padre carnale. Essa significa inoltre alta considerazione della donna, cioè della madre. E una delle idee più assurde di derivazione illuministica del secolo XVIII, che la donna, all'inizio della società, sia stata schiava dell'uomo. La donna invece, presso tutti i selvaggi ed i barbari dello stadio inferiore e medio, ed in parte anche dello stadio superiore, aveva una posizione non solo libera, ma anche di alta considerazione. Quale parte la, donna abbia nel matrimonio di coppia può attestarlo Asher Wright, per lungo tempo missionario tra gli Irochesi Seneca:
Per ciò che concerne le loro famiglie, al tempo in cui essi abitavano ancora le antiche case lunghe (amministrazioni comunistiche di più famiglie)... prevaleva quivi sempre un clan (una gens), cosicché le donne prendevano i loro uomini dagli altri clan (gentes)... Abitualmente la parte femminile dominava la casa... le provviste erano comuni, ma guai al disgraziato marito o amante troppo pigro o maldestro nel portare la sua parte alla provvista comune. Qualunque fosse il numero dei figli o delle cose da lui personalmente possedute nella casa, in un qualsiasi momento poteva aspettarsi l'ordine di far fagotto e di andarsene. Ed egli non poteva tentare di resistere, la vita gli veniva resa impossibile, e non poteva fare altro che tornare al proprio clan (gens), ovvero andare a cercare un nuovo matrimonio in un altro clan, cosa che il più spesso accadeva. Le donne erano nei clan (gentes), e del resto dovunque, la grande potenza. All'occasione esse non esitavano a deporre un capo e degradarlo a guerriero comune.
L'amministrazione comunistica nella quale le donne, per la maggior parte se non tutte, appartengono ad una medesima gens, mentre gli uomini provengono da diverse gentes, è il fondamento oggettivo di quel predominio delle donne, generalmente diffuso nell'epoca delle origini e la cui scoperta è del pari il terzo merito di Bachofen.
Noto ancora, supplementarmente, che i resoconti dei viaggiatori e dei missionari, riguardanti la mole eccessiva di lavoro svolto dalle donne tra i selvaggi e i barbari, non sono affatto in contraddizione con quanto è stato detto. La divisione del lavoro tra i due sessi è condizionata da cause del tutto diverse dalla posizione della donna nella società. Popoli presso cui le donne devono lavorare assai più di quanto non spetti loro secondo la nostra idea, hanno per le donne una stima spesso molto più reale che non i nostri europei. Infatti la signora della società civile, circondata di omaggi apparenti, ed estraniata da ogni effettivo lavoro, ha una posizione sociale infinitamente più bassa della donna della barbarie, la quale lavorava duramente, ma era considerata presso il suo popolo come una vera signora (lady, frowa, Frau = padrona) ed era tale anche per il suo carattere.
Se il matrimonio di coppia abbia oggi in America soppiantato completamente il matrimonio di gruppo, devono deciderlo indagini più precise sui popoli nord-occidentali, viventi ancora nello stadio superiore dello stato selvaggio e specialmente le ricerche sui popoli dell'America del Sud. A proposito di questi ultimi popoli si raccontano esempi così svariati di libertà nei rapporti sessuali, che in questo caso si può difficilmente ammettere un pieno superamento del vecchio matrimonio di gruppo. In ogni modo, non ne sono ancora sparite tutte le tracce. Per lo meno in quaranta tribù dell'America del Nord, l'uomo che ha sposato una sorella maggiore, ha il diritto di prendere in moglie del pari tutte le sorelle di lei, non appena esse raggiungono l'età necessaria: residuo della comunanza degli uomini per la intera serie di sorelle. E Bancroft racconta che gli indigeni della penisola di California (stadio superiore dello stato selvaggio) celebrano certe festività in cui più «tribù» si raccolgono al fine di un commercio sessuale indiscriminato. Si tratta evidentemente di gentes che in queste feste conservano l'oscuro ricordo del tempo in cui le donne d'una gens avevano come mariti comuni tutti gli uomini dell'altra gens, e viceversa. Lo stesso costume vige ancora in Australia. Presso alcuni popoli accade che i maschi più anziani, i capi e gli stregoni sfruttino per proprio conto la comunanza delle donne, e monopolizzino per proprio conto la maggior parte delle donne, ma che tuttavia in certe feste e in grandi assemblee popolari rimettano in uso l'antica comunanza e lascino divertire le loro donne con i giovani maschi. Un'intera serie di esempi di tali periodici saturnali in cui il vecchio libero commercio sessuale ritorna in vigore per breve tempo, riporta Westermarck, pp. 28-29, parlando degli Hos, dei Santali, dei Pangia, dei Kotari dell'India, di alcuni popoli dell'Africa, ecc. E strano però che Westermarck tragga da qui la conclusione che questo non è già un residuo del matrimonio di gruppo, da lui negato, ma... del periodo di fregola che l'uomo primitivo avrebbe in comune con gli altri animali.
Giungiamo qui alla quarta grande scoperta di Bachofen, alla scoperta della forma di transizione, assai diffusa, dal matrimonio di gruppo a quello di coppia. Ciò che Bachofen indica come una penitenza per una trasgressione degli antichi comandamenti degli dèi, penitenza con cui la donna si acquista il diritto alla castità, è in effetti solo una mistica espressione per indicare la penitenza con cui la donna si riscatta dall'antica comunanza degli uomini, per guadagnarsi il diritto di concedersi ad un solo uomo. Questa penitenza consiste in una limitata concessione di se stessa: le donne babilonesi dovevano concedersi una volta all'anno, nel tempio di Militta; altri popoli dell'Asia minore mandavano per un anno nel tempio di Anaiti le loro fanciulle, dove prima di potersi sposare dovevano attendere al libero amore con uomini di loro gradimento, da loro scelti. Analoghe usanze in veste religiosa sono comuni a quasi tutti i popoli dell'Asia tra il Mediterraneo e il Gange. Il sacrificio espiatorio per il riscatto diventa sempre più lieve nel corso dei tempi, come già osserva Bachofen:
L'offerta annualmente ripetuta cede il passo alla prestazione fatta una volta tanto; all'eterismo delle matrone segue quello delle fanciulle; alla pratica durante il matrimonio, segue quella prima del matrimonio, alla concessione a tutti senza scelta, la concessione fatta ad alcune persone. (Mutterrecht, p. XIX).
Tra altri popoli manca il travestimento religioso, tra alcuni di essi (Traci, Celti, ecc. nell'antichità; tra molti fra i primi abitanti dell'India, tra molti popoli malesi, tra abitanti delle isole dei mari del sud e tra molti Indiani d'America, ancor oggi) le ragazze godono fino al loro matrimonio della più grande libertà sessuale. Questo accade specialmente quasi dovunque nell'America del Sud, come può testimoniare chiunque sia penetrato nell'interno di questo paese. Così Agassiz (A Journey in Brazil, Boston e New York, 1886, p. 266) a proposito di una ricca famiglia di discendenza india, racconta che, quando gli fu presentata la figlia, le domandò di suo padre, pensando che questi fosse il marito della madre, il quale aveva combattuto col grado di ufficiale nella guerra contro il Paraguay, ma la madre sorridendo gli rispose: naõ tem pai, he filha da fortuna: non ha padre, è figlia del caso.
«In questo modo sempre parlano le donne indiane o di sangue misto dei loro figli illegittimi... senza vergogna o biasimo... Ciò è tanto lontano dal non essere consueto che piuttosto... il contrario sembra eccezione. I figli... conoscono spesso solo la madre, poiché tutte le cure e responsabilità cadono su di lei, non conoscono affatto il padre; e pare che alla donna non venga mai in mente che essa o i suoi figli possano avere qualche pretesa verso di lui.»
Ciò che sembra strano alla gente civile, è semplicemente la regola secondo il diritto matriarcale e nel matrimonio di gruppo.
E presso altri popoli ancora gli amici e i parenti del fidanzato, o perfino gli ospiti alle nozze, affermano sulla sposa l'antico diritto ricevuto dalla tradizione, e lo sposo arriva solo per ultimo nella serie. Così accadeva nelle Baleari e tra gli Augili dell'Africa nell'antichità, e accade ancor oggi tra i Barea in Abissinia. Inoltre, tra altri popoli ancora, un personaggio ufficiale, il capo della tribù o della gens, cacicco, sciamano, sacerdote o principe o come lo si voglia chiamare, rappresenta la comunità e ha sulla sposa il diritto della prima notte.
Malgrado tutte le ubbie neoromantiche di presentare sempre i panni bianchi di bucato, questo jus primae noctis esiste come residuo del matrimonio di gruppo ancor oggi, tra la maggior parte degli abitanti della zona dell'Alasca (Bancroft, Native Races, I, 81), tra i Tahu del Messico settentrionale (ib., p. 584) e presso altri popoli, ed è esistito in tutto il Medioevo per lo meno nei paesi di origine celtica, dove derivava direttamente dal matrimonio di gruppo, per esempio nell'Aragona. Mentre in Castiglia il contadino non fu mai servo della gleba, nell'Aragona dominò la più vergognosa servitù della gleba fino all'editto di Ferdinando il Cattolico del 1486. In questo documento si dice:
Noi giudichiamo e dichiariamo che i surricordati signori (senyors = baroni) non possono passare la prima notte con la sposa di un contadino e non possono, la notte delle nozze, quando la donna si è messa a letto, passare, in segno di sovranità, sul letto e sulla menzionata sposa; e così pure i succitati signori non possono servirsi della figlia o del figlio del contadino, con o senza pagamento, contro la loro volontà (citato nell'originale catalano da Sugenheim, La servitù della gleba, Pietroburgo, 1861, p. 35).
Bachofen ha inoltre incondizionatamente ragione, quando afferma costantemente che il passaggio da quella forma da lui detta «eterismo» oppure «generazione di palude» alla monogamia, è avvenuto essenzialmente per opera delle donne. Quanto più, con lo sviluppo delle condizioni economiche, e quindi con la distruzione dell'antico comunismo e con la crescente densità della popolazione, le relazioni sessuali dell'antica tradizione perdevano il loro primitivo e selvaggio carattere d'ingenuità, tanto più esse dovevano sembrare alle donne umilianti ed oppressive, tanto più urgentemente le donne dovevano desiderare come una redenzione il diritto alla castità, alle nozze, temporanee o durevoli, con un solo uomo. Questo progresso tuttavia, non poteva nascere dagli uomini, se non altro perché, in generale, anche fino ad oggi, a loro non è mai venuta l'idea di rinunziare ai diletti dell'effettivo matrimonio di gruppo. Soltanto dopo che fu effettuato il passaggio al matrimonio di coppia, per opera delle donne, gli uomini poterono introdurre la stretta monogamia... naturalmente solo per le donne.